l'ipotesi

Così Nordio può ordinare la scarcerazione di Abedini e portare allo scambio con Sala

Ermes Antonucci

Secondo le norme italiane, il Guardasigilli può ordinare in qualsiasi momento la revoca dell'arresto dell'ingegnere iraniano, che ha provocato come ritorsione la cattura della giornalista del Foglio. Cercando di evitare una crisi diplomatica con gli Stati Uniti

Si fa strada l’ipotesi di un intervento diretto del ministro della Giustizia Carlo Nordio sul caso della prigionia di Cecilia Sala in Iran. Secondo le norme italiane, infatti, il Guardasigilli può ordinare in qualsiasi momento la revoca della misura cautelare di un detenuto in attesa di estradizione. Ci si riferisce ovviamente a Mohammad Abedini, il cittadino iraniano arrestato in Italia, tre giorni prima della cattura di Sala a Teheran, su richiesta degli Stati Uniti che ne chiedono l’estradizione. Ieri l’ambasciata d’Iran a Roma ha confermato indirettamente che Sala è stata catturata per ritorsione per il fermo di Abedini, in un’ottica di scambio di prigionieri. Abedini, ingegnere di 38 anni, è accusato dagli Stati Uniti di aver fornito al regime iraniano componenti per i droni utilizzati per uccidere tre militari americani in Giordania all’inizio dell'anno scorso. Il procedimento di estradizione richiederà diverse settimane, ma di fronte alle ultime notizie sulle condizioni di detenzione di Sala il ministero della Giustizia sta valutando di intervenire subito. “La legge italiana non solo stabilisce che la decisione finale sull’estradizione spetta al ministro della Giustizia, dopo la pronuncia della Corte d’appello e quella eventuale della Corte di cassazione, ma attribuisce al Guardasigilli anche il potere di ordinare in qualsiasi momento la revoca della misura cautelare nei confronti dell’estradando”, spiega al Foglio l’avvocato Nicola Canestrini, esperto in cooperazione penale internazionale. 

 

“L’assenza fisica del soggetto porta all’archiviazione del procedimento di estradizione”, aggiunge Canestrini. In altre parole, nel procedimento di estradizione in Italia non esiste la separazione dei poteri: il ministro della Giustizia ha sempre l’ultima parola sull’estradizione e inoltre può ordinare all’autorità giudiziaria la scarcerazione del detenuto. Ovviamente prima di ordinare la revoca dell’arresto in carcere nei confronti di Abedini, sarebbe necessario per il ministro Nordio e il governo italiano condurre un’intensa attività diplomatica con Washington, che al momento appare intenzionata a non concedere nulla all’Iran. Con una nota inviata nei giorni scorsi alla Corte d’appello di Milano, il Dipartimento di giustizia americano si è schierato contro la concessione degli arresti domiciliari ad Abedini, ribadendo che l’iraniano è “estremamente pericoloso” e il rischio che possa scappare è “molto elevato”. Ieri la procura generale di Milano ha formalizzato il suo parere negativo alla concessione dei domiciliari. 

 

L’ordine di scarcerazione da parte di Nordio non sarebbe senza precedenti. Nel 2015 l'allora ministro della Giustizia, Andrea Orlando, dispose la scarcerazione di Erden Unal, medico turco (assistito proprio dall’avvocato Canestrini) residente in Austria in qualità di rifugiato politico, arrestato dalla polizia italiana a Venezia in esecuzione di un mandato di cattura internazionale richiesto dalla Turchia. La Corte d’appello di Venezia non poté fare altro che adeguarsi alla richiesta del ministro Orlando e rimettere in libertà Unal.

 

Un altro caso simile è avvenuto nel marzo 2022. In quel caso fu l’allora Guardasigilli Marta Cartabia a ordinare la scarcerazione del regista ucraino Yeven Eugene Lavrenchuk, fondatore del Teatro Polacco a Mosca, di cui le autorità russe avevano chiesto l’estradizione all’Italia. Era stato fermato a Napoli mentre si recava a Tel Aviv. La ministra Cartabia si rifiutò di consegnare Lavrenchuk alla Russia alla luce del rischio di persecuzione e discriminazione legate alle opinioni politiche e alle condizioni personali del regista ucraino.

 

Anche nel caso di Abedini “il sospetto che egli subisca un processo non equo negli Stati Uniti è molto forte”, afferma Canestrini. “La giustizia penale americana non è affatto quell’Eldorado che conosciamo dai film, in cui il bene trionfa sempre. Non sempre il diritto ad avere un giusto processo è rispettato, soprattutto quando di mezzo ci sono persone accusate di reati così gravi come il sostegno al terrorismo. Il nemico è spesso trattato da nemico, e non da imputato portatore di diritti. Per non parlare delle carceri in cui i detenuti spesso vivono in condizioni disumane e degradanti”. 

 

Nel caso in cui il ministro Nordio decidesse di ordinare la scarcerazione di Abedini, senza dar vita a una crisi diplomatica con gli Stati Uniti, bisognerebbe comunque tenere conto anche dello scenario che verrebbe a realizzarsi subito dopo: “La scarcerazione non provoca l’impossibilità di riarrestare il soggetto in Italia o altrove”, nota Canestrini. Di conseguenza, è facile immaginare che il regime iraniano chieda la garanzia che Abedini venga subito posto su un volo diretto Roma-Teheran. L’Italia ovviamente, con i suoi canali diplomatici, non potrebbe che chiedere altrettanto per riportare Cecilia Sala in Italia. Uno scambio di prigionieri estremamente delicato sul piano pratico, e simile a quello che avviene durante una guerra.     
 

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  • Ermes Antonucci
  • Classe 1991, abruzzese d’origine e romano d’adozione. E’ giornalista di cronaca giudiziaria e studioso della magistratura. Ha scritto "I dannati della gogna" (Liberilibri, 2021) e "La repubblica giudiziaria" (Marsilio, 2023). Su Twitter è @ErmesAntonucci. Per segnalazioni: [email protected]