La Santa Europa
Brasile. Israele. Corea del sud. Albania. Turchia. Sri Lanka. Ecuador. Cuba. Stati Uniti. Messico. Kenya. Uganda. Filippine. A scorrere la lista dei suoi viaggi apostolici, si può almeno affermare che l’Europa non sia stata esattamente una priorità nell’agenda di Papa Francesco. Se Benedetto XVI aveva scommesso tutto sulla rievangelizzazione del Vecchio continente attraverso visite (andò ben tre volte nella Spagna zapaterista) e discorsi come quello al Bundestag di Berlino, Papa Francesco è come se ignorasse l’Europa, come se la ritenesse persa, come se per lui non fosse una battaglia aperta, ma una partita già finita. Non solo. Nel suo importante discorso per il Premio Carlo Magno, che gli hanno assegnato a Roma una settimana fa, il Papa ha detto che l’identità dell’Europa è “multiculturale”. Si invera la profezia fatta da Philip Jenkins, grande studioso di religione, che a ridosso del Conclave che ha eletto Bergoglio disse: “Sceglieranno qualcuno del Global South? Oppure un altro europeo che potrà aver successo laddove Benedetto ha fallito?”. Il santo rappresentante del Global South ha spinto sempre più a sud i confini dell’Europa, compiendo viaggi spettacolari a Lesbo e a Lampedusa, ma mai nel cuore del Vecchio continente.
“Sì, i popoli europei hanno arricchito la loro cultura imparando dagli altri, ma hanno anche difeso la peculiarità delle loro culture, e, col passare degli anni e con gli Asburgo sbiaditi, hanno sempre fatto così dietro confini nazionali che hanno creato uno spazio per un’Europa diversa in cui svilupparsi e prosperare, qualcosa di molto diverso dall’Europa multiculturale che il Papa sembra descrivere”, gli ha risposto Andrew Stuttaford sul giornale conservatore americano National Review.
Papa Francesco insignito del premio Carlo Magno 2016 in Vaticano (foto LaPresse)
Anche fra i conservatori francesi c’è grande disappunto. “Il Papa parla sempre di ‘Europa dei popoli’, ma mai di ‘Europa delle nazioni’”, scrive il francese Eric Zemmour. “Il capo della cristianità ha rinunciato all’Europa”. Ma sarebbe disonesto accusare Papa Francesco di aver rinunciato all’Europa, quando è forse proprio quest’ultima ad aver abdicato a ciò che è stata nei secoli. La Arnhem Skate Hall, uno dei luoghi di ritrovo preferiti in Olanda per chi ama lo skateboard, un tempo era la celebre chiesa di San Giuseppe. Trasformata in parco giochi, l’ex chiesa cattolica romana di Arnhem è una delle centinaia di chiese olandesi dismesse. I leader cattolici del paese stimano che due terzi delle loro milleseicento chiese saranno fuori uso in un decennio, e settecento chiese protestanti olandesi saranno chiuse entro quattro anni. “La chiusura delle chiese in Europa riflette il rapido indebolimento della fede in Europa”, scrive il Wall Street Journal. Soltanto nella provincia olandese della Frisia, 250 chiese sulle 720 esistenti sono state chiuse o trasformate. La moschea di Fatih ad Amsterdam una volta era la chiesa di Sant’Ignazio. La chiesa di San Jacopo, una delle più antiche della città di Utrecht, una culla del cattolicesimo olandese, è stata recentemente trasformata in una residenza di lusso. Una libreria è stata aperta in una ex chiesa domenicana a Maastricht.
La chiesa d’Inghilterra chiude circa venti chiese all’anno. Circa duecento chiese in Danimarca sono ritenute “non vitali” e dismesse. La chiesa cattolica in Germania ha chiuso circa 515 chiese negli ultimi dieci anni. Tra il 1990 e il 2010, la chiesa evangelica tedesca ha chiuso 340 chiese. A Bristol, in Inghilterra, l’ex chiesa di San Paolo è diventata la scuola di formazione per il circo. Gli operatori dicono che i soffitti alti sono perfetti per apparecchiature come i trapezi. A Edimburgo, in Scozia, una ex chiesa luterana è diventata un bar Frankenstein. In Belgio, le chiese sono da tempo convertite in moschee. E’ successo la prima volta nel 1966, quando il vescovo di Liegi, monsignor Van Zuylen, autorizzò i musulmani a servirsi della cappella dell’Immacolata Concezione. Statue e oggetti di culto cristiano, crocifissi e quadri della Via Crucis, furono ricoperti di carta. La chiesa cattolica, che sorge nel centro della città belga, è stata così trasformata in una moschea. Alcuni anni fa, Niall Ferguson, uno dei più brillanti storici contemporanei, ha scritto sul New York Times che il futuro dell’Europa potrebbe essere “l’islamizzazione strisciante di una cristianità decadente”. Ogni viaggiatore in qualsiasi città europea moderna può notare le nuove moschee costruite lungo le chiese abbandonate e secolarizzate, alcune trasformate in moschee o musei. Il momento cruciale di “Sottomissione” di Michel Houellebecq è quando François, protagonista del romanzo e professore alla Sorbona, visita un santuario cristiano alla ricerca di una esperienza di conversione, solo per ritrovarsi impassibile. Questa è una realtà in tutta Europa.
La chiesa di Saint-Eloi nella regione francese di Vierzon è diventata una moschea. La diocesi di Bourges ha messo in vendita l’edificio cristiano e un’organizzazione musulmana, l’Association des Marocains, ha fatto l’offerta più generosa per acquistare il sito. A Quai Malakoff, Nantes, l’antica chiesa di San Cristoforo è diventata la moschea di Forqane. La moschea principale di Dublino è una ex chiesa presbiteriana. Per citare alcune chiese inglesi trasformate in moschee, la cattedrale di San Marco è ora chiamato moschea nuova Peckam, mentre la moschea di Disbury a Manchester era una chiesa metodista. A Clitheroe, Lancashire, le autorità hanno concesso il permesso di trasformare una chiesa anglicana in moschea. La chiesa di San Pietro a Cobridge è la moschea Madina. In Francia, dove Papa Francesco non ha ancora messo piede, la studiosa di religioni Danièle Hervieu-Léger ha scritto “Catholicisme, la fin d’un monde”. La sociologa francese ha usato un termine preciso, “exculturation”. E’ lo stesso Osservatore Romano, comparando i dati statistici su cattolici e musulmani praticanti, a scrivere che “è ipotizzabile il sorpasso dell’islam sul cattolicesimo francese”. Soltanto un francese su venti oggi partecipa alle funzioni cristiane. Persino la regione che ospita il santuario mariano più noto al mondo, Lourdes, è quasi ormai interamente scristianizzata e le uniche chiese che crescono sono quelle protestanti e qualche comunità lefebvriana. Hervieu-Léger non indica una crisi, relativa, ad esempio, alla perdita di fedeli, ma una regressione complessiva che sta conducendo il cattolicesimo alla fase terminale. Una crisi destinata a concludersi con la morte.
La Germania sta diventando una “società senza Dio”, dal titolo del libro di Andreas Püttmann. “La tendenza sul lungo periodo della religiosità in Germania mostra – a dispetto di tutti i tentativi di ridimensionarla – una tale caduta che si deve parlare di un’implosione di dimensioni epocali”, ha scritto Püttmann nel suo libro esplosivo. Il quotidiano tedesco Die Welt ha appena diffuso il rapporto annuale del Consiglio di esperti delle Fondazioni tedesche in materia di integrazione e migrazione (Svr), intitolato “Molti dèi, uno stato”. L’islam, è la conclusione, è oggi una parte importante della società tedesca. “La Germania è diventata un paese demograficamente multireligioso”, un fatto che dipende principalmente dalla migrazione di massa dei musulmani dal nord Africa e dal medio oriente, ma anche dal calo dei cristiani praticanti, che ha avuto anche un grande impatto nella crescita dell’islam in Germania. Detlef Pollack, professore di Sociologia della religione all’Università di Münster, predice che “almeno il settanta per cento delle persone in Germania” finirà per secolarizzarsi completamente, come è già successo nella ex Germania dell’est. Metà dei tedeschi ha smesso di andare a messa dal 1991 a oggi. La Germania avrà una minoranza cristiana del quindici per cento della popolazione nel giro di qualche anno. Come scrive la Welt, “i cristiani in Germania diventeranno una minoranza nei prossimi vent’anni”. Ogni anno, aggiunge la Faz, “la chiesa cattolica perde il dieci per cento dei suoi fedeli”.
Non solo il cattolicesimo è in drammatico declino anche a Vienna, ma è già stato sorpassato dall’islam come religione più praticata e presente negli istituti scolastici. La statistica arriva dallo Stadtschulrat für Wien, la commissione sull’educazione: gli studenti musulmani sono diventati maggioranza. Sarebbero 10.734 nelle scuole medie, contro gli 8.632 studenti cattolici. Non è isteria eurabica, ma una verità che poggia su precisi trend demografici. La storia d’amore fra l’Irlanda e la chiesa cattolica era, come ha scritto Ella Fitzgerald, “troppo calda per raffreddarsi”. Ma secondo un sondaggio Red C, gli irlandesi stanno perdendo la loro fede più velocemente rispetto ad altri paesi: sette anni fa, si diceva “religioso” il 69 per cento degli irlandesi, una quota che oggi è scesa di oltre venti punti al 47 per cento. Nella vicina Inghilterra vale la copertina del settimanale Spectator: “The last Christian”, dove si vede una anziana signora, unico fedele in una splendida cattedrale. “Si dice spesso che le congregazioni della chiesa della Gran Bretagna si stanno riducendo, ma questo non si avvicina a esprimere il livello del disastro cui si trova di fronte il cristianesimo in questo paese”, si legge nell’inchiesta.
Di recente, la Commissione per la religione e il credo nella vita pubblica britannica, in uno storico rapporto intitolato “Vivere con la differenza. Comunità, diversità e bene comune”, frutto di due anni di ricerche, sentenzia: l’Inghilterra non è più cristiana e quindi le sue istituzioni vanno decristianizzate, aprendole ad altre fedi. Tra il 2001 e il 2011 il numero di cristiani nati in Gran Bretagna è sceso di 5,3 milioni: diecimila ogni settimana. “Se questo tasso di declino continua, la missione di Sant’Agostino presso gli inglesi, insieme a quella dei santi irlandesi presso gli scozzesi, arriverà a termine nel 2067. Le nostre cattedrali sopravviveranno, ma non saranno vere cattedrali perché non avranno vescovi”. Forse Papa Francesco ha ragione: non ha senso continuare a perdere tempo con l’Europa, il futuro del cristianesimo si trova invece in una sperduta parrocchia delle Filippine, che contano più cattolici di qualsiasi paese europeo e che per numero di battesimi annui battono Italia, Spagna, Francia e Polonia messe assieme. “Les Philippines, fille aînée de l’Eglise”, figlia primogenita e prediletta della chiesa. Ma non suonava meglio quando lo si diceva della Francia? E il Premio Carlo Magno che ha ricevuto il Papa non viene forse assegnato a nome della città di Aquisgrana? Aldo Moro visitandola disse che era “il centro di un mondo unito che si regge su due pilastri fondamentali: l’ordinamento giuridico romano e la forza spirituale del cristianesimo”.
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