
Gianni Chiodi (foto Ansa)
l'intervista
L'ex governatore abruzzese Chiodi assolto dopo 11 anni: "Sono stato sputtanato e fatto fuori dalla politica"
L'ex presidente della regione assolto nel processo sui tetti di spesa delle cliniche private: “Sono stato l’unico politico processato per non aver favorito la sanità privata”, scherza. Ma la vicenda giudiziaria, iniziata nel 2014, ha prodotto danni devastanti sulla sua vita
“Sono stato assolto al termine di un processo durato sette anni e mezzo, scaturito da un’indagine del 2014. In tutto ho subìto quattro processi, nei quali sono sempre stato assolto. Nel frattempo sono stato sputtanato e fatto fuori dalla politica. Ho avuto problemi famigliari: mi sono separato, non è stato facile spiegare alle mie tre figlie che ero estraneo alle accuse. Sul piano professionale i danni sono stati pesanti”. A parlare al Foglio è Gianni Chiodi, presidente della regione Abruzzo dal 2009 al 2014. Nei giorni scorsi è stato assolto dal tribunale di Pescara nel processo sui tetti di spesa delle cliniche private. “Sono stato l’unico politico processato per non aver favorito la sanità privata”, scherza con amarezza Chiodi, che per vedersi assolto ha rinunciato alla prescrizione.
Secondo l’iniziale accusa della procura pescarese (che poi alla fine del processo ha chiesto l’assoluzione dell’ex governatore), nel 2010 Chiodi, in qualità di commissario per l’attuazione del piano di rientro dai disavanzi del settore sanitario, avrebbe fatto firmare alle cliniche private contratti di prestazione di assistenza ospedaliera, collegando la firma allo sblocco del pagamento dei crediti che le aziende stesse vantavano nei confronti della regione. Da qui l’accusa di violenza privata. Il procedimento ha preso il via proprio da un esposto di Luigi Pierangeli, imprenditore della sanità privata a capo del gruppo Synergo. “Secondo i pm, le mie minacce o pressioni consistevano in una telefonata nella quale avevo invitato le cliniche a firmare prima delle scadenze previste, altrimenti sarei stato costretto ad avviare le procedure di disaccreditamento, come stabilito dalla legge”, spiega Chiodi, definendo il suo caso “kafkiano”.
“Se io avessi dato alle cliniche più risorse, come era avvenuto in passato, creando deficit pazzeschi, nessuno mi avrebbe contestato nulla. Invece io che ho ridotto di 80 milioni di euro l’anno il budget alle cliniche private mi sono ritrovato sotto processo. Infatti il governatore successivo, Luciano D’Alfonso, che non è sciocco, la prima cosa che ha fatto è stato aumentare la spesa per la sanità privata”. “Quando divenni presidente – prosegue Chiodi – scoprii che la regione dava circa 300 milioni di euro al sistema privato della sanità senza contratti! Io venivo dall’attività di sindaco di Teramo, pensavo che occorresse fare una gara anche solo per comprare una matita, quindi pensai: ‘Se non facciamo il contratto qui andiamo in galera’. Invece, paradossalmente, proprio perché stavo facendo firmare il contratto tra poco volevano mettermi in galera”.
“Bisogna ricordare che in Abruzzo le cliniche private rappresentano delle lobby potentissime, non solo per i rapporti con la politica, ma anche per il loro potere mediatico. Ad esempio, Pierangeli è proprietario del principale quotidiano regionale, il Centro, e della principale televisione locale, Rete 8”, sottolinea Chiodi. “Non a caso la notizia della mia assoluzione sul Centro non è stata neanche riportata. Potevo aspettarmelo dall’editore, ma non dal direttore, Luca Telese, che fa il moralista spesso e volentieri. Tra l’altro dare una notizia dovrebbe essere dovere dei giornalisti, invece è stato tutto occultato. Anche i giornali nazionali, che pur si erano spesso occupati della vicenda, non hanno pubblicato niente”.
Chiodi venne indagato per la vicenda delle cliniche private nel 2014 in concomitanza con l’indagine sulle presunte irregolarità sui rimborsi regionali (la cosiddetta “Rimborsopoli”). “Tutto avvenne a tre mesi dalle elezioni regionali. Con ‘Rimborsopoli’ sono stato sputtanato in tutta Italia. Ci furono trasmissioni in televisione, prime pagine dei giornali. Alla fine anche in questa vicenda sono stato assolto perché il fatto non sussisteva, insieme a tutti gli altri consiglieri e assessori imputati”, ricorda Chiodi. “Tutto ciò mi ha fatto fuori dalla politica e ha creato problemi molto pesanti sul piano famigliare e lavorativo”.
“Il problema, oltre alla lunghezza del processo, è la superficialità con la quale si svolgono le indagini. La polizia giudiziaria va solo alla ricerca a carico degli indagati, c’è una totale irresponsabilità dei magistrati, e così partono processi che molto spesso sono mal istruiti e diventano finalizzati alla ricerca della prova. Questo determina un allungamento dei tempi. La sanzione, quando arriva, è tardiva. Quando invece arriva la ‘riabilitazione’, questa oltre che tardiva è beffarda. La beffa massima è vedere che coloro che hanno sbagliato hanno fatto carriera, grazie proprio a quelle indagini eclatanti”, dice Chiodi.
“L’impressione è che nessuno monitori il successo o l’insuccesso delle indagini. Il problema si può risolvere soltanto se si spingono i magistrati a essere prudenti nelle indagini: perseguire davvero quando è necessario, ma andare con i piedi di piombo laddove non ci sono certezze sulle accuse. Perché il rischio è quello di far male veramente alle persone. Chi ha potere deve giurare di non abusarne. Questo vale per i politici, ma pure per i magistrati”, conclude l’ex governatore.
