L'editoriale del direttore
Oltre Davigo. Elogio dell'Italia che condanna la repubblica della gogna
La sentenza sull'ex pm illumina un mondo nuovo: anche la magistratura ha capito quanto sia prioritario porre un freno alla repubblica fondata sugli schizzi di fango. Tracce e segnali di una svolta culturale da sballo
Moralisti moralizzati, processati, condannati. La conferma in Cassazione della clamorosa condanna nei confronti di Piercamillo Davigo, faraone dei manettari, principe dei fustigatori, eroe della repubblica degli schizzi di fango, per rivelazione del segreto d’ufficio in merito alla vicenda relativa alla diffusione dei verbali in cui l’avvocato Piero Amara parlava della presunta esistenza della loggia Ungheria (la Corte ha invece annullato con rinvio solo la parte della sentenza d’appello sulla rivelazione a terzi dei verbali), è una notizia importante – stavamo per scrivere entusiasmante ma ci siamo controllati – per tutti coloro che negli ultimi mesi si sono appassionati a un fenomeno inaspettato che da un po’ ha magnificamente iniziato a fare capolino nel nostro paese. C’è stata una stagione dolorosa all’interno della quale l’Italia è stata ostaggio di una repubblica fondata sulla gogna che promuoveva in modo disinvolto processi senza prove costruiti sui teoremi, in barba non solo allo stato di diritto ma in barba anche ai princìpi minimi della nostra Costituzione (articolo 15: la libertà e la segretezza della corrispondenza e delle comunicazioni sono inviolabili e la loro limitazione può avvenire non in modo sistematico ma solo in seguito a un atto motivato dell’autorità giudiziaria; articolo 27: l’imputato non sia considerato colpevole sino alla condanna definitiva; articolo 111: ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, di fronte a un giudice terzo e imparziale).
E’ arrivata ora una stagione meno dolorosa, nella quale l’Italia vede avanzare un fenomeno diverso e di segno completamente opposto: il processo quotidiano contro i grandi attivisti della repubblica fondata sulla gogna. Il processo a Davigo è eclatante perché mette in luce il senso di impunità assoluta coltivato da una parte della magistratura italiana convinta di essere così al di sopra della legge da poterla aggirare senza pagare pegno, solo per poter dimostrare la bontà dei propri teoremi. Ma il caso Davigo, da questo punto di vista, è solo l’ultimo tassello di un mosaico più grande all’interno del quale si trovano storie molto diverse l’una dall’altra ma tutte accomunate dall’essere colpi micidiali inferti alla repubblica della gogna. L’ultimo caso, in ordine di tempo, è stato il dispositivo con cui due giorni fa il gip di Roma ha demolito la procura di Torino che per anni ha perseguitato senza prove l’ex senatore Stefano Esposito, la cui inchiesta è stata definita con espressioni dure (“Tesi irragionevole”, “Congetturale spunto investigativo”).
Un anno fa, sempre attorno al caso Esposito, un altro colpo alla repubblica della gogna è stato data dalla Consulta, che ha riconosciuto come illegale il modo in cui la procura di Torino ha intercettato cinquecento volte l’ex senatore mentre era in carica (le intercettazioni secondo la Costituzione non dovevano essere effettuate, in quanto le conversazioni erano state ascoltate senza alcuna autorizzazione del Parlamento). Poche settimane fa, è stata la volta di un altro eroe della repubblica della gogna, Fabio De Pasquale, condannato a otto mesi per rifiuto di atti d’ufficio, per non aver voluto depositare nel febbraio del 2021, a ridosso della sentenza del processo milanese per corruzione internazionale Eni-Nigeria, prove rilevanti che avrebbero potuto permettere di dimostrare prima del tempo l’innocenza degli indagati, in quello che in molti definirono “il processo del secolo”, e anche in quell’occasione i giudici di Brescia sono stati spietati, letali, chirurgici. Secondo i giudici del tribunale di Brescia, “i fatti si sono rivelati di particolare gravità, poiché gli imputati hanno deliberatamente taciuto l’esistenza di risultanze investigative in palese e oggettivo conflitto con i portati accusatori spesi in dibattimento (e nella requisitoria) a dispetto delle pressanti esortazioni ricevute da un soggetto specificamente qualificato, ossia un magistrato in servizio presso il medesimo Ufficio di procura, preoccupato per il vulnus arrecato dalle condotte omissive al corretto sviluppo del processo Eni-Nigeria”.
Un caso simile, se vogliamo, è anche quello di Consip. Il 20 novembre, il tribunale di Roma ha assolto otto imputati, fra cui Tiziano Renzi e Luca Lotti, da ogni accusa, mentre ha condannato il carabiniere Scafarto per aver diffuso notizie coperte da segreto ai giornali e il suo superiore Sessa per non aver denunciato il fatto. L’inchiesta diventa il reato: un altro colpo alla repubblica della gogna. Un altro colpo, se vogliamo, è quello dato ancora dalla Consulta, che sempre nel 2023, ha dato ragione a Matteo Renzi su un caso giudiziario che lo ha coinvolto stabilendo che la procura di Firenze, nell’indagine contro Renzi, non poteva fare quello che ha fatto, acquisendo cioè mail e messaggi Whatsapp dell’allora senatore senza preventiva autorizzazione del Senato. Sono piccoli segnali, piccole tracce lasciate sul terreno di gioco, piccole impronte che indicano una direzione nuova confermata dalla condanna definitiva al principe dei manettari: la repubblica della gogna esisterà ancora per molto tempo, ma il processo alla gogna è una buona notizia per chiunque abbia a cuore non solo il rispetto dello stato di diritto ma anche l’amore per la famosa Costituzione più bella del mondo.