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calcio e scommesse?

Il reato è poca cosa, ma i nomi dei calciatori sono già nel ventilatore. Scandali italiani

Maurizio Crippa

Il reato principale riguarda, in pratica, le false fatture che, con l’aiuto di una gioielleria connivente, servivano a pagare i debiti di gioco attraverso finti acquisti di Rolex. Le piattaforme illegali, il sottobosco, e quel sospetto morale sui giovani viziati

"Scommesse sui siti illegali, i nomi dei 12 calciatori di Serie A indagati: da Fagioli a Tonali, da Bellanova a Di Maria. I debiti pagati con acquisti simulati di Rolex”. Leggere la notiziona da tabloid della sera d’antan, quando almeno c’era Nino Nutrizio, e farsi persuasi, come diceva quello, di essere di fronte alla solita bolla mediatica insufflata per un’inchiesta di poco conto – siamo ai pagamenti in Rolex, non al Totonero – è stato tutt’uno. Verificato poi che l’inchiesta rientra nel filone delle molte sportivo-mediatizzate della procura di Milano – dalla Fondazione Milano-Cortina che forse è pubblica anche se invece no, alla “vendita simulata” del Milan (abbiamo notizie recenti?) al possibile danno erariale per la vendita nemmeno avvenuta né avviata dello stadio Meazza – tutto in effetti torna in una dimensione di normalità. Per così dire. A squillare la notizia con tutti i nomi, dodici come gli apostoli del Vizio, è il Corriere della Sera, e anche qui è da tempo la normalità. Scopriamo che “gli episodi risalgono al 2021-2023” – campa cavallo, ma sarà senz’altro colpa della separazione delle carriere – e i fatti, di gravità tale da meritarsi i caratteri cubitali, “sono emersi spulciando le chat dei telefoni di Sandro Tonali e Nicolò Fagioli, già sanzionati dalla giustizia sportiva” (qui invece il sommario è di Repubblica). Ancora quella storia. I due calciatori, va ricordato, hanno già pagato per quei comportamenti il fio alla Giustizia sportiva, con le pesanti squalifiche e persino con quegli autodafé discutibili, a metà fra la terapia di gruppo e la gogna con le scolaresche, cui hanno dovuto sottoporsi. Avevano scommesso sulle partite di calcio, cosa giustamente vietata dalla giustizia sportiva italiana e internazionale. Ma sono stati puniti. Che altro? C’è che adesso arriva la magistratura penale, ma in realtà la ciccia dell’inchiesta riguarda i calciatori soltanto di rimbalzo, come un fallo laterale.

  

Un fallo non così grave, ma evidentemente “compiuto senza badare alle pericolose conseguenze”, come dicono quelli del Var quando devono spiegare le scelte arbitrarie degli arbitri. Al centro dell’inchiesta milanese (la prima era invece nata a Torino) c’è infatti la richiesta d’arresto per cinque “gestori” legati alle piattaforme di scommesse illegali. Il reato principale riguarda, in pratica, le false fatture che, con l’aiuto di una gioielleria connivente, servivano a pagare i debiti di gioco attraverso finti acquisti di Rolex.

 

Se si va oltre i titoloni, si apprende però che “nessuno dei giocatori coinvolti si è mai ‘venduto’ le partite”. Anzi a parte i rei già confessi e già puniti, Tonali e Fagioli – e che la stessa Figc ha già riabilitato e beatificato mercé le convocazioni di monsignor Spalletti – per gli altri calciatori risulta, al momento, che avessero scommesso su altri sport, e soprattutto sul poker online. Tutte attività che la giustizia sportiva, ovviamente, ritiene lecite. Che cosa se ne facciano poi i giocatori dei propri “favolosi ingaggi”, espressione immaginifica che evidentemente turba le coscienze di un paese pauperista ma col culo degli altri, sono fatti loro. Dal punto di vista dello “scandalo” sportivo – roba da sbattere in pagina persino un difensore della Juventus e nel giro della Nazionale per avere prestato dei soldi a un collega amico per saldare i debiti: e infatti “non è indagato” – se non emergeranno per i calciatori coinvolti scommesse che invece riguardano il calcio, l’infaticabile Giuseppe Chiné, capo della procura federale della Figc, resterà a bocca asciutta. Per il resto, i reati emersi non sono gran cosa: Tonali e Fagioli, per l’accusa è che abbiano fatto da collettori per attirare nel giro altri colleghi parimenti annoiati dal tran-tran dei ritiri (e se il rimedio fosse farli giocare di più?) rischiano un “arresto fino a tre mesi” (sempre ricordare che in Italia può comunque succedere di tutto) e una ammenda fino a 500 euro, nemmeno mezzo cinturino di Rolex, per avere giocato su piattaforme illecite. Se per gli altri giocatori risultasse “solo il poker online”, come informa con precisione Luigi Ferrarella, rischiano una multa di ben 250 euro. Ovviamente i nomi dei “gestori” delle scommesse illegali fanno meno rumore di quelli dei calciatori, così tutti i siti online ieri, e i giornali, oggi parlano invece dei calciatori. E certo, partecipare a giochi su piattaforme non autorizzate dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli – la strada più dritta per la nostra Pubblica amministrazione è come sempre l’arzigogolo – è cosa disdicevole, punita con ammende. Ma come sempre, sulle vite di questi ragazzi troppo famosi peserà l’accusa e la gogna dei cattivi comportamenti, nonché la retorica mediatica e sociale per i danni della ludopatia. E in più il cattivo esempio, signora mia. Cinquecento euro di multa possono bastare?

  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"