la decisione
Crolla in Cassazione il processo sulla ‘ndrangheta stragista, riesumazione della “trattativa stato-mafia”
Annullata con rinvio la condanna nei confronti di Graviano e Filippone. Per i pm, agli inizi degli anni 90 Cosa nostra convinse alcuni clan calabresi a partecipare alle stragi, con il sostegno di massoneria e servizi deviati, prima di accordarsi con Berlusconi. Un grande teorema basato sul nulla
Lunedì sera la Corte di cassazione ha annullato con rinvio la sentenza di condanna all’ergastolo che era stata comminata nei confronti dell’ex boss del quartiere palermitano di Brancaccio, Giuseppe Graviano, e Rocco Santo Filippone, ritenuto espressione della cosca Piromalli di Gioia Tauro, nel processo “‘ndrangheta stragista”. Si tratta nella sostanza di un’appendice del processo di Palermo sulla “trattativa stato-mafia”, conclusosi un anno fa con l’assoluzione definitiva dei servitori dello stato che per anni sono stati indegnamente messi alla gogna (come il comandante del Ros, Mario Mori). Secondo il teorema della procura di Reggio Calabria, in particolare il pm Giuseppe Lombardo, infatti, agli inizi degli anni 90 Cosa nostra convinse alcuni clan calabresi a partecipare alla strategia stragista ideata da Totò Riina, con l’obiettivo di piegare lo stato e ottenere benefici legislativi e penitenziari dalla politica. Una “comune strategia eversivo-terrorista”, che avrebbe ricevuto il sostegno pure di “contesti massonici” e di “soggetti appartenenti ai servizi segreti deviati”. Un grande calderone, degno di una sceneggiatura da serie tv.
Nel contesto immaginato dai pm, Graviano e Filippone sarebbero stati i mandanti di una serie di attentati compiuti contro i Carabinieri fra la fine del 1993 e gli inizi del 1994, tra cui l’omicidio degli agenti Antonino Fava e Vincenzo Garofalo, avvenuto il 18 gennaio 1994. L’elaborazione di questo teorema si è basato quasi del tutto sulle rivelazioni a scoppio ritardato fatte da alcuni collaboratori di giustizia, come Gaspare Spatuzza, che si è ricordato (dopo dieci anni dall’inizio della sua collaborazione) di aver avuto un incontro con Graviano il 21 gennaio 1994 per discutere dell’attentato allo stadio Olimpico di Roma, poi fallito.
Come se non bastasse, la tesi dell’accordo fra Cosa nostra e le cosche di ‘ndrangheta risulta in contraddizione con quanto stabilito in una sentenza passata in giudicato, quella del cosiddetto processo “Galassia”, secondo cui i calabresi in realtà rifiutarono la richiesta di aiuto di Cosa nostra.
La procura di Reggio Calabria ripropone poi la tesi di fondo già smentita nel processo Trattativa: la strategia del terrore mafioso si fermò alle soglie delle elezioni del 1994, dopo l’individuazione di un nuovo referente politico, vale a dire il nascente partito politico di Forza Italia, lanciato da Silvio Berlusconi, che tramite Marcello Dell’Utri avrebbe garantito leggi a favore dei mafiosi. La prova di tutto ciò sarebbe rappresentata dalle rivelazioni di Spatuzza sulle parole dette da Graviano nel 1994.
Peccato, come notato persino dai giudici d’appello – che dopo la vittoria alle elezioni da parte di Berlusconi “non intervenne alcuna attenuazione del regime del carcere duro né le altre modifiche auspicate dalle organizzazioni criminali”. Insomma, non solo il teorema sulla “‘ndrangheta stragista” si basa soltanto su una serie infinita di “sentito dire”, ma non sta neanche logicamente in piedi.