Un mondo senza Israele
“Gli ebrei sono stati espulsi da tutto il medio oriente. Ora l’islam politico cerca di scacciarli anche da Israele, con l’aiuto dell’Unesco e dell’Europa silente”. Vogliono fargli fare la fine di Palmira. Inchiesta sulla grande opa della mezzaluna. “E’ in corso l’islamizzazione della cultura occidentale”
Nel 1929 un gruppo di archeologi inglesi fece una scoperta sensazionale: il diluvio descritto nella Bibbia era una catastrofe culturale che aveva sconvolto l’attuale Iraq. Gli archeologi rinvennero una sorta di strato di terra pulita fra due di straordinari reperti archeologici. Due differenti presenze umane erano state divise da quella terra vergine. Era come una spaccatura nella civiltà. Ninive, la capitale della civiltà mesopotamica, era stata ridotta in macerie da babilonesi e persiani. Se quegli archeologi visitassero oggi l’Iraq, scoprirebbe un altro stato di terra gettata sopra alcuni dei più antichi culti a Ninive. Una guerra ai figli di Abramo, di Gesù, di Zarathustra e di Gilgamesh. Lo Spectator parla della “terra degli dèi perduti”. Come ha detto Louis Sako, a capo della più grande congregazione cattolica irachena, “questo non era mai successo nella storia. Neppure Gengis Khan arrivò a tanto”. Non solo i cristiani e gli yazidi sono stati uccisi e scacciati. Tutti i più antichi culti non islamici del medio oriente sono minacciati di estinzione: i kakai, i sincretisti noti per i loro baffoni rituali che gli islamisti considerano “blasfemi”; gli shabak, i cui antenati erano adoratori del fuoco; gli alawiti e i drusi, la cui tradizione è ancorata nella filosofia greca; i mandei, gli ultimi gnostici, gli eredi dei nestoriani e dei giacobiti; gli zoroastriani e i sabei, i figli delle civiltà sudarabiche e della regina di Saba. Di fronte a questa impresa senza precedenti, qual è la preoccupazione dell’Unesco, dedita alla preservazione dei siti patrimonio dell’umanità, che ha fatto della cultura occidentale e dei suoi riferimenti storici e politici l’anima dell’organizzazione delle Nazioni Unite per la scienza, la cultura e l’educazione? Cancellare la storia dell’unico paese, fra Rabat e Rawalpindi, dove chiese, moschee e sinagoghe sono protette e piene di fedeli. Israele, dove il 24 per cento della popolazione è non ebreo (1,8 milioni di persone). Dove gli stessi palestinesi spiccano fra gli arabi più fortunati del medio oriente. Dove il terrorismo islamico usa i luoghi santi per attaccare Israele, come è successo venerdì a Gerusalemme sulla Spianata delle Moschee, dove due poliziotti israeliani sono rimasti uccisi in un attentato senza precedenti. L’Unesco sta cercando di cancellare la storia di un popolo il cui testo sacro, la Bibbia, rimane anche il libro più attendibile per chi visita le città dissepolte fra il Tigri e l’Eufrate, Ur dei Caldei, Babilonia e Ninive, di cui “si dimenticherà anche il nome”. Una sterminata distesa desertica e, in quel giallo allucinante, un solo punto di riferimento, la ziggurat, la torre sacra comune a tutte le città mesopotamiche, distrutta dall’Isis nella sua furia iconoclastica. A sud di Israele, c’è l’apartheid dell’Arabia Saudita wahabita, che ha distrutto tante tombe islamiche e separa musulmani e non musulmani; nel nord-ovest, i domini dello Stato islamico e la devastazione della guerra siriana; a est l’Iraq e l’Iran, terre di persecuzione. L’Unesco avrebbe potuto parlare con i drusi (un decimo della popolazione mondiale vive in Israele), con i beduini, con i musulmani della moschea Ahmadi di Haifa, con i Bahai che hanno in Israele la sede del loro movimento religioso perseguitato dal regime iraniano e con tutte le altre minoranze religiose israeliane. Eppure, è a questo piccolo stato, pegno della cultura occidentale in una terra che la sta espiantando, come le tombe dei profeti biblici Daniele, Giona e Seth distrutte dall’Isis, che l’agenzia della cultura dell’Onu ha dichiarato guerra.
L’Isis ha raso al suolo
le tombe dei profeti ebrei a Mosul. L’Unesco ha sradicato la storia dei patriarchi ebrei in Israele
“L’Unesco è diventato Ionesco”, dice al Foglio Ruth Wisse, accademica a Harvard e massima studiosa al mondo di yiddish. “E’ una caricatura di se stessa. Questo teatro dell’assurdo dimostra soltanto quanto sia importante preservare la storia ebraica”. All’Unesco-Ionesco la settimana scorsa l’ambasciatore tedesco, Stefan Krawielicki, ha osservato un “minuto di silenzio” per le vittime palestinesi chiesto dalla delegazione cubana dopo quello ufficiale per le vittime ebree della Shoah. Shimon Samuels, direttore internazionale del Centro Wiesenthal presente a Cracovia, ha scritto ad Angela Merkel: “Collegare l’Olocausto alle cosiddette ‘vittime palestinesi’ è una forma di revisionismo illegale in Germania”. Succede all’Unesco, il palazzo dell’incultura. Nelle stesse ore da Parigi, sede dell’Unesco, duecento ebrei facevano le valigie per andare a vivere in Israele. A causa dell’antisemitismo.
Mentre in Polonia, tomba dell’ebraismo, si attaccava Israele, 200 ebrei francesi partivano per Tel Aviv a causa dell’antisemitismo
La Tomba dei Patriarchi a Hebron meritava l’inclusione nella lista dell’Unesco. Con migliaia di anni di storia, è il luogo di sepoltura di Abramo, Isacco, Giacobbe, Sara, Rebecca e Lea della Bibbia. Includendola tra i siti patrimonio dell’umanità, l’Unesco ha trattato Hebron come alcune zone di Città del Messico o il centro storico di Cordoba presenti nella stessa lista. Tuttavia, l’Unesco nota che “nel Tredicesimo secolo, sotto Ferdinando III il Santo, la Grande Moschea di Cordoba è stata trasformata in una cattedrale”. A Città del Messico non c’è alcun tentativo di negare l’eredità azteca. A Hebron e Gerusalemme, invece, l’Onu ha eliminato la storia ebraica, come se la tomba o il Muro del pianto non fossero stati costruiti in origine come luoghi ebraici, migliaia di anni prima dell’avvento dell’islam. L’Autorità palestinese ha sfruttato l’Unesco per dichiarare tutti i suoi siti “in pericolo”, come altri in Libia, Mali, Iraq, Congo, Siria e Yemen. Come l’Isis che ha demolito Hatra e ha fatto saltare parti di Palmira.
“Il ‘segreto opprimente’ della Shoah, col suo senso di colpa, negli europei genera aggressività contro lo stato ebraico”, dice al Foglio il grande storico Bensoussan
Intanto, la metà degli ebrei francesi intende lasciare la Francia. Uno studio dell’Università di Oslo pubblicato a giugno è una delle relazioni più metodologicamente complete che esplorano la crescita dell’antisemitismo europeo. Nel 2015, 10 mila ebrei dell’Europa occidentale sono partiti per farsi una nuova vita in Israele, “il più grande numero ad aver lasciato l’Europa dal 1948”. “L’Unesco ha attaccato gli ebrei come nazione, ripudiando la storia ebraica e delegittimando qualsiasi presenza ebraica su questa terra”, dice al Foglio Josef Olmert, docente alla South Carolina University e fratello dell’ex primo ministro israeliano. “Ma dimostra anche che il problema non è la politica israeliana, non sono gli insediamenti, ma la stessa esistenza dello Stato ebraico. Queste risoluzioni sono un passo verso l’islamizzazione e tutti conosciamo le conseguenze dell’appeasement. Può l’Onu decidere che la Mecca non è islamica? O che il Vaticano non è cattolico? L’antisemitismo viola tutte le regole quando si tratta di ebrei”.
“Queste risoluzioni riflettono l’influenza crescente della Organizzazione della conferenza islamica all’Onu, ma sono anche un passo significativo verso l’islamizzazione di tutto il medio oriente”, dice al Foglio Nina Shea, direttrice dell’Hudson Institute’s Center for Religious Freedom, una delle massime esperte e studiose di libertà religiosa negli Stati Uniti. “Gli ebrei sono stati espulsi dal resto del medio oriente e ora si fanno sforzi per cacciarli da Gerusalemme e Israele. Anche i cristiani sono spogliati dal medio oriente musulmano, paese dopo paese. E poi i mandei, gli yazidi, gli zoroastriani, i bahai sono tutti eliminati da questa regione che un tempo era un mosaico culturale”. Non è un caso che l’Unesco abbia dichiarato guerra alla storia di Israele, uno dei pochi stati nazionali realmente radicati nella storia, con alle spalle una tradizione millenaria.
“Queste risoluzioni sono un passo verso l’islamizzazione e tutti conosciamo le conseguenze dell’appeasement. Può l’Onu decidere che la Mecca non è islamica? O che il Vaticano non è cattolico? L’antisemitismo viola tutte le regole quando si tratta di ebrei”
“Queste risoluzioni fanno parte di una campagna molto più grande per negare qualsiasi connessione ebraica alla terra di Israele”, dice al Foglio l’islamologo americano Daniel Pipes. “E significa che c’è un blocco musulmano gigantesco presso le Nazioni Unite”. “La città di Hebron è citata diverse volte nella Bibbia”, ricorda David Gelernter, informatico con cattedra a Yale e fra i maggiori intellettuali ebrei americani. “Quando ero bambino, la Grotta dei Patriarchi era in mani arabe e agli ebrei era vietato andarci. Era nota per il massacro del 1929, in cui circa 70 studenti, insegnanti e bambini ebrei furono uccisi dai terroristi arabi a sangue freddo. Il massacro del 1929 fu un impulso per la creazione delle forze di autodifesa ebraiche che costituiscono la base delle forze di difesa israeliane. Gli ebrei erano orgogliosi del loro ruolo nella creazione della religione occidentale e, con essa, della cultura occidentale. Gli ebrei erano felici di pensare che la Grotta fosse santa non solo per loro, ma anche per i musulmani, e che Gerusalemme fosse santa per tutte e tre le religioni. Ma quando l’Onu decide che la Grotta è un sito religioso islamico e non ebraico – come se avessero annunciato che Roma è un sito storico etrusco senza rapporti con gli antichi romani e con gli italiani, o che Venezia è un sito commerciale sviluppato dall’Austria – gli ebrei e gli israeliani dovrebbero sorridere e ignorarlo. Noi ignoriamo le minacce di qualsiasi altro psicotico o lunatico, ed è giusto ignorare anche l’Onu. Vorrei che Israele e gli Stati Uniti (e l’Europa) si dimettessero dall’Onu e riprovassero a creare una seria organizzazione internazionale che cerca di creare la pace invece di distruggerla e (tra le altre cose) di sopprimere l’odio ebraico anziché promuoverlo”.
Mai una protesta dell’Unesco contro la Turchia che sta reislamizzando Santa Sofia, la cattedrale della cristianità orientale. Intanto al quartier generale dell’Unesco a Parigi si presentano volumi sui “differenti aspetti della cultura islamica” e programmi su “come combattere l'islamofobia”
Un rappresentante del mondo islamico ci riprova dopo la candidatura nel 2011 di Farouk Hosni, ex ministro della Cultura egiziano, che rispose così alla domanda di un deputato preoccupato del fatto che potessero essere introdotti libri israeliani nella gloriosa biblioteca d’Alessandria: “Bruciamo questi libri; magari li brucerò io stesso davanti a voi”. Lo stato più ricco del mondo pro capite, il Qatar, ha da tempo fornito un enorme sostegno finanziario e politico agli estremisti palestinesi, tra cui l’organizzazione terroristica Hamas. La Freedom House classifica il Qatar, dove prevale la legge islamica della sharia, come “non libero”. Il Qatar è anche uno dei focolai di estremismo islamico sunnita nella regione. Eppure, questo non ha impedito che acquisisse un ruolo di primo piano all’Unesco: in ottobre il Qatar è stato tra gli sponsor della risoluzione che negava la storia ebraica di Gerusalemme.
I voti contro Israele all’Unesco, per Bensoussan, “indicano una doppia pressione: interna all’agenzia dell’Onu da parte dei regimi islamici; in Europa da parte di una sempre più grande popolazione islamica ostile all’esistenza stessa di Israele.
E i governi europei ne subiscono la pressione”
“Il silenzio dei cristiani e persino il consenso sulla distruzione della propria storia e dei propri valori interiori dimostrano la portata della disintegrazione morale e culturale dell’occidente. Inoltre, questi voti all’Unesco confermano l’islamizzazione della cultura occidentale”
Va da sé che tutta la preoccupazione dell’Unesco per i “siti in pericolo”, come nel caso della tomba di Hebron, non si manifesti per le grandi chiese e cattedrali nel mondo islamico. E’ il caso di Santa Sofia, la grande cattedrale della cristianità a Istanbul, reislamizzata dal presidente Erdogan (il canto del muezzin ha risuonato per la prima volta in 85 anni, da quando Atatürk ne fece un museo). Il silenzio si compra. La Turchia nel 2012 donò cinque milioni di dollari al fondo di Emergenza dell’Unesco “a seguito della sospensione dei contributi da parte degli Stati Uniti e di Israele”. La Turchia è diventata uno dei principali finanziatori dell’Unesco. E Ankara è stata eletta nel Comitato per il patrimonio mondiale che resta in carica quattro anni. L’ambasciatore turco della buona volontà all’Unesco, Zulfu Livaneli, romanziere, regista, compositore, si è dimesso per il silenzio dell’agenzia dell’Onu sulle distruzioni perpetrate da parte del suo stesso paese. “Pontificare sulla pace rimanendo in silenzio su tali violazioni è una contraddizione degli ideali fondamentali dell’Unesco”, ha affermato Livaneli.
Lo stesso vale per la cattedrale di Cordoba, una chiesa cattolica da sette secoli, ma “la grande moschea di Cordoba” per l’Unesco, che vorrebbe vi si officiasse nuovamente il culto islamico. E chi c’è dietro il tentativo di decristianizzare la cattedrale di Cordoba? Lo ha appena spiegato Emilio Sanchez de Rojas, analista del ministero della Difesa spagnolo. Ha accusato il Qatar e l’Arabia Saudita di condurre “campagne d’influenza in occidente”, e di essere “una fonte di finanziamento per la campagna di reislamizzazione della Cattedrale di Cordoba”. I paesi islamici sono spalleggiati a Cordoba dall’ex direttore dell’Unesco, Federico Mayor Zaragoza.
“Questa risoluzione mostra la perversità dell’Unesco che ha scelto Cracovia, una delle più grandi tombe di massa ebraiche in Europa, per negare la prima tomba ebraica della storia. Dove gli ebrei sono stati cancellati fisicamente, le nazioni del mondo li hanno cancellati dalla storia” (Kontorovich)
“Bisogna per questo parlare di islamizzazione della società? – si chiede Bensoussan – Io penso piuttosto che una soglia di equilibrio demografico si stia oltrepassando così come lo aveva mostrato già, alcuni anni fa, Christopher Caldwell. Coniugato alla matrice culturale evocata più sopra, questo ribaltamento demografico rischia di accrescere la frequenza dei voti anti israeliani. Quando Gerusalemme viene decretata essere ‘senza legami col popolo ebraico’, questa demolizione del racconto ebraico costituisce, sul piano della legittimità, la tappa antecedente alla distruzione dello Stato ebraico. Anche se molti si rifiutano ancora di sentirlo, è proprio la sparizione dello stato di Israele che ci si augura in molti ambienti”.
Lo scorso gennaio, la direttrice Bokova ha incontrato il direttore dell’Organizzazione per la cooperazione islamica, Yousef al Othaimeen. Funziona dunque così l’opa islamista sulla cultura occidentale, ebraico-cristiana: si inizia con un finanziamento, si ottengono le poltrone che contano, si costituiscono maggioranze in seno a commissioni e comitati, e da lì si riscrive la storia di Israele.
“Sono a rischio i valori occidentali derivanti da Gerusalemme, Atene e Roma: il razionalismo, l’autocritica, lo stato di diritto, l’uguaglianza, la libertà di espressione, i diritti umani, la democrazia liberale. Ma tutto questo forse è andato perduto a causa della paura dell’islam”
Questo forse ci dice la sottomissione delle potenze occidentali all’Unesco, le astensioni, i pilatismi. Ma tutto questo, giova ai palestinesi, ad esempio? “Non vi è assalto maggiore alle possibilità di pace che negare la radice del popolo ebraico nella terra d’Israele”, spiega al Foglio Yossi Klein Halevi, intellettuale israelo-americano e collaboratore di molte testate liberal fra cui il New York Times. “Non ci sarà la soluzione a due stati se la parte palestinese non accetta la legittimità della presenza ebraica nella terra che condividiamo. Negando la presenza ebraica a Gerusalemme e a Hebron, l’Unesco rafforza il rifiuto e l’estremismo palestinese. L’impatto sul pubblico israeliano è stato devastante, approfondendo il nostro senso di isolamento. I vincitori sono i politici israeliani duri, che ci hanno avvertito che ‘il mondo è contro di noi’. Se i leader europei pensano di poter indulgere nella delegittimazione della storia ebraica e mantenere la credibilità dell’Europa come un arbitro equo e bilanciato, allora non capiscono le dinamiche delle società israeliana e palestinese”.
La risoluzione dell’Unesco ha allarmato anche i musulmani liberali, pochissimi, che vivono in occidente. Come Salim Mansur, giornalista e intellettuale musulmano di origine indiana che scrive oggi per alcune testate in Canada. “Il voto dell’Unesco di dichiarare la città di Hebron come luogo di eredità del mondo palestinese è notevole in quanto coronato di sentimento antiebraico, come lo fu il voto dell’Unesco lo scorso ottobre che si riferì al Monte del Tempio a Gerusalemme solo in arabo come ‘al-Haram al-Sharif’. Settant’anni dopo la fine della Seconda guerra mondiale e la piena divulgazione dell’Olocausto come politica della Germania nazista di Hitler per la soluzione finale del ‘problema ebraico’ in Europa, stiamo assistendo al ritorno dell’antisemitismo europeo nella veste della concezione della difesa dei palestinesi contro gli ebrei. L’antisemitismo europeo non si è mai davvero estinto ma rimane latente e ora rivive nella giudeofobia arabo-musulmana. Le Nazioni Unite e le sue agenzie, come l’Unesco, hanno ripreso l’antico fervore contro gli ebrei”.
Ma secondo Mansur, questi voti indicano anche una offensiva islamista all’interno dell’occidente. “L’appello agli stati arabi e musulmani alle Nazioni Unite da parte degli stati membri europei, come nei recenti voti su Gerusalemme e Hebron all’Unesco, è la leva con la quale gli stati europei stanno perseguendo la loro politica di tirannia ‘morbida’ simboleggiata dall’Unione europea. Nell’abbracciare l’islamizzazione, l’Europa rivela la sua nostalgia per i valori totalitari basati sui diritti collettivi, sul multiculturalismo, sull’autoritarismo come affidamento sulla potenza, sulla correttezza politica e sulla negazione dell’eredità culturale dell’occidente. L’islamizzazione è accentuata dalla negazione dei diritti ebraici e della storia ebraica nell’antica terra della Giudea e Samaria, e l’Europa nell’approvvigionamento della politica dell’islamizzazione sta facendo risorgere il suo passato totalitario trascinato nell’antisemitismo. Nessuno dovrebbe essere ingannato dalla falsità delle affermazioni europee che, sostenendo in modo non critico le richieste palestinesi, stanno difendendo i diritti umani di un popolo, in questo caso i palestinesi, votando contro i diritti del popolo ebraico e di Israele, quando in realtà tali voti alimentano gli incendi dell’antisemitismo nel bel mezzo del radicalismo islamista e del terrorismo”.
“Non vi è assalto maggiore alla pace che negare la radice del popolo ebraico in Israele. Negando la presenza ebraica a Gerusalemme e a Hebron, l’Unesco rafforza il rifiuto palestinese. L’impatto sul pubblico israeliano è devastante, approfondendo il nostro senso di isolamento” (Yossi Klein Halevi)
“Si vuole spazzar via l’esistenza passata di un popolo per eliminarne la legittimità attuale. Gettare il giudaismo (Israele) e il cristianesimo (l’occidente) nel cestino della spazzatura della storia vuol dire eliminare i diritti storici, religiosi, culturali e nazionali di ebrei e cristiani e optare per la dhimmitudine” (Bat Ye’or)
“I non musulmani – gli antichi cristiani, gli yazidi e le comunità ebraiche – sono scacciati dal medio oriente in attacchi mirati di vari gruppi islamisti”, conclude Nina Shea, che dirige il dipartimento per la libertà religiosa all’Hudson Institute. “A questo ora si aggiungono le risoluzioni anti israeliane all’Unesco, risultato delle campagne anti occidentali da parte delle lobby islamiste e di sinistra. Il risultato sarà la delegittimazione dello stato di Israele e l’eventuale sradicamento dei cristiani dal medio oriente, così che soltanto i musulmani saranno tollerati. Il risultato sarà una regione islamizzata, una gigantesca Arabia Saudita”. Israele non permetterà che sul Monte del Tempio di Gerusalemme o alla Tomba dei Patriarchi di Abramo vengano applicate le regole della Mecca e Medina. Lo ha detto Avi Dichter, presidente della Commissione esteri e difesa della Knesset, riferendosi alle città sante in Arabia Saudita nelle quali l’ingresso è vietato ai non musulmani. “L’idea – ha spiegato Dichter a Israel Radio – che venga fatto anche sul Monte del Tempio ciò che è stato fatto in Arabia Saudita, dove le due città sante dell’islam La Mecca e Medina sono luoghi in cui solo i musulmani hanno diritto di entrare, è un’idea totalmente sbagliata, e noi non permetteremo che si avveri”.
Dopo settant’anni, Israele è ancora nella fase di stabilire le condizioni per la propria esistenza e questa sua lotta per la sopravvivenza fornisce all’occidente la possibilità di salvare anche se stesso. Soprattutto nel momento in cui il mondo islamico si dà appuntamento a Parigi, la capitale della cultura occidentale, per eliminare gli ebrei dai libri di storia e dalla storia. L’occidente si difende sotto le mura di Gerusalemme.
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