l'elezione

L'Associazione nazionale magistrati al voto per il dopo Santalucia

Ermes Antonucci

A fine gennaio il sindacato delle toghe rinnova i suoi vertici. Le correnti hanno formalizzato i programmi e propri i candidati. Tutti uniti contro la riforma costituzionale. Magistratura indipendente sfida Area, Md lancia Patarnello

L’Associazione nazionale magistrati si prepara a rinnovare i suoi vertici. Un appuntamento importante sul piano politico e istituzionale, in un 2025 che dovrebbe vedere l’approvazione della riforma della separazione delle carriere e del Csm (il ministro Carlo Nordio punta a chiudere la partita entro l’estate), con probabile successivo referendum. Dal 26 al 28 gennaio i magistrati di tutta Italia eleggeranno i 36 rappresentanti del comitato direttivo centrale dell’Anm, il cosiddetto “parlamentino” delle toghe. Quest’ultimo eleggerà poi i dieci membri della giunta esecutiva centrale, tra cui il presidente, che sostituirà Giuseppe Santalucia, che ha deciso di non ricandidarsi. Negli ultimi giorni le correnti hanno formalizzato i programmi e propri i candidati alle elezioni. Tutti i gruppi sono uniti nell’opposizione alla riforma costituzionale, ritenuta pericolosa per l’autonomia e l’indipendenza della magistratura, tanto da dichiararsi pronti a ogni forma di protesta, incluso lo sciopero. 

 

La magistratura si presenta alle elezioni divisa, come da tradizione, in tre tronconi: quello conservatore rappresentato da Magistratura indipendente (Mi), quello centrista di Unicost e quello della sinistra giudiziaria, a sua volta diviso tra i gruppi Area e Magistratura democratica (Md). 

 

Magistratura indipendente appare favorita, se si considera anche che rispetto alle elezioni del 2020 non è più presente il gruppo di Autonomia e Indipendenza, fondata da Piercamillo Davigo da una scissione da Mi. Seppur ritenuta una corrente vicina al governo, anche Mi mette al primo posto del suo programma la “difesa dell’attuale assetto costituzionale della magistratura”. Il gruppo, tuttavia, sottolinea la sua visione moderata del ruolo della magistratura, affermando che non spetta all’attività giudiziaria “elaborare e attuare le trasformazioni della società”. Un netto distanziamento dalle posizioni della sinistra giudiziaria. Tra i numerosi candidati di Mi, spiccano i nomi di Antonio D’Amato (capo della procura di Messina ed ex componente togato del Csm), Cesare Parodi (procuratore aggiunto a Torino), Giuseppe Tango (giudice del tribunale di Palermo) e la giovane Mariachiara Vanini (giudice del tribunale di Milano). 

 

Il gruppo di Unicost punta tutto su nomi nuovi, che non sembrano proprio in grado di trascinare le folle. Tra i candidati, Monica Mastrandrea (giudice del tribunale di Torino), Marcello De Chiara (giudice del tribunale di Napoli) e Gaspare Sturzo (oggi in servizio alla procura generale della Corte di cassazione, ma conosciuto – oltre che per essere il pronipote del fondatore del Partito popolare – per aver gestito alcuni procedimenti delicati quando era gip a Roma, come uno dei filoni del caso Consip). 

 

Il gruppo di Area propone nel suo programma di proseguire con una giunta unitaria dell’Anm, come quella uscente, per avere maggiore forza nel contrastare la riforma costituzionale (che metterebbe a repentaglio i “pilastri dell’assetto democratico e della separazione dei poteri”). La corrente di sinistra candida due componenti uscenti del comitato direttivo centrale, Rocco Maruotti (pm a Rieti) e Paola Cervo (giudice di sorveglianza a Napoli). Tra gli altri candidati, si segnalano Domenico Pellegrini (giudice del tribunale di Genova), Chiara Valori (giudice del tribunale di Milano) e Ida Teresi (pm a Napoli). 

 

Il gruppo di Magistratura democratica cerca di sparigliare le carte (a danno in realtà soprattutto di Area), candidando due toghe tanto di peso quanto divisive. Il primo nome è quello di Marco Patarnello, sostituto procuratore generale della Cassazione, finito lo scorso ottobre al centro delle polemiche per un messaggio inviato alla mailing list dell’Anm in cui definiva “l’attacco alla giurisdizione” condotto da Meloni persino più pericoloso di quello di Berlusconi, perché la premier non ha inchieste a suo carico. Il secondo nome è Emilio Sirianni, giudice della Corte d’appello di Catanzaro, finito nell’occhio del ciclone (e all’attenzione del Csm) per aver offerto consigli giuridici e non solo all’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano, quando questi era indagato per le irregolarità nella gestione dei migranti. 
 

  • Ermes Antonucci
  • Classe 1991, abruzzese d’origine e romano d’adozione. E’ giornalista di cronaca giudiziaria e studioso della magistratura. Ha scritto "I dannati della gogna" (Liberilibri, 2021) e "La repubblica giudiziaria" (Marsilio, 2023). Su Twitter è @ErmesAntonucci. Per segnalazioni: [email protected]