l'intervista
"Da Mattarella monito ai partiti sulle carceri. Serve un atto di clemenza". Parla Fiandaca
"Nel discorso di fine anno il capo dello Stato è stato chiaro: occorre riportare il carcere nell’ambito dell’umanità", dice Giovanni Fiandaca, tra i massimi giuristi italiani. Il 2024 è stato l'anno record dei suicidi tra i detenuti. "Bisogna intervenire con un provvedimento di amnistia o indulto”
“Le parole espresse sul carcere dal presidente Mattarella nel discorso di fine anno sono scolpite nel marmo costituzionale. Ricordare che la Costituzione contiene norme sulla detenzione il cui rispetto è imprescindibile non significa fare un richiamo di parte, bensì rivolgere un ammonimento a tutto l’orizzonte politico: occorre riportare il carcere nell’ambito dell’umanità”. Lo dice al Foglio Giovanni Fiandaca, tra i massimi giuristi italiani. Ma come intervenire? “Innanzitutto con un provvedimento di amnistia o indulto”.
“Le condizioni attuali delle carceri sono invivibili e inammissibili”, afferma Fiandaca, professore emerito di Diritto penale all’Università di Palermo e già garante dei detenuti della Regione Sicilia. A confermarlo sono i numeri impietosi dei suicidi dietro le sbarre. Il 2024 sarà ricordato come l’anno del record di suicidi tra i detenuti in carcere: 89. “Il dato è impressionante e costituisce la riprova del fatto che il carcere, così come attualmente funziona, finisce con l’essere un sistema patogeno, non solo per i detenuti ma anche per i poliziotti penitenziari”, aggiunge Fiandaca.
Per il giurista, il senso del monito espresso dal capo dello stato nel discorso di fine anno è molto chiaro: “Ci sono alcuni princìpi fondamentali che dovrebbero costituire oggetto di un consenso generalizzato perché fanno parte della base fondamentale comune di una democrazia costituzionale degna di questo nome. Tutte le forze politiche dovrebbero tendere a realizzare un accettabile equilibrio tra una pena volta a reprimere, ma soprattutto a prevenire la commissione dei reati, e una pena al tempo stesso rispettosa dei diritti fondamentali e che possa ambire all’obiettivo rieducativo previsto dalla Costituzione”, spiega.
Molto difficile farlo quando gli istituti di pena esplodono di detenuti: oltre 62 mila presenze, a fronte di circa 47 mila posti. “Ridurre la popolazione carceraria è un obiettivo ineludibile. Questo è stato sottolineato di recente in una nota congiunta anche dall’Associazione italiana dei professori di Diritto penale e da quella degli studiosi del processo penale, che hanno evidenziato come il cronico sovraffollamento carcerario sia incompatibile con i nostri princìpi costituzionali, ma anche con le carte sovranazionali”.
Dunque, come intervenire? “Occorre realizzare nel più breve tempo possibile un provvedimento di clemenza, di amnistia o indulto, limitato ai reati minori e a pene residue che non superino i due anni. Se si riuscisse a ridurre la popolazione carceraria di 15-20 mila unità, la situazione migliorerebbe fin da subito, perché si sgraverebbe il sistema da un eccesso di impegno che, con le risorse attuali, non risulta gestibile. Le condizioni di detenzione quindi diventerebbero più vivibili, con minori disagi psicologici per i reclusi”.
“Allo stesso tempo – aggiunge Fiandaca – bisognerebbe incrementare le risorse destinate all’esecuzione delle pene fuori dal carcere, anche dal punto di vista della rete socio-assistenziale che dovrebbe fare da contorno all’esecuzione della pena esterna. Mi riferisco al ricovero in comunità degli autori dei reati, al ritrovamento di opportunità lavorative, al sostegno psicologico dei soggetti più fragili”. “Pensare di creare nuove carceri non è la ricetta, anche perché i tempi sarebbero tali che intanto la situazione peggiorerebbe ulteriormente”, prosegue.
Proprio il ministro della Giustizia Carlo Nordio in una recente intervista si è detto contrario all’ipotesi di un’amnistia o di un indulto, sostenendo che sarebbe una “manifestazione di debolezza” e costituirebbe un invito “alla commissione di nuovi reati”. “Queste affermazioni non sono basate su alcuna certezza scientifica, sono semplici opinioni”, replica Fiandaca. “In ogni caso, anche se ci fosse questo effetto, tutto da dimostrare, in questo momento occorre realizzare un bilanciamento costituzionale tra princìpi ineludibili: l’esigenza immediata di porre rimedio all’attuale funzionamento del carcere come sistema criminogeno è un’esigenza costituzionalmente prioritaria rispetto a ogni altro tipo di preoccupazione. Questo è il senso del discorso del presidente della Repubblica”, sottolinea il giurista. “Ho il massimo rispetto per il ministro Nordio. Con queste dichiarazioni mostra però di soggiacere a preoccupazioni elettorali contingenti. E, da lui, non me lo aspetto”.