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Nell'inchiesta sulla Tirrenia gogna per tutti, tranne che per i magistrati
Pubblicati i nomi di tutti gli indagati eccetto due toghe: la giustizia rispetta la privacy, ma solo per alcuni
La procura di Genova, nell’ambito di un’inchiesta sulle irregolarità che sarebbero state commesse dalla Tirrenia, ha iscritto nel registro degli indagati una quarantina di persone, per alcune delle quali ha chiesto misure cautelari. Quello che è stato descritto dagli inquirenti come un “tariffario della corruzione” riguarda la decisione della compagnia di regalare viaggi gratuiti o fortemente scontati a funzionari portuali, dagli ammiragli fino ai nostromi e ai semplici addetti delle capitanerie dei porti dove sbarcavano i traghetti. Nell’elenco compaiono anche due magistrati, ai quali è stato riservato il diritto alla privacy, mentre di tutti gli altri sono state fornite le identità.
La ragione tecnica di questo rispetto selettivo dei diritti è che la competenza sui procedimenti contro i magistrati genovesi spetta al tribunale di Torino, al quale sono stati inviati gli atti. Le identità di tutti gli altri, invece, sono state rese pubbliche, tanto che Il Fatto Quotidiano ne ha pubblicato l’elenco. Naturalmente saranno i processi a stabilire se l’aver ricevuto dei benefit configuri il reato di corruzione, ipotesi che appare assai dubbia, a meno che non emergano prove di comportamenti o decisioni illegali da parte degli indagati.
Comunque, seguendo la logica distorta dello “sbatti il mostro in prima pagina”, la pena accessoria dell’esibizione mediatica è già stata comminata. Il teorema della procura è che Tirrenia avrebbe eluso o violato norme (il che ha comportato il sequestro di tre navi) e che, per coprire questi reati, avrebbe “corrotto” chi avrebbe dovuto o potuto indagare su tali irregolarità.
Anche i nostromi? Anche i semplici addetti delle capitanerie di porto? Serviranno prove di omissioni o di comportamenti non regolari: non basta certo l’aver ricevuto in regalo qualche viaggio.
Insomma, sembra che la cosiddetta Traghettopoli, per ora, sia più basata sull’enfasi accusatoria che su basi solide e prove certe, con l’aggravante del rispetto selettivo del diritto alla riservatezza degli indagati.
