lo scivolone istituzionale

Il parere inopportuno del Csm sul decreto flussi (già diventato legge)

Ermes Antonucci

Il Consiglio superiore della magistratura ha espresso parere negativo alla norma che affida alle Corti di appello la competenza sui trattenimenti dei migranti, provvedimento che era già diventato legge dopo il voto del Senato. Ma compito del Csm non è valutare le leggi votate dal Parlamento

Con una tempistica a dir poco discutibile, per non dire inopportuna, il plenum del Consiglio superiore della magistratura ha espresso ieri parere negativo all’emendamento al decreto flussi del governo che affida alle Corti di appello la competenza dei procedimenti di convalida o proroga del trattenimento dei migranti richiedenti asilo, provvedimento che qualche minuto prima era diventato definitivamente legge dopo il voto favorevole del Senato. In altre parole, il Csm ha espresso parere negativo nei confronti di una norma nel frattempo diventata legge. Come se la nostra Costituzione affidasse all’organo di governo autonomo delle toghe il compito di valutare le leggi votate dal Parlamento.

 

La singolare tempistica con cui il Csm è arrivato a esprimere il parere è con molta probabilità dovuta all’alto carico di lavoro che l’organo si è ritrovato a gestire nelle ultime settimane (si pensi al nuovo testo unico sulla dirigenza giudiziaria, approvata dal plenum  martedì sera). Il documento era stato predisposto dalla sesta commissione del Csm nei giorni precedenti, quando la legge di conversione del decreto flussi era ancora sotto esame in Parlamento. Appare altrettanto ovvio, però, che una volta convertito in legge il decreto in questione, il buon senso istituzionale avrebbe dovuto suggerire al Csm di astenersi dall’esprimere un giudizio – per giunta negativo – fuori tempo massimo.

 

Anche perché, come evidenziato ieri nel plenum dalla laica Isabella Bertolini (che con gli altri tre membri in quota centrodestra ha votato “no” alla delibera), c’è da considerare che “il parere risulta ormai superato, visto che il decreto è stato cambiato in modo significativo. Mi chiedo e vi chiedo che senso ha votare un parere su norme che non ci sono più?”. 

 

La norma sull’attribuzione alle Corti d’appello della competenza dei procedimenti di trattenimento dei migranti, tuttavia, alla fine è rimasta, e su questo il Csm esprime nel suo parere preoccupazioni anche condivisibili. Il Csm sottolinea in particolare che la riforma “imporrà una riorganizzazione degli uffici giudiziari di secondo grado, che si troveranno investiti di un numero di reclami “non irrilevante” e “in una materia che richiede di essere trattata non solo con celerità e priorità rispetto agli altri procedimenti, ma anche da magistrati che siano in possesso di specifiche competenze”. Dunque, “considerato che l’attribuzione delle illustrate nuove competenze non risulta, allo stato, accompagnata dalla previsione di un aumento di organico degli uffici giudiziari di secondo grado, va tenuto presente e valutato il rischio concreto di pregiudicare il raggiungimento degli obiettivi fissati per il settore giustizia dal Pnrr”.

 

La presa di posizione del Csm è stata subito colta al balzo dai partiti di opposizione, in particolare il Pd, che ha fatto appello al ministro Nordio “affinché ascolti i rilievi” del Csm e fermi la riforma. Nessun accenno allo scivolone istituzionale del Csm. 

  • Ermes Antonucci
  • Classe 1991, abruzzese d’origine e romano d’adozione. E’ giornalista di cronaca giudiziaria e studioso della magistratura. Ha scritto "I dannati della gogna" (Liberilibri, 2021) e "La repubblica giudiziaria" (Marsilio, 2023). Su Twitter è @ErmesAntonucci. Per segnalazioni: [email protected]