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l'intervista
“Perché oggi non sciopero con l'Anm”. Parla il giudice Giuseppe Cioffi
Il magistrato non aderisce alla protesta: "Tutto ciò di cui l’Anm si sta lamentando non è reale. Nella riforma in discussione in Parlamento non c’è nulla che preveda la sottoposizione del pubblico ministero all’esecutivo o un attentato alle toghe"
“Non aderisco allo sciopero indetto per oggi dall’Associazione nazionale magistrati. La ritengo una manifestazione del pensiero che non si addice ai magistrati e trovo singolare che chi ha il compito costituzionale di applicare le leggi si opponga a una legge in corso di approvazione in Parlamento, peraltro usando argomentazioni che esulano dai contenuti della riforma”. A dirlo, intervistato dal Foglio, è Giuseppe Cioffi, giudice del tribunale di Napoli nord, del quale è stato anche presidente, da 38 anni con la toga sulle spalle. Cioffi non sarà l’unico magistrato a non aderire allo sciopero di oggi dell’Anm contro la riforma Nordio, ma è fra i pochi a non farsi problemi a dichiararlo apertamente. “Non ho mai scioperato, anche quando ero molto giovane e attivo nell’ambito dell’Anm”, spiega. Ciò che più infastidisce Cioffi è che “tutto ciò di cui l’Anm si sta lamentando non è reale”: “Nella riforma in discussione in Parlamento non c’è nulla che preveda la sottoposizione del pubblico ministero all’esecutivo, non c’è nulla che comporti una diminuzione della libertà e della terzietà del giudice, non c’è nulla che porti con sé altri pericoli alla democrazia o attentati alla Costituzione. Questi slogan sono stati agitati dall’Anm fin dal 1989, anno di entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale. Sono sempre gli stessi slogan, pure con le stesse parole”, dice Cioffi.
“Alcuni argomenti che sono stati messi in campo dall’Anm sono palesemente propagandistici”, insiste il giudice napoletano. “Come si fa a opporsi alla riforma dicendo che la separazione delle carriere era contenuta nella bozza di programma della P2? Sarà pure vero ma di separazione delle carriere si parlò già durante i lavori della Costituente, persino nelle discussioni sindacali della magistratura negli anni Quaranta. Dal mio punto di vista ritengo la riforma una conseguenza naturale della riforma del processo del 1989”.
“A proposito dello sciopero, poi, mi pongo una domanda – prosegue Cioffi – Gran parte dei magistrati che lavorano come fuori ruolo al ministero della Giustizia sono espressione delle correnti. Immagino che questi magistrati aderiranno allo sciopero: come faranno a conciliare questa opposizione con il loro concorso alla formazione della legge?”.
Per il giudice Cioffi, la separazione delle carriere serve a realizzare a pieno il principio costituzionale del giusto processo: “E’ evidente che un pubblico ministero interno alla magistratura intesa come organo unitario, pubblicistico per eccellenza, non è compatibile con la parità delle parti. Non si tratta di una questione solo formale, ma è decisamente sostanziale”. Cioffi non vede nulla di scandaloso neanche nell’adozione del sorteggio come metodo di elezione dei componenti togati al Csm: “Nel momento in cui si considera, come faccio io, la stragrande maggioranza dei magistrati delle persone eccezionali per dedizione al lavoro e competenza, come si fa a considerarli poi non adatti a comporre il Consiglio superiore della magistratura? Quale altro requisito bisogna avere, forse quello di essere stato scelto da una corrente?”, domanda provocatoriamente Cioffi.
“Il problema è che nella magistratura si è affermato un pensiero unico che non lascia spazio a nessun tipo di confronto”, dice il giudice napoletano, che si mostra perplesso nei confronti della recente presa di posizione del nuovo presidente dell’Anm, Cesare Parodi (“Siamo aperti al dialogo col governo, ma deve ritirare la riforma”): “Questa ricerca affannosa dell’Anm di una soggettività politica è impropria e va a scapito di una sana attività sindacale. Quando sento l’Anm parlare di ricerca di confronto col governo rimango perplesso. Per discutere delle leggi bisogna avere una soggettività politica e partecipare alla funzione di indirizzo politico. L’Anm dovrebbe limitarsi a occuparsi delle questioni sindacali, interloquendo con il ministero della Giustizia”, conclude Cioffi.
L’Anm, intanto, guarda con ansia allo sciopero di oggi. La dirigenza non ha indicato una soglia minima di adesione che permetterebbe di parlare di “successo”. I magistrati più esperti, però, fissano l’asticella al 75-80 per cento. Al di sotto di questa soglia, sarebbe legittimo parlare di flop.