l'intervista

"Ho passato 5 anni da appestato". Parla Matteo Renzi

Ermes Antonucci

L'ex premier prosciolto insieme ad altri dieci imputati nel caso Open: "E’ fallito il tentativo politico di far decidere a un pubblico ministero cosa è un partito e cosa no". "Sono stato massacrato, FdI e M5s dovrebbero scusarsi"

“Ho passato cinque anni da appestato per un’indagine assurda. Sono stato massacrato. Fratelli d’Italia e il Movimento 5 stelle dovrebbero chiedere scusa per le cose che hanno detto nei miei confronti, ma so già che non lo faranno”. Così al Foglio Matteo Renzi commenta la sentenza del gup di Firenze, Sara Farini, che ieri ha prosciolto tutti gli 11 imputati coinvolti nell’inchiesta sull’ex fondazione Open: l’ex premier Renzi, Maria Elena Boschi, Luca Lotti, Alberto Bianchi e Marco Carrai (rispettivamente ex presidente e componente del consiglio direttivo di Open), e svariati imprenditori. Erano tutti accusati di finanziamento illecito ai partiti. A Lotti veniva contestata anche la corruzione. Il gup ha emesso una sentenza di non luogo a procedere, ritenendo che non esistessero gli elementi minimi per andare a processo. “La gup ha avuto il coraggio di fare una cosa che era normale, ma che spesso non viene fatta: quando vedi che non ci sono gli elementi per reggere il processo non si fa il processo. Il compendio probatorio non è sufficiente a sostenere l’accusa”, dice Renzi. 

 

L’indagine avviata dai pm fiorentini Luca Turco e Antonino Nastasi, coordinati dal procuratore capo Giuseppe Creazzo, esplose il mattino del 26 novembre 2019, con perquisizioni e sequestri in tutta Italia nei confronti degli ex vertici della fondazione Open, chiusa nel 2018, e di imprenditori che nel corso degli anni l’hanno finanziata. Ecco la tesi della procura: la fondazione sarebbe stata una vera e propria “articolazione di partito”, impiegata come strumento di finanziamento illecito dell’attività politica di Renzi e degli altri parlamentari.

 

La notizia dell’indagine occupò per mesi le prime pagine dei giornali. Decisamente meno le tappe che sono seguite e che hanno anticipato il tracollo del teorema accusatorio, come la sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato illegittima l’acquisizione di chat ed e-mail di Renzi contenute in dispositivi elettronici di terzi, e le ben cinque sentenze con cui la Cassazione ha annullato i provvedimenti di perquisizione e sequestro di pc e documenti nei confronti di diversi indagati.

 

“E’ fallito il tentativo politico di far decidere a un pubblico ministero cosa è un partito e cosa no. Questo è l’aspetto più rilevante della sentenza”, sottolinea Renzi, a ragione. In effetti, come abbiamo evidenziato su queste pagine fin dall’inizio, il cuore della vicenda giudiziaria ruotava attorno alla definizione di ciò che è politico o meno. Un terreno a dir poco scivoloso, se si considera che la funzione principale svolta da Open nel corso degli anni è stata organizzare le varie edizioni della Leopolda, vale a dire non l’evento di una corrente di partito, bensì una manifestazione culturale dedicata alla discussione di argomenti di rilevanza pubblica e politica (tanto che ogni anno emergevano puntualmente polemiche per l’assenza di bandiere del Pd). In sostanza, la procura di Firenze pretendeva di definire quando un’associazione politica può definirsi “fondazione” e quando invece “articolazione di partito”, interpretando le norme a suo piacimento.   

 

Ancora più fumose apparivano essere le accuse di corruzione rivolte all’ex ministro Lotti, vista l’assenza di presunte utilità da lui ricevute sia di effettivi interventi politici in favore di imprenditori. 

 

“Il gup ha celebrato le esequie di un processo nato morto”, ha dichiarato l’avvocato Federico Bagattini, difensore insieme al collega Gian Domenico Caiazza di Matteo Renzi. La deputata di Iv Maria Elena Boschi ha invece parlato di “fine di un incubo”: “Da avvocato conoscevo l’assurdità delle accuse. Da parlamentare ero certa della correttezza del nostro operato. Ma da donna ho sofferto molto, quasi sempre in silenzio”. 

 

Il silenzio ha avvolto la figura del principale accusatore, il pm Luca Turco, che andrà in pensione la vigilia di Natale, portandosi dietro questo tracollo giudiziario. “E’ il pm che ha chiesto l’arresto dei miei genitori per un’accusa per la quale poi sono stati assolti – afferma Renzi – Ha indagato e tenuto sotto processo per otto anni mio cognato per riciclaggio internazionale. Mi ha indagato per 21 mesi per una presunta prestazione inesistente, uno speech ad Abu Dhabi, la cui registrazione era persino su YouTube. Cos’altro dire?”. Niente. 

  • Ermes Antonucci
  • Classe 1991, abruzzese d’origine e romano d’adozione. E’ giornalista di cronaca giudiziaria e studioso della magistratura. Ha scritto "I dannati della gogna" (Liberilibri, 2021) e "La repubblica giudiziaria" (Marsilio, 2023). Su Twitter è @ErmesAntonucci. Per segnalazioni: [email protected]