
(foto Ansa)
la riflessione
Il governo contro la Cassazione, nuovo fronte del conflitto
La decisione delle Sezioni unite sul risarcimento ai migranti ha innescato nuove reazioni scomposte della politica. Incurante del merito. Perché tutto si gioca sulla natura del prossimo Csm
Solo pochi giorni addietro nell’ incontro con l’Anm il governo, pur con tono garbato, aveva chiuso a ogni ipotesi di modifica della riforma sulla separazione delle carriere. Gli “insulti” (tali definiti dalla presidente Cassano) da parte di esponenti di massimo livello del governo a fronte della decisione sui migranti della Corte di Cassazione, nella sua massima espressione a sezioni unite, ci propongono una conferma e una novità.
La conferma: non di separazione di carriere si discute, ma di “riequilibrio” tra i poteri dello stato. Non nel senso di assunzione di responsabilità da parte della politica o di intervento del legislatore per colmare dei vuoti (vedi fine vita), ma di attacco alla indipendenza della magistratura. L’obbiettivo è l’organo che la Costituzione ha posto a presidio della indipendenza della magistratura tutta, giudici e pm. Il Csm, “pietra angolare” del nuovo ordinamento giudiziario, come ebbe a definirlo in una sentenza del 1986 la Corte costituzionale, viene ridotto alla quasi irrilevanza. E’ spezzettato in due organi non comunicanti, gli si sottrae la competenza disciplinare e, soprattutto, attraverso il sorteggio dei componenti togati (secco o temperato che sia) se ne affida il funzionamento, appunto, al caso. Questione che non dovrebbe essere elusa dai sostenitori della separazione: per avere questa siete disposti a “ingoiare” tutti gli altri danni collaterali?
La novità è una nota di colore. Non si parla di toghe rosse, non si sa se per consiglio di un armocromista o per omaggio al sense of humor: tutti hanno visto in tv le sfilate dei magistrati di Cassazione che indossano una toga rossa. L’argomento: magistrato che emette provvedimento sgradito al governo= toga rossa è fallace. I magistrati sono cittadini, donne e uomini che votano, un campione dell’elettorato generale.
E’ presumibile che il voto politico recente abbia visto le toghe azzurro-nero-verdi in maggioranza su quelle giallo-rosso-viola. E’ altrettanto presumibile che decisioni sgradite al governo siano state adottate da toghe azzurre o nere o verdi: toghe che, come tutte le altre, nel decidere sulla singola questione, al di là delle loro opinioni di politica generale, hanno applicato la legge.
Una questione, infine, che non si può eludere. E’ in gioco l’indipendenza della magistratura, non in un prossimo eventuale futuro, ma qui e ora, non solo dei pm, ma anche dei giudici. Le decisioni di una magistratura indipendente devono essere ancorate alla legge, rispettose dei limiti della funzione giurisdizionale, ma possono, devono, quando ne ricorrano le condizioni, “disturbare il manovratore”. Il governo, sulla fiducia del Parlamento, è espressione della volontà popolare espressa con il voto, ma la magistratura è soggetta “soltanto” alla legge, alla Costituzione, alle convenzioni internazionali, al diritto europeo, non ai progetti di legge e tanto meno al “programma di governo”. Sono princìpi fondamentali dello stato di diritto. La “invasione di campo” di cui parla il vice premier Salvini vi è, ma non da parte della magistratura. Lo dice in termini inequivocabili l’ordinanza della Cassazione: “L’azione del governo, ancorché motivata da ragioni politiche, non può mai ritenersi sottratta al sindacato giurisdizionale quando si ponga al di fuori dei limiti che la Costituzione e la legge gli impongono, soprattutto quando siano in gioco i diritti fondamentali dei cittadini (o stranieri), costituzionalmente tutelati”.
Se gli “insulti” qualificano solo chi li lancia, più preoccupanti sono dichiarazioni apparentemente moderate nei toni, ma non nel contenuto. E anche silenzi come di fronte alle dichiarazioni dell’“amico” Elon Musk che invitata a licenziare i giudici dei casi sui migranti e plaudiva alla riforma sulla separazione delle carriere. Abbiamo poi un ministro della Giustizia che definisce “abnorme” il provvedimento di un giudice, dimenticando che sarebbe un illecito disciplinare che il ministro della Giustizia dovrebbe perseguire, che si propone come giudice di appello per la decisione del Tribunale di Roma sul sottosegretario Delmastro e inaugura, per la decisione del terzo grado di giudizio, le sezioni unite della Cassazione, un suo personale quarto grado.
L’indipendenza della magistratura è garanzia per tutti, anche per la politica, al di là delle contingenti maggioranze. Garanzia fragile, messa a rischio senza un “forte” organismo di tutela come il Csm della Costituzione del 1948, pur con le sue luci e le sue ombre.