La riflessione
Ipocrisia dell'atto dovuto e del caso complesso. La questione Almasri
Sulla vicenda della scarcerazione del presunto torturatore libico il ministero della Giustizia offre una versione dei fatti troppo sciatta per essere creduta. La Procura di Roma per indagare un pezzo di governo si nasconde dietro un obbligo che non c'è
Atteniamoci ai fatti. Già dal 4 novembre 2024 l’Almasri era sottoposto a “sorveglianza discreta”, su richiesta della Corte penale internazionale (da ora Cpi) del precedente 10 luglio indirizzata in un primo tempo alla sola Germania e il successivo 17 gennaio a sei paesi tra cui l’Italia. Il 2 ottobre 2024 il procuratore presso la Corte penale internazionale aveva chiesto nei suoi confronti l’emissione di mandato di arresto internazionale. Il 17 gennaio la Cpi viene informata dalla polizia tedesca che l’Almasri è stato fermato in Europa, l’immediato mandato di arresto internazionale viene eseguito la successiva domenica 19, dopo essere stato diramato “per allerta” attraverso Interpol e notificato a sei paesi, tra cui l’Italia nella persona del magistrato di collegamento, che lavora presso l’ambasciata olandese e che, allo stato, non risulta averlo trasmesso a via Arenula. L’art. 2 L.237/2012 così regola i rapporti tra Cpi e Italia: “I rapporti con la Cpi sono curati in via esclusiva dal ministro della Giustizia, al quale compete di ricevere le richieste provenienti dalla Corte e di darvi seguito”.
E’ sicuro che la Digos di Torino non consultò Via Arenula prima di procedere all’arresto, come invece avrebbe dovuto fare non trattandosi di procedimento di estradizione ordinaria, ma che ne abbia dato notizia solo ad arresto avvenuto. Il 20 gennaio, secondo il procuratore generale di Roma, il ministro Nordio sarebbe stato avvertito dell’arresto irrituale e della necessità di una regolarizzazione a fine di sanatoria. Martedì 21 un Falcon 900, verosimilmente dei Servizi, da Roma atterra intorno a mezzogiorno all’aeroporto di Caselle Torinese, per riportare in patria Almasri con volo di stato partito poco prima delle ore 20. Intorno alle ore 16 dello stesso giorno – ossia alcune ore dopo l’approntamento del predetto rimpatrio – il ministro Nordio, interpellato su cosa avesse in animo di fare in relazione all’arresto, aveva singolarmente dichiarato che stava approfondendo e valutando, trattandosi di caso molto complesso.
Con ordinanza dello stesso giorno 21 gennaio 2025 la Corte di appello di Roma – su conforme parere del procuratore generale che aveva rilevato che, pur debitamente informato, il ministro “ad oggi non ha fatto pervenire alcuna richiesta in merito” – preso atto della mancanza nel procedimento della “prodromica e irrinunciabile interlocuzione tra il ministro della Giustizia e la procura generale presso la Corte di appello di Roma… prevista dall’art. 2, comma1 L.237/2012”, dichiarava non luogo a provvedere sull’arresto e ordinava l’immediata scarcerazione dell’Almasri. In data 23 gennaio l’avv. Luigi Li Gotti presentava denuncia in ordine a tali fatti, che il procuratore Lo Voi inviava al Tribunale dei ministri dopo aver iscritto i ministri denunciati nel registro degli indagati. Rovente la polemica, perentorie le reciproche accuse.
Solo supposizioni, ma pesanti. Quanto alla scarcerazione di Almasri, escludiamo che il ministero della Giustizia sia così disorganizzato e sciatto da restare latitante, per un intero weekend, su di una sua competenza tanto importante e di risalto (nel mondo del diritto quanti sono gli interventi ministeriali necessari a pena di nullità?). Allora non pare irragionevole immaginare che l’arresto del supposto boia possa essere stato allarmante per molti, che si sia pensato alla necessità di disinnescare l’ordigno che rischiava di far crollare un castello di interessi – i più vari e percepiti, tipo migranti e gas e petrolio, ecc. – faticosamente da anni tenuto su con gli spilli, che il disinnesco più agevole e meno vistoso sia parso quello legato al mare magnum delle disfunzioni giudiziarie. A tale ipotesi non è di poco conforto il rilievo della preparazione del rientro aereo in corso d’opera, quasi fosse previsto e certo l’esito della procedura. Che, a dire il vero, non poteva non essere certo vista l’assenza della interlocuzione fondante. Né è di poco conforto la convinzione, solo dello scrivente sia chiaro, che è sempre più imperante la cultura bypassante del “bando alle chiacchiere, il problema va risolto a tutti i costi”. Ma ovviamente trattasi di supposizioni.
Quanto all’atto dovuto, atto dovuto o obbligato – così spiega Lo Voi l’invio al Tribunale dei ministri – si impongono purtroppo ancora mere supposizioni. Quale spiegazione del proprio operato è più tranchant, comoda, definitiva di queste due semplici paroline che dicono tutto e niente ma riescono a tappare qualsiasi bocca: atto dovuto. Il più delle volte sono scuse, anche perché le due paroline a ciò si prestano, non dicendo nulla ma abbracciando tutto. Ora sono rispuntate, le due magiche paroline, proprio a proposito dell’ultima scandalosa vicenda, il guazzabuglio attorno alla figura del supposto carnefice Almasri. Non è avviso di garanzia ma atto dovuto o per meglio dire obbligato, ossia una rituale comunicazione di indagine, per favoreggiamento e peculato, a seguito di denuncia sporta da un cittadino, dice giustamente il procuratore Lo Voi. Anche se si può obiettare – qui casca l’asino – che l’atto dovuto ha una sua gestibile tempistica, limitata solo dal fatto che non possa più produrre i suoi effetti; che aveva 15 giorni di tempo e invece è apparso precipitoso, quasi impaziente di liberarsi di un caso troppo delicato ma al contempo... a rischio di ustioni; che il suo non è ruolo da passacarte perché – a seguito delle perplessità sull’automatismo espresse dalle circolari 2017 Procura Roma e molto prima, 2012, Procura Prato – l’art.335 cpp., cioè la norma che regola l’iscrizione nel registro delle notizie di reato, così come novellato dalla riforma Cartabia, subordina l’iscrizione alla verifica sia pure sommaria che il fatto rappresentato sia determinato, non inverosimile e “riconducibile in ipotesi a una fattispecie incriminatrice”. E allora? Cosa dire? Che nessuna di codeste supposizioni è astrusa e che il Tribunale dei ministri tra qualche tempo archivierà gli atti dopo aver inutilmente ricercato fondamenti probatori. De profundis.
Piero Tony
ex magistrato