il vertice

Nordio incontra i parlamentari di FdI dopo il caso Delmastro e tenta di blindare la riforma

Ermes Antonucci

Il ministro della Giustizia terrà oggi pomeriggio un incontro con i suoi colleghi di partito sulla riforma della separazione delle carriere, dopo il caso Delmastro, che al nostro giornale ha bocciato il testo. La linea del Guardasigilli: basta uscite a vuoto

Il ministro Nordio prova a blindare la riforma costituzionale della magistratura. Secondo quanto appreso dal Foglio, oggi pomeriggio il Guardasigilli terrà un incontro con i parlamentari di Fratelli d’Italia incentrato proprio sulla riforma della separazione delle carriere. “Il ministro parlerà della riforma”, riferiscono fonti di FdI. Indicazione singolare, se si tiene conto che il provvedimento è già stato esaminato e approvato alla Camera (con i voti anche di FdI), e ora è in corso di esame al Senato. E’ molto probabile, dunque, che l’intento del ministro sia lanciare ai colleghi di partito un messaggio molto chiaro, e cioè che la maggioranza non può più permettersi uscite “a vuoto” sulla riforma, come quella compiuta dal sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro delle Vedove, che a questo giornale si è lasciato andare a una sostanziale bocciatura della riforma concepita dal suo ministro. Non è noto se Delmastro, deputato, parteciperà all’incontro, anche se sarebbe sorprendente il contrario. 

 

In un convegno promosso alla Camera da Noi moderati, ieri il ministro Nordio ha chiarito definitivamente la posizione del governo sulla riforma, direttamente di fronte al presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Cesare Parodi: “La riforma sulla separazione delle carriere è assolutamente intoccabile, perché è già stata approvata da un ramo del Parlamento. I cittadini si esprimeranno con il referendum. Auspico che si arrivi al referendum con serenità e che il dibattito venga mantenuto su argomentazioni, tecniche, civili e razionali, senza pregiudizi e senza slogan. Chiunque vinca e chiunque perda, non è bene che venga umiliato”.

 

Affermazioni che hanno subito generato la reazione indignata del Pd, che con il senatore Alfredo Bazoli ha definito “insopportabile l’arroganza e la mancanza di senso delle istituzioni del ministro Nordio, che definisce ‘assolutamente intoccabile’ la riforma costituzionale della magistratura”: “Non si è mai visto un governo che impone alla sua maggioranza parlamentare di approvare una riforma costituzionale senza modifiche. La Costituzione non si cambia a colpi di maggioranza, e non si cambia impedendo al Parlamento di fare il suo lavoro”. 

 

Nel corso del convegno di ieri, Nordio ha ribadito che “la riforma non è punitiva nei confronti dei magistrati, ma è il precipitato logico della riforma del codice di procedura penale in senso accusatorio del 1988”. Argomentazione ripresa da Francesco Petrelli, presidente dell’Unione camere penali italiane, che ha ricordato come lo stesso Giuliano Vassalli, padre del nuovo codice, definì all’epoca la riforma come incompleta “perché non si era riusciti a procedere con la separazione delle carriere dei magistrati”. Allo stesso tempo anche Giovanni Falcone, ha ricordato Petrelli, “si espresse sull’inevitabilità della separazione delle carriere”.

 

Il presidente dell’Anm Parodi ha lasciato intendere di nuovo quale sarà l’argomento principale della campagna contro la riforma (insieme allo spettro del “pm che finirà sottoposto all’esecutivo”): “La riforma costituzionale non incide sull’efficienza del sistema giudiziario”. Un’argomentazione che, a differenza di quella sui rischi del pm (che assomiglia più a un processo alle intenzioni), coglie una questione reale e più che mai attuale. Non a caso il ministro Nordio ha dovuto ammettere: “Questa riforma non influisce sull’efficienza della giustizia, ma nessuno lo ha mai detto”. Su questo tema “vi chiediamo suggerimenti”, ha aggiunto Nordio rivolgendosi a Parodi, definito più volte “amico”, annunciando che giovedì 27 marzo terrà un incontro proprio con la giunta dell’Anm “dove parleremo di efficienza del sistema giustizia”. 

 

Insomma, il ministro della Giustizia è consapevole del fatto che, più sull’enunciazione di princìpi legati alla garanzia di un giusto processo, l’esito della campagna sulla separazione delle carriere si giocherà sul terreno dell’efficienza della giustizia, ben presente nell’esperienza quotidiana di cittadini e imprese. Peccato che gli ultimi dati resi noti dallo stesso ministero della Giustizia sull’andamento della giustizia, soprattutto civile, in relazione agli obiettivi del Pnrr non sono affatto confortanti. 
 

  • Ermes Antonucci
  • Classe 1991, abruzzese d’origine e romano d’adozione. E’ giornalista di cronaca giudiziaria e studioso della magistratura. Ha scritto "I dannati della gogna" (Liberilibri, 2021) e "La repubblica giudiziaria" (Marsilio, 2023). Su Twitter è @ErmesAntonucci. Per segnalazioni: antonucci@ilfoglio.it