l'intervista
"Ma quale atto dovuto, i pm non sono passacarte". Parla Sabino Cassese
"I procuratori non sono postini. Se lo fossero, qualunque denunciante un ministro che voli a cavallo di un asino dovrebbe avere diritto alla trasmissione al Tribunale dei ministri", dice il giudice emerito della Consulta. "Ma dal governo scarsa chiarezza nell’evocare la ragion di stato"
Ma quale “atto dovuto”. Anche Sabino Cassese, giudice emerito della Corte costituzionale, al Foglio esprime perplessità sulla decisione del procuratore di Roma, Francesco Lo Voi, di mettere sotto indagine la premier Meloni, i ministri Nordio e Piantedosi e il sottosegretario Mantovano per il caso Almasri, sulla base di un esposto composto da 15 righe e un rimando ad articoli di stampa. Cassese ricorda innanzitutto l’articolo 6 della tanto richiamata legge costituzionale n. 1 del 1989, secondo cui il procuratore della Repubblica, una volta ricevuta una denuncia che riguarda presunti reati compiuti da membri del governo, “omessa ogni indagine, entro il termine di quindici giorni”, trasmette gli atti al Tribunale dei ministri. “Omessa ogni indagine non vuol dire alla cieca. Non vuol dire che il procuratore della Repubblica è un mero passacarte. Se lo fosse, qualunque denunciante un ministro che voli a cavallo di un asino dovrebbe avere diritto alla trasmissione al Tribunale dei ministri”, afferma Cassese.
Ritiene che le ipotesi di reato di peculato e di favoreggiamento abbiano fondamento? “Rileggiamo l’articolo 378 del codice penale: ‘Chiunque, dopo che fu commesso un delitto per il quale la legge stabilisce l’ergastolo o la reclusione, e fuori dei casi di concorso nel medesimo, aiuta taluno a eludere le investigazioni dell’autorità, comprese quelle svolte da organi della Corte penale internazionale, o a sottrarsi alle ricerche effettuate dai medesimi soggetti, è punito con la reclusione fino a quattro anni’. C’è stato aiuto a eludere o a sottrarsi, oppure qualcosa di più, visto che è stato usato un aereo di stato? E questo solo particolare non avrebbe dovuto attrarre l’attenzione della procura, se a essa noto?”, si chiede Cassese.
Come ormai evidente, dietro la scelta di far rimpatriare Almasri c’è stata una decisione di carattere politico, e dunque di far prevalere una ragion di stato (sia essa legata ai flussi migratori, al rischio di ritorsioni nei confronti di italiani in Libia o altro). In un paese come il nostro, in cui l’espressione “ragion di Stato” appare una bestemmia, è possibile immaginare che il governo dica esplicitamente ai cittadini di aver liberato un criminale libico, spiegandone le ragioni, senza che scoppi un putiferio? “Le ricostruzioni delle dichiarazioni fatte in sede governativa mostrano che vi è stato scarso coordinamento. Vi è stata scarsa chiarezza nell’andare al nocciolo del problema, cioè nell’evocare la ragion di stato. Ragion di stato vuol dire che c’è un interesse collettivo preminente che spiega singole azioni e che talora non può essere reso pubblico integralmente. Ma questo richiede che venga affermato dal governo in modo diretto e, se possibile, dichiarando i motivi che non possono neanche essi essere oggetto di una illustrazione”, replica Cassese.
Che immagine del paese emerge da questa vicenda, soprattutto nei rapporti tra le sue varie istituzioni (governo, magistratura, apparati di sicurezza, forze dell’ordine)? “Vi sono numerosi motivi di preoccupazione, che riguardano il funzionamento delle nostre istituzioni. Primo: vengono accusati di così gravi reati non solo il presidente del Consiglio dei ministri, ma anche tre componenti del governo che provengono dai grandi corpi dello stato, che hanno un curriculum professionale di prim’ordine e svolgono un ruolo fondamentale nell’apparato statale. Questo non è un aspetto che avrebbe dovuto interessare la procura, non per fare trattamenti diseguali, ma per soppesare attentamente quella ‘trasmissione’, anche per evitare di autoattribuirsi il ruolo di meri postini? Le procure italiane agiscono sempre a occhi chiusi?”, si interroga Cassese.
“Secondo: l’organismo dello stato ha regole che non sono diverse dagli altri organismi viventi e non tollera contrasti di questo genere e di questa portata. Per cui quei collegi e quegli organi monocratici che svolgono funzioni di garanzia del suo funzionamento dovrebbero intervenire. Terzo: episodi di questo tipo, da un lato, finiscono per contribuire al giudizio negativo sul funzionamento complessivo dello stato; dall’altro, hanno un secondo effetto negativo, che consiste nel distogliere l’attenzione della collettività, dei politici, degli apparati dai problemi fondamentali del paese, conseguenza tanto più grave in un momento storico nel quale i partiti, divenuti gusci vuoti, non riescono a svolgere una funzione di orientamento, guida, educazione”, conclude Cassese.