
Gaetano Manfredi (foto Ansa)
caos tributario
Il pasticcio sulle tasse del comune di Napoli e il richiamo della Consulta
Il presidente della Corte costituzionale richiama l’attenzione sul rischio di un “uso distorto del potere legislativo” con l'approvazione di norme retroattive. Proprio ciò che è accaduto per risolvere il pasticcio compiuto dalla giunta Manfredi sulla riscossione dei tributi
Illustrando la relazione sull’attività svolta dalla Corte costituzionale nel 2024, il presidente della Consulta Giovanni Amoroso ieri ha richiamato l’attenzione sul rischio di un eventuale “uso distorto del potere legislativo”, fenomeno che emerge soprattutto nel caso di approvazione di “norme retroattive mirate a influire sull’esito di giudizi in corso di cui sia parte la pubblica amministrazione”. Il presidente Amoroso ha spiegato come il Parlamento abbia tutto il diritto di “adottare leggi di interpretazione autentica per chiarire il significato di disposizioni precedenti”, ma ha sottolineato l’importanza del “principio di non retroattività della legge, fondamentale valore di civiltà giuridica”. Seppur non riferite a un caso specifico, le parole del presidente della Consulta sembrano applicarsi perfettamente a quanto avvenuto attorno al pasticcio sulle tasse compiuto dal comune di Napoli. Riassumiamo la vicenda.
L’amministrazione guidata da Gaetano Manfredi nel 2023 ha affidato la riscossione dei tributi locali e delle sanzioni non pagate a una società, Municipia Spa, che a sua volta ha delegato queste attività a una sua controllata, una società di scopo chiamata Napoli obiettivo valore (Nov). Quest’ultima ha subito avviato un’intensa campagna di riscossione, inviando circa 400 mila ingiunzioni di pagamento, incassando tra ottobre 2023 e marzo 2024 oltre 35 milioni di euro tra recupero di Tari, Imu e violazioni del codice della strada.
Quando tutto sembrava andare a gonfie vele, si è scoperto tuttavia che Nov non risultava iscritta all’albo ministeriale previsto per le società di riscossione e non possedeva il capitale sociale minimo richiesto dalla legge. Alcuni cittadini hanno così fatto ricorso contro le notifiche ricevute. In un caso la Corte di giustizia tributaria di Napoli ha dato ragione a un contribuente che si era visto recapitare una cartella della Tari, sottolineando che “la mancata iscrizione nell’apposito albo rende illegittima la posizione della società, rendendola carente di legittimazione attiva”. I ricorsi si sono moltiplicati e di fronte a questa montagna di contestazioni la Corte di giustizia tributaria ha deciso di inviare la questione alla Cassazione, chiedendo di esprimersi sulla legittimità degli atti emessi da Nov.
Nel frattempo il pasticcio compiuto dalla giunta Manfredi aveva assunto una rilevanza economica e politica non da poco. Se la Cassazione avesse dato ragione ai ricorrenti (cosa probabile, visto il parere favorevole del procuratore generale), il comune si sarebbe ritrovato con un buco stimato in 116 milioni di euro, derivanti dalla riscossione. Il sindaco Manfredi, sempre molto abile a tessere rapporti politici trasversali (non a caso è stato eletto presidente dell’Associazione nazionale comuni italiani con il voto unanime di tutti i delegati), è riuscito nell’impresa di far approvare in Parlamento – con il voto favorevole del centrodestra – un emendamento al decreto Milleproroghe che contiene un’interpretazione autentica della legge del 1997 che disciplina l’albo dei soggetti abilitati all’accertamento dei tributi.
La legge del 1997, si afferma, va interpretata nel senso che essa consente alle società nelle condizioni di Napoli obiettivo valore di operare regolarmente, e questo in virtù di norme entrate in vigore nel 2016 e nel 2023. Un’assurdità giuridica. Non solo, si afferma anche che la misura ha carattere retroattivo, così sanando la legittimità delle cartelle già inviate. Alla faccia del “principio di civiltà giuridica di non retroattività” richiamato ieri dal presidente della Consulta Amoroso.
Il sindaco Manfredi ha “ringraziato le forze parlamentari di maggioranza e opposizione” per aver dato il via libera all’emendamento. La Cassazione non ha potuto che prendere atto della nuova disciplina normativa, non esprimendosi quindi sulla questione che era stata sollevata.
Le associazioni dei contribuenti e gli avvocati tributaristi restano però sul piede di guerra e sono pronti a rivolgersi proprio alla Corte costituzionale per contestare la legittimità della norma approvata dal Parlamento. Questa, infatti, non solo appare avere carattere “innovativo” anziché “interpretativo”, ma contrasta in modo palese con il principio di non retroattività. Il tutto per risolvere un pasticcio della giunta di Napoli.
