festa dell'ottimismo

Pinker: "Guardiamo con nostalgia ai bei vecchi tempi perché non ci ricordiamo com'erano"

"Il problema delle buone notizie è che non fanno i titoli dei giornali", spiega lo scienziato e psicologo americano alla Festa del Foglio. "Oggi siamo meno poveri, viviamo più a lungo e muoriamo meno in guerra ma non ce ne accorgiamo". Spunti per un'ottimismo razionale

redazione

Teorico dell’ottimismo basato sui fatti e professore di Psicologia a Harvard, Steven Pinker è uno dei cento pensatori più importanti oggi secondo Time magazine. Lo ha intervistato Marco Bardazzi alla Festa dell'ottimismo 2024. Lo scienziato ha opposto una "visione del mondo basato sui dati" a una "basata sui titoli dei giornali", che sono una delle spiegazioni per il "pessimismo che predomina nell'opinione pubblica oggi". "La natura stessa delle notizie tende a prediligere l'inusuale e il negativo. Potremmo raccontare che negli ultimi anni un miliardo di persone è uscito dalla povertà, che l'aspettativa di vita è cresciuta sempre e che i morti in guerra oggi sono meno che negli anni 60 e 70, ma non possiamo scriverci titoli di giornale".

È il "negativity bias, che ci spinge a essere maggiormente attratti dal negativo", anche perché le cattive notizie "garantiscono maggiore seguito sui social", in un periodo in cui "si vive tutto in tempo reale e tutti possono 'fare i giornalisti', cosa che cambia la percezione del pubblico". "La ricerca dimostra non che ci dimentichiamo delle cose brutte", spiega Pinker, "ma ci dimentichiamo di quanto fossero brutte. Per esempio non ci ricordiamo di quanto fu distruttiva la guerra in Vietnam".

Sulla tendenza a censurare le opinioni divergenti che cresce nelle università americane e va contro il progresso della scienza, Pinker ha una spiegazione: "I professori sono per la maggior parte di sinistra, e tendono ad assumere persone che la pensano come loro. Ma l’unica maniera per progredire nella ricerca è dibattere con chi la pensa diversamente". "I programmi di diversità e inclusione nelle università e nelle aziende", prosegue lo scienziato, "tendono ironicamente a escludere, perché pongono una serie di standard per poter essere accolti. Cosa che porta ad adeguarsi e conformarsi alla mentalità dominante".

"Se guardiamo i trend globali, la situazione delle democrazie non sta peggiorando rispetto agli autoritarismi", conclude Pinker. "La democrazia è sfidata dalla viralità dei social e dal fatto che non è il sistema più naturale per governarsi, quale sarebbe invece avere un leader forte che comanda. Ma quello democratico resta il sistema migliore".