Il pm Gianfranco Colace (Ansa) 

il procedimento disciplinare

"Sanzionare i magistrati del caso Esposito". La richiesta al Csm della procura generale della Cassazione

Ermes Antonucci

Trasferimento di sede e di funzioni, con la perdita di un anno di anzianità: è la sanzione chiesta al Csm nei confronti del pm di Torino Colace e della gup Minutella. Il senatore Esposito venne intercettato illegalmente 500 volte per tre anni

Trasferimento di sede e di funzioni, con la perdita di un anno di anzianità. E’ pesante la sanzione chiesta alla sezione disciplinare del Csm dalla procura generale della Cassazione nei confronti del pm di Torino Gianfranco Colace e della gup Lucia Minutella, protagonisti dell’incredibile caso che ha coinvolto l’ex senatore Stefano Esposito. Per tre anni (dal 2015 al 2018) Esposito, mentre era in carica, è stato intercettato indirettamente mentre parlava con un amico imprenditore e poi rinviato a giudizio per gravi reati (corruzione, turbativa d’asta, traffico di influenze), senza che né il pm Colace né la gup Minutella si siano prima rivolti al Senato per chiedere l’autorizzazione a utilizzare le captazioni, come richiesto dalla Costituzione. La condotta dei due magistrati è stata pesantemente censurata nel dicembre 2023 dalla Corte costituzionale, che ha rinvenuto una violazione delle regole costituzionali poste a tutela del Parlamento. Lo scorso anno Esposito è stato prosciolto nel merito da ogni accusa dal tribunale di Roma, a cui per competenza erano stati trasmessi gli atti. 

 

La procuratrice generale della Cassazione, Marilia Di Nardo, ha motivato la richiesta di sanzione disciplinare per Colace e Minutella rintracciando nella loro condotta una “grave violazione di legge determinata da ignoranza o negligenza inescusabile”, richiamando i contenuti della sentenza della Consulta. A dispetto di quanto stabilito dalla legge attuativa dell’articolo 68 della Costituzione (la n. 140 del 2003), infatti, il pm Colace – oltre a disporre gran parte delle intercettazioni indirette nei confronti di Esposito – giunse a chiedere il rinvio a giudizio di Esposito indicando quali fonti di prova anche le intercettazioni telefoniche che lo coinvolgevano, senza chiedere l’autorizzazione del Senato. In maniera altrettanto grave, la gup Minutella giunse a disporre il rinvio a giudizio, senza chiedere l’autorizzazione al Senato nonostante la difesa di Esposito avesse sollevato la questione di inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche. 

 

I difensori di Colace (l’ex magistrato Marcello Maddalena) e di Minutella (il procuratore aggiunto di Roma, Giuseppe Cascini) hanno incentrato la loro linea difensiva sulla presunta “difficoltà interpretativa della normativa in vigore”, e dunque della sua “opinabilità”. Per entrambi la giurisprudenza sarebbe pacifica: le questioni relative all’utilizzabilità o meno delle prove non sono di competenza del giudice dell’udienza preliminare, ma del giudice del dibattimento. Ma ciò non è assolutamente vero se a essere coinvolti sono dei parlamentari. Su questo la legge 140 del 2003, all’articolo 6, è chiarissima: “Qualora, su istanza di una parte processuale, ritenga necessario utilizzare le intercettazioni o i tabulati, il giudice per le indagini preliminari decide con ordinanza e richiede, entro i dieci giorni successivi, l’autorizzazione della Camera alla quale il membro del Parlamento appartiene o apparteneva al momento in cui le conversazioni o le comunicazioni sono state intercettate”. 

 

Sorprende, dunque, e non poco, che un magistrato in servizio a Roma come procuratore aggiunto, come Cascini, non conosca la normativa costituzionale. Così come un ex autorevole magistrato come Maddalena parli di “opinabilità” dell’interpretazione delle norme. Quest’ultimo, nel corso della sua arringa difensiva, ha anche affermato che “non è vero che le intercettazioni che coinvolgevano il senatore Esposito sono state poste a sostegno della richiesta di rinvio a giudizio” formulata da Colace. Si tratta di un’affermazione non vera: la richiesta di rinvio a giudizio si basava infatti su un’informativa finale della polizia giudiziaria in cui vengono riportate le 130 intercettazioni che coinvolgono Esposito ritenute rilevanti.

 

Nell’udienza di ieri è intervenuto a sorpresa proprio Colace, con dichiarazioni spontanee a dir poco paradossali. “Quando sono emersi i contatti tra l’imprenditore e il senatore Esposito mi sono chiesto cosa fare. Avrei dovuto dire al Senato che l’amico di un senatore forse corrompeva una talpa in procura e quindi chiedere l’autorizzazione per intercettarlo? Ho pensato che la strada non fosse questa”, ha detto. Ma nessuno ha mai sostenuto che le intercettazioni nei confronti dell’imprenditore andassero fermate: sarebbe bastato ordinare alla polizia giudiziaria di non intercettare le conversazioni tra questi e il senatore Esposito. Invece il pm è andato avanti per la sua strada e le prerogative parlamentari sono state violate 500 volte. Il 25 marzo la decisione della sezione disciplinare del Csm.
 

  • Ermes Antonucci
  • Classe 1991, abruzzese d’origine e romano d’adozione. E’ giornalista di cronaca giudiziaria e studioso della magistratura. Ha scritto "I dannati della gogna" (Liberilibri, 2021) e "La repubblica giudiziaria" (Marsilio, 2023). Su Twitter è @ErmesAntonucci. Per segnalazioni: [email protected]