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Tanti di questi classici

Opere benemerite sì, ma era più semplice vendere un'indulgenza post mortem

Arnaldo Greco

La legge italiana sull’eredità lascia meno spazio alla fantasia di quanto tanti anni di film americani lasciano credere. Esiste una quota legittima e ogni guida avverte che un lascito si può (anzi, si deve) fare senza intaccare ciò che spetta ai legittimi eredi

Da un po’ di tempo a questa parte capita sempre più di frequente di vedere comparire, anche nello sfoglio dei quotidiani, pagine pubblicitarie che invitano a fare un lascito testamentario, che sia a organizzazioni umanitarie non governative, a fondazioni per la ricerca senza fini di lucro, associazioni di volontariato, religiose e non, o enti simili. Anche su Google cercando “lascito testamentario” o “lascito solidale” le prime risposte disponibili sono, come di consueto, quelle “sponsorizzate” seguite da quelle indicizzate meglio dall’algoritmo (insomma non si fanno differenze di sorta rispetto ad altri argomenti, il tema è serio ma la pubblicità è l’anima del commercio e dei motori di ricerca). Dopotutto quella di lasciare una parte dei propri beni alla beneficenza è una pratica antica – se non vogliamo andare lontanissimo, al Purgatorio o ai sacrifici per gli dèi falsi e bugiardi, basti pensare alle varie parrocchie d’Italia che, negli anni, hanno costruito notevoli patrimoni immobiliari a furia di lasciti – e oggi si connota diversamente giusto perché il volontariato e la missione non sono più appannaggio quasi esclusivo degli enti religiosi.

 

Perciò invece di lasciare alla parrocchia si ha a disposizione uno spettro di scelte ben più ampio. E’, naturalmente, una pratica benemerita, non dovrebbe neanche servire dirlo, e ci sono pochi dubbi che gli enti più noti che offrono questa possibilità non rispettino le volontà testamentarie e non investano nelle loro attività solidali che, anzi, avrebbero bisogno di ben più sostegno economico e politico. Tuttavia, nel momento stesso in cui la pubblicità entra in campo e si crea, quasi inevitabilmente, una competizione, giacché gli ipotetici destinatari del lascito sono molteplici, si avverte la difficoltà di usare un linguaggio che sia convincente e persuasivo e allettante, senza, però, strafare e apparire troppo smaccatamente pubblicitari e propagandistici. Insomma, sì, era più semplice vendere un’indulgenza post mortem o, perlomeno, servivano meno sfumature e meno “dico e non dico” per spiegarne il senso. Innanzitutto c’è da tener buoni i parenti. Ora, si sa, la legge italiana sull’eredità lascia meno spazio alla fantasia di quanto tanti anni di film americani lasciano credere. Esiste una quota legittima e ogni guida – in un mondo dove esistono le faq per tutto, ogni associazione ha ovviamente la sua guida con le domande più comuni su come fare un lascito – avverte che un lascito si può (anzi, si deve) fare senza intaccare ciò che spetta ai legittimi eredi. Laddove poi ci fossero maggiori dubbi sulla quota legittima quando in campo non ci sono figli o coniugi, ma lontani nipoti che non si degnano neanche di fare una visita o una telefonata, ogni associazione offre una consulenza più diretta perché ogni associazione s’è ormai dotata di un ufficio preposto a questo genere di pratiche.

 

D’altra parte, siamo ormai abituati a storie di eredi senza scrupoli che accusano il caro estinto di aver donato tutto alla badante perché ormai incapace di intendere e di volere e – possiamo esserne certi – sarebbero altrettanto capaci di rivolgere le proprie accuse alla ong di turno. Poi tutti avvisano che i lasciti sono esentasse, che per fare testamento non serve un notaio, che si può cambiare idea, che si possono lasciare anche immobili, titoli o azioni, e altro ancora. Pure se è stato già detto, forse conviene ribadire che si può essere fiduciosi che i lasciti vengano spesi nella solidarietà e, anzi, è un bel modo di disporre di quanto si è costruito in vita, ma il punto non è questo, quanto comprendere come, tramontata l’idea che la vita continui dopo la morte, ci si interroghi più spesso su quanto conti non solo la propria eredità materiale, ma anche quella spirituale.

 

Forse l’improvviso successo di questa opportunità dipende anche dal fatto che, fino a pochi anni fa, capitava di rado di sentir dire, giusto agli anziani, frasi introdotte da espressioni come “quando non ci sarò più”, mentre oggi che il paese invecchia, la quantità di persone che pensano al dopo è aumentata a dismisura. O forse, in fondo, capita qualcosa di simile a quanto è già capitato con il 5 per mille. In breve la competizione per “accaparrarsi” quante più quote possibile di cinque per mille è diventata esasperata e, pure se ogni euro guadagnato è stato investito nella solidarietà, non si può non notare uno smottamento continuo di senso e il fatto che, anno dopo anno, le pubblicità sono diventate sempre più commoventi e le immagini sempre più strazianti. Che accadrà questo anche con i lasciti? Beato chi riesce a fare beneficenza senza  dover vedere delle mosche volare attorno a un bambino, mi viene spesso la voglia di pensare.

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