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l'intervista
“La separazione delle carriere non mi spaventa. Da Anm chiusura ideologica”. Parla il pm D'Avino
Il procuratore di Parma: "La riforma Nordio non riduce l'autonomia e l'indipendenza del pubblico ministero. L'Anm sembra subordinata alle visioni più estreme e politicizzate della magistratura"
“La riforma della separazione delle carriere non mi fa paura, perché non vedo in nessuna parte del disegno di legge uno stravolgimento della giustizia, oppure gravi ripercussioni per la tutela dei diritti dei cittadini, né tantomeno il rischio – che viene da paventato da qualcuno – di riduzione dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura”. Lo afferma, intervistato dal Foglio, il procuratore di Parma, Alfonso D’Avino. “Nel nuovo articolo 104 della Costituzione non viene detto da nessuna parte che il pm verrà sottoposto all’esecutivo. Allora mi chiedo, e chiedo ai miei colleghi, sotto quale comma sarebbe nascosto questo rischio? E’ inutile dire che oggi la sottoposizione all’esecutivo non c’è ma potrà avvenire un domani. Un domani potrà avvenire anche se dovesse rimanere l’attuale situazione”. “Mi sembra che una parte della magistratura veda la Costituzione come un totem, come un qualcosa di assolutamente immutabile. Lo trovo esagerato, perché nulla vieta che la Costituzione possa essere modificata”, aggiunge D’Avino, che poi critica la linea fortemente aggressiva e di protesta dell’Associazione nazionale magistrati: “Pur essendo da sempre iscritto all’Anm, penso che in questi ultimi tempi ci sia una sorta di subordinazione alle visioni più estreme e politicizzate della magistratura”.
“Nell’ottica del processo accusatorio, in cui il giudice è terzo e il pm è considerato parte, purché conservi autonomia e indipendenza, non vedo nulla di scandaloso nel fatto che pm e giudici seguano due percorsi di carriera separati. Con due Csm anch’essi separati”, dichiara D’Avino. “La circostanza che i Consigli verrebbero comunque presieduti dal capo dello stato mi sembra la conferma ulteriore della garanzia di autonomia e indipendenza per i magistrati”, aggiunge.
Il procuratore di Parma racconta di non aver aderito alla protesta svolta dall’Anm all’inaugurazione dell’anno giudiziario: “Non sono andato in toga, non ho indossato la coccarda tricolore, non ho agitato la Costituzione e non mi sono allontanato quando ha parlato il rappresentante del ministro della Giustizia. Mi è sembrato un gesto non degno della nostra categoria e inopportuno sul piano del rispetto istituzionale”, dice D’Avino. “Di fatto in questo modo si vuole vietare al Parlamento di esercitare le sue prerogative, tra cui c’è anche quella di modificare la Costituzione, basandosi sul principio secondo cui ciò che dice la magistratura è Vangelo. Questo non mi pare accettabile. Come magistrati abbiamo tutto il diritto di intervenire ma nelle sedi istituzionali”.
D’Avino si dice contrario anche allo sciopero indetto dall’Anm per il 27 febbraio: “Non lo condivido affatto. Noi magistrati costituiamo un organo fondamentale dello stato e quindi è come se scioperassimo contro noi stessi. In questo momento lo sciopero sarebbe visto come una forma per opporsi ad altri organi dello stato, l’esecutivo e il Parlamento”.
In un’intervista al nostro giornale, il procuratore di Padova Antonello Racanelli ha criticato la chiusura al dialogo dell’Anm sulla riforma. Con un confronto aperto e franco col governo, ha spiegato Racanelli, la magistratura avrebbe potuto ottenere miglioramenti al testo di riforma costituzionale. “Sono assolutamente d’accordo”, dice D’Avino. “Non condivido questo allarmismo esagerato, che è frutto di una lettura distorta del disegno di legge. Il dialogo è sempre lo strumento migliore. Invece di fare muro contro muro ci si poteva, e forse si potrà ancora, sedersi a un tavolo per discutere e migliorare la riforma”. Come il ricorso al sorteggio secco per l’elezione dei togati al Csm. “In questo momento storico la magistratura è forse al livello più basso di credibilità e fiducia da parte dei cittadini, sia per il noto caso Palamara sia per altre vicende che non hanno fatto bene alla nostra immagine (penso a certi casi in cui sono addirittura state nascoste prove favorevoli alla difesa)”, dice D’Avino.
“In una fase di questo genere inevitabilmente può accadere che la politica intervenga con riforme, come quella del sorteggio, che certamente non sono ideali. Ma se la magistratura non è stata capace di risolvere i suoi problemi, soprattutto legati alla degenerazione delle correnti, è anche normale che qualcuno intraveda nel sorteggio un modo per garantire maggiore trasparenza nelle decisioni del Csm”, spiega il procuratore.
“Pur non ritenendola pericolosa, tuttavia, escludo che questa riforma risolverà i problemi concreti della giustizia, che sono legati soprattutto alla carenza di magistrati e di personale amministrativo”, conclude D’Avino
Ermes Antonucci