Morte ai peccatori
Orlando è un santuario di fantasia e di fuga, dove il divertimento trionfa sul lavoro. Una “Disney Dystopia”, come l’ha definita il New York Times. Ma quando Omar Seddique Mateen, trentenne musulmano di origine afghane, è entrato nella discoteca gay Pulse con una pistola e un fucile, per uccidere cinquanta omosessuali americani, non veniva da qualche terra straniera. Nato da genitori musulmani afghani del Queens, istruiti nelle scuole pubbliche della Florida, proveniva dalla prima generazione americana. Mateen non ha scelto un posto a caso per compiere la strage, ha scelto un night club. Un locale che frequentava, da cui era attratto e nello stesso tempo un posto che lo repelleva.
Anche il leader dei terroristi dell’11 settembre, Mohammed Atta, e altri quattro dirottatori, durante l’estate prima dell’attentato, avevano compiuto diversi viaggi a Las Vegas, dove erano stati intrattenuti da ballerine in topless. Secondo l’Fbi, Atta, il pilota del primo aereo dirottato che si è schiantato contro il World Trade Center, e i suoi complici trascorsero del tempo a Las Vegas al Bar Olimpico, uno strip club del centro. I fondamentalisti islamici, convinti che con il loro quadruplice volo mortale a Manhattan avrebbe guadagnato il piacere di vergini ansiose in cielo, avevano assaggiato alcuni dei piaceri proibiti nella capitale americana della decadenza. Samantha, una spogliarellista di ventinove anni, venne pagata per una lap dance da Marwan al Shehhi, il pilota del secondo aereo che cadde sul World Trade Centre. Alcuni dei dirottatori frequentarono un altro luogo del vizio, il Pink Pony, in Florida.
Quindici anni dopo, un’altra cellula, un altro night club. Salah Abdeslam balla in una discoteca di Bruxelles a pochi mesi dagli attentati nella capitale francese. Si diverte in un locale notturno insieme al fratello Brahim, fumano e flirtano con una donna bionda. E’ l’8 febbraio del 2015. Il 13 novembre dello stesso anno, Brahim si farà saltare in aria nella capitale francese, al Bataclan, dopo aver sterminato cento persone. I night club ossessionano il terrorismo islamista con il loro mix di alcol, promiscuità sessuale, droga e musica. Questi locali, con la loro vendita di alcolici, giovani donne disinibite, musica ad alto volume e il comportamento decadente, incarnano tutto quello che i fondamentalisti islamici odiano dell’occidente. Il night club londinese Tiger Tiger, situato tra Piccadilly Circus e Leicester Square, aperto durante la settimana fino alle due del mattino, nel 2007 è stato il bersaglio di un piano di attacchi terroristici dei kamikaze inglesi. Tre anni prima, una cellula di Crawley, nel West Sussex, con i membri addestrati nei campi terroristici del Pakistan, aveva preso di mira il night club Ministry of Sound, minacciando di farlo saltare.
Lo scorso febbraio, l’intelligence francese ha sventato un piano per attaccare i club privé di Parigi. I terroristi, di Lione, erano tutti di nazionalità francese e convertiti all’islam e stavano pianificando di partire per la Siria. Prima però avrebbero voluto punire i connazionali che frequentavano i cinquecento club privé che ci sono in Francia, i preferiti da Dominique Strauss-Kahn. Come Les Chandelles, che vanta un “viaggio affascinante nel cuore della sensualità” e offre “la sottile magia dell’erotismo”. Come il Taken Club sulla Ile Saint-Louis, l’isola nel mezzo della Senna e a due passi dalla cattedrale di Notre-Dame. Come l’Overside, nel sesto arrondissement, che offre 250 metri quadrati “dedicati al piacere”. Come Le Pluriel, “i cui i livelli di luce e suono sono appositamente progettati per soddisfare i tuoi piaceri”.
Il terrorista inglese Omar Khyam ha confessato di aver abbracciato la guerra santa dopo aver visto uno spettacolo in un night club. Non è difficile immaginare perché questi locali ossessionino i fondamentalisti islamici. Il più spettacolare e cruento di questi attacchi è avvenuto a Bali, in Indonesia, nel 2002. Profetico, a suo modo, il romanzo “Piattaforma” di Michel Houellebecq, pubblicato nel 2001, che parla dei bar della Thailandia dove i ricchi musulmani si dividono le puttane con gli infedeli occidentali. E di uno in particolare, il Crazy Lips, che verso la fine del libro esplode per un attentato compiuto da terroristi islamici: 117 morti. Un anno dopo la bomba è scoppiata davvero, a Bali, ma i morti sono stati 190. Una profezia politicamente scorrettissima. Bali, un paradiso hippie, con la folla di giovanissimi surfisti australiani. E poi Kuta, sede di un altro attentato ai night club nel 2005, che è, nel bene e nel male, una Rimini tropicale, la stessa folla, le stesse musiche, gli stessi eccessi. L’islamismo aveva in odio Bali, l’“isola dei sorrisi”, enclave hindu in un paese musulmano, con le spiagge mozzafiato piene di donne in bikini.
Nel 2008 è la volta dell’Hotel Marriott a Islamabad, in Pakistan: i terroristi lo chiamavano “covo di decadenza occidentale”, con la piscina per le donne straniere e il bar nel seminterrato dove veniva servito alcol. A Mumbai, nello stesso anno, muoiono trenta turisti occidentali al Taj Mahal. Target ideologici: “Gli hotel sono tra i simboli più importanti della cultura occidentale” recita un rapporto Stratfor. “I jihadisti vedono gli attacchi agli hotel in linea con l’ingiunzione coranica di vietare il vizio e promuovere la virtù. E’ l’attacco a un’élite corrotta che gode a spese della maggioranza impoverita. Gli hotel sono luoghi in cui uomini e donne si mescolano liberamente, e gli ospiti possono consumare alcol, ballare e fare sesso”.
Nel luglio 2005, almeno 88 persone vengono uccise e più di 100 ferite quando tre kamikaze colpiscono Sharm el Sheikh, il minuscolo villaggio trasformato da Hosni Mubarak in attrazione globale. Meno di un anno prima, nell’ottobre 2004, tre attentatori suicidi si erano fatti esplodere a Taba, sempre in Egitto, distruggendo l’hotel Hilton e uccidendo 34 persone, la maggior parte delle quali turisti stranieri. Nella loro rivendicazione per questi attentati, le Brigate Abdullah Azzam dissero che l’attacco aveva lo scopo di “purificare la terra di Taba dalla sporcizia e dalla corruzione”. Il leader spirituale degli attentatori di Bali, Imam Samudra, noto per le sue invettive anti occidentali, aveva descritto Bali come “la più grande maksiat (luogo immorale) in Indonesia”. Samudra disse che tutte le attività commerciali che comportano il consumo di alcol e l’incoraggiamento della promiscuità sessuale sono inammissibili nell’islam. E che anche le aziende che solo indirettamente profittano della vita notturna, come ad esempio le bancarelle di artigianato, erano obiettivi legittimi. Con questi argomenti come giustificazione, Samudra suggerì che non vi era nessun danno significativo fatto a Bali dai kamikaze, dal momento che Allah avrebbe sostituito quei luoghi del vizio con “attività islamiche”.
Meno di un anno fa, il 26 luglio 2015 a Maroua, la più grande città nel nord del Cameroon, un kamikaze di Boko Haram ha ucciso quattordici persone in un night club. E l’elenco non finisce qui. Questo disgusto islamista per le discoteche e i night club risale a Sayyd Qutb, il padrino del fondamentalismo islamico, che quando tornò al Cairo con un volo Twa il 20 agosto 1950, notò la presenza degli inglesi nei night club, nei bar e nei ristoranti. Sotto gli occhi del suo popolo, che esprimeva la propria disapprovazione fischiandolo, Faruq, l’obeso re turco, passava il tempo scorrazzando nei dintorni della capitale egiziana in una delle sue duecento automobili, seducendo, se possiamo dir così, giovani donne, o raggiungendo con la sua flotta di yacht i porti della Riviera dove si giocava d’azzardo, e dove i suoi stravizi toccavano vertici inauditi. Quando la Tunisia dopo il 2010 ha faticato a riemergere da un rigurgito di violenza islamista, nelle piscine degli alberghi e lungo la costa si è visto il ritorno al costume da bagno a “tunica” per le donne. La magistratura ha bloccato l’accesso ai siti porno. Poi gli incendi ai bordelli, simbolo della storica tolleranza tunisina verso la prostituzione.
Gli islamisti odiano la pornografia e nel medesimo tempo ne sono attratti. Oltre alle lettere, ai libri, ai computer e ai file digitali, tra gli oggetti sequestrati dal commando americano di Navy Seal nel covo di Osama bin Laden in Pakistan c’era anche una vasta collezione di film pornografici, che però non è stata resa pubblica. James Clapper, direttore della National Intelligence americana, si è limitato a parlare di un certo “materiale pornografico”. “La legge della sharia sanziona l’uccisione degli omosessuali in modo brutale”, dice al Foglio Tawfik Hamid, “pentito” del jihad che oggi vive e insegna in America. “Mateen ha soltanto praticato la sharia a Orlando. Se un musulmano pratica l’omosessualità, incontrerà il Signore in modo ‘impuro’. Ora, mettiamo che i report sulla omosessualità di Mateen fossero veri e che fosse un gay musulmano. Immaginate il conflitto che causa nella mente di quest’uomo. Da un lato, era un musulmano devoto; dall’altro, la sua mente e il suo corpo erano pieni di desideri che sapeva ne avrebbero causato la dannazione eterna. Come conciliare questo tormento? Il martirio garantisce di raggiungere il Paradiso. Mateen ha espiato i peccati aprendo il fuoco al Pulse quella terribile notte.
Gli islamisti sono ossessionati dal sesso soprattutto quando la gente sceglie per se stessa. Da un lato non hanno alcun problema ad avere prigionieri di guerra femminili come schiave sessuali, un fatto accettato fino a questo momento dai principali istituti islamici; dall’altro, fare sesso extraconiugale con un partner, anche solo per amore, comporta la lapidazione. Per gli islamisti, il sesso extraconiugale è il peccato peggiore. Avrete notato che la prima cosa che i gruppi radicali islamici fanno ovunque essi prendano il controllo è quello di forzare le donne all’hijab (il velo, ndr), per diminuire il fascino sessuale delle donne, e chiudere i locali notturni. Per loro, un locale notturno è il simbolo non islamico per eccellenza, con la musica e l’alcol. Essi non possono tollerare la libertà in quanto credono di dover imporre il loro stile di vita islamico sugli altri per purificare il mondo dagli ‘infedeli’ e dalle loro ‘azioni non islamiche’”.
Donne musulmane indossano il chador (LaPresse)
Hamid ha avuto come mentore Ayman al Zawahiri, successore di Osama bin Laden alla guida di al Qaida. “Uccidere apostati, lapidare le donne a morte per una relazione extraconiugale, uccidere i gay, far indossare l’hijab alle donne europee, vietare l’alcol e la carne di maiale, questo vogliono. Essi vogliono semplicemente inserire la paura nel cuore dei miscredenti in modo che essi si arrendano all’islam. Semplicemente godono nel far soffrire i non musulmani”. Hamid riconosce il giovane che era nei giovani dell’Isis. “Sì, volevamo anche noi distruggere la cultura che permette la libertà delle donne, l’alcool e che non applica le leggi della Sharia”. Il 13 novembre 2015, gli obiettivi del jihad sono stati la discoteca Bataclan e i ristoranti, luoghi di edonismo e libertinismo. “Amiamo la morte così come voi amate la vita”, lo ripetono da vent’anni, mentre freddano con calma sorridente masse di “infedeli”. E’ la nostra “piattaforma”. Una catarsi terroristica da realizzare nella confortevole promiscuità drogata di piacere. Al buio di un privé.
Il Foglio sportivo - in corpore sano