(foto Ansa)

l'evento del foglio

Di cosa parliamo quando parliamo di smart city? Delle idee di studenti preparati e per nulla lamentosi

All'evento organizzato dal nostro giornale si è discusso sulle città che verranno. I due bellissimi interventi degli studenti di mOve – il laboratorio sperimentale del DEIB (Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria) del Politecnico di Milano e gli studenti del Dipartimento di Management and Technology dell’Università Bocconi

Di cosa parliamo quando parliamo di Smart City? Perdonate l’inizio un po’ telefonato e non di ultima generazione, e poi in questo caso si dovrebbe usare il plurale, “smart cities”. Perché non c’è come partecipare a una mattina di interventi ed esempi come quella organizzata dal Foglio ieri a Milano nella Sala delle colonne di Banco BPM – “Smart City Italia 2024 - le città come incubatrici i innovazione” – per rendersi conto che le idee i cosa sia “smart” applicato alle città siano tante quante sono i punti di vista e le competenze (e se avessimo raddoppiato gli ospiti, il risultato sarebbe aumentato geometricamente). E non perché le città siano “tower” di Babele (suggestivo l’accostamento dell’architetta-urbanista Lorenza Baroncelli delle immagini di città di cento anni fa, tutte diverse, con quelle di oggi: l’infinita replica del format-grattacielo), le risposte necessarie sono tante quante i problemi e i desideri. E le risposte sono possono essere asimmetriche, e costringere a modificare i soliti punti di vista. Come quando Renzo Macelloni, sindaco di Peccioli in Toscana – il classico “piccolo borgo” di cui spesso ci si bea, ma lui dice “non capisco chi dice che dovremmo stare fermi” – spiega come siano partiti “da una piccola pozzanghera di percolato” per innescare una trasformazione ecologica, gestionale e sociale che oggi fa scuola. L’elenco dei relatori e il riassunto degli interventi non può trovare spazio qui, trovare tutto sull’online e ne vale davvero la pena.

 

Però, siccome lo spirito era ragionare sul futuro delle città “con uno sguardo ottimistico su algoritmi e rivoluzioni possibili”, cioè il futuro delle nostre città e di chi ci abiterà, due immagini rimangono come suggestioni. E sono i due bellissimi interventi degli studenti di mOve – il laboratorio sperimentale del DEIB (Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria) del Politecnico di Milano e gli studenti del Dipartimento di Management and Technology dell’Università Bocconi. Perché le città del futuro saranno il loro habitat. Abbiamo ascoltato ieri analisi con dati e big datasul Covid che ha cambiato il modo di vivere ma non le città, che per abitarci soprattutto i giovani cercano il 10 per cento di meno, si va via. Che la differenza la fa l’intelligenza dei trasporti e la “smart socialicy”. Che i dati della demografia indicano invece che città come Milano, e tutte quelle innovative, i giovani li attirano, anzi non abbastanza. E allora gli studenti di mOve sperimentano auto a guida autonoma, raccontano il progetto Aida, Artificial Intelligence Driving Autonomous, perché vivere in città sarà migliore con meno auto ma con sistemi di connessione e sharing  oggi inimmaginabili. O non immaginabili per chi non abbia visto le performance della loro auto prototipo partecipare alla Mille Miglia su e giù per la Penisola. Gli studenti del dipartimento Management and Technology della Bocconi hanno presentato unprogetto per la gestione  dei rifiuti RAEE, i Rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, con lo studio su un “digital passport” abbinato a ogni dispositivo che può migliorare la tracciabilità e lo smaltimento. E lo studio (si parla di Bolzano) per un innovativo sistema di storage termico stagionale sotterraneo per un teleriscaldamento di quinta generazione. Giorgio Gori ha raccontato il “Progetto Longevità” di Bergamo per consentire un invecchiamento sicuro e migliore a un popolazione destinata a invecchiare. Ma l’immagine delle Smart City sono loro. Studenti con un futuro smart.

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