
il caso
Lo sgarbo a Mattarella dietro la mancata nomina del nuovo capo delle carceri
Da tre mesi il dipartimento del ministero della Giustizia per l’amministrazione penitenziaria è senza un capo. Dietro la stasi si cela uno sgarbo istituzionale del ministero nei confronti del capo dello stato, non informato preventivamente della nomina proposta da Delmastro
Oggi alla Camera si terrà una seduta straordinaria sull’emergenza carceri (venti i suicidi fra i detenuti da inizio anno). L’aspetto più incredibile è che da tre mesi il Dap, cioè il dipartimento del ministero della Giustizia per l’amministrazione penitenziaria, è senza un capo, dopo le dimissioni di Giovanni Russo il 20 dicembre. Il ministero ha subito avviato la procedura per promuovere la vice, Lina Di Domenico, senza però interloquire prima con il presidente della Repubblica, che, in quanto capo delle Forze armate, è tenuto a firmare il decreto di nomina. Uno sgarbo istituzionale che ha generato l’imbarazzante stasi.
Russo si è dimesso il 20 dicembre, soprattutto a causa del pessimo rapporto con il sottosegretario Andrea Delmastro, che ha la delega sulla polizia penitenziaria, corpo con cui l’esponente di Fratelli d’Italia ha da tempo instaurato una relazione strettissima. A rendere ancora più complicato il rapporto tra i due ci ha pensato la vicenda giudiziaria che ha investito proprio il sottosegretario (portando alla sua condanna in primo grado a otto mesi), legata alla divulgazione dei verbali secretati dell’anarchico Cospito. Ascoltato come testimone nel processo, infatti, l’allora capo del Dap Russo contribuì a mettere nei guai Delmastro: “Su richiesta del sottosegretario Delmastro, gli inviai due relazioni sul caso del detenuto Cospito, entrambe con la clausola ‘a limitata divulgazione’, che quindi sarebbero dovute rimanere all’interno dell’amministrazione”. Queste dichiarazioni hanno di fatto messo la parola fine al rapporto tra i due.
Leggendo il carteggio tra il ministero della Giustizia e il Consiglio superiore della magistratura si scopre che il giorno stesso delle dimissioni di Russo, il 20 dicembre, gli uffici di Via Arenula hanno chiesto al Csm di confermare il collocamento fuori ruolo di Russo, trasferendolo al ministero degli Esteri, e, nella stessa data, di confermare il fuori ruolo anche per la vicecapo del Dap, Lina Di Domenico, per farle assumere l’incarico di capo del medesimo dipartimento.
Di Domenico è ritenuta vicinissima a Delmastro: con la sua promozione il sottosegretario meloniano metterebbe definitivamente il cappello sulla gestione di una struttura così importante come il Dap. L’8 gennaio il Csm ha dato il via libera a entrambe le richieste del ministero della Giustizia. Da allora, però, l’iter si è bloccato. Il ministro Nordio non ha mai portato la proposta di nomina di Di Domenico al Consiglio dei ministri.
La ragione dietro questo stop, secondo quanto riferiscono fonti di Via Arenula, è da ricondurre a ciò che viene ritenuto uno sgarbo nei confronti del Quirinale. La nomina di Di Domenico è stata annunciata ai media e proposta al Csm senza che il presidente Mattarella, come da prassi, fosse stato preventivamente informato. Spetta all’inquilino del Quirinale, che è anche capo delle Forze armate, infatti, firmare il decreto di nomina del capo del Dap. Una questione a dir poco delicata.
Dopo le dimissioni di Russo, Di Domenico è diventata capo del Dap facente funzioni, ma l’adozione di alcune decisioni richiede la presenza di un capo e di un vice. In altre parole, la situazione non può durare ancora a lungo. Anche se è difficile che la faccenda possa sbloccarsi prima del 25 marzo, anniversario della fondazione della Polizia penitenziaria.
Come se non bastasse l’assenza di un capo del Dap, a rendere ancora più imbarazzante la gestione dell’emergenza carceraria è il sostanziale “commissariamento” da parte del governo del commissario per l’edilizia carceraria, Marco Doglio, nominato a settembre. Visti i ritardi con cui sta procedendo il cronoprogramma stabilito per aumentare il numero dei posti per i detenuti, Doglio (il cui incarico da 100 mila euro lordi all’anno scadrà il 31 dicembre 2026) è stato strigliato prima da Nordio e poi dalla premier Meloni, che ha deciso di tenere una riunione con il commissario ogni quindici giorni per conoscere i progressi compiuti. Insomma, di fronte all’emergenza carceraria al ministero della Giustizia sembra dominare il caos.