Dietro la copertina del Foglio Review con Pierluigi Longo
Intervista all'illustratore del prossimo numero della rivista mensile del Foglio, che torna in edicola da sabato 29 gennaio
Per Pierluigi Longo le illustrazioni sono soprattutto una composizione sinfonica. Attratto dalle forme, dalla loro estetica e da come si mettono in dialogo tra loro, tiene insieme nelle sue illustrazioni l’antico e il moderno che si influenzano e raccontano, con strumenti e linguaggi diversi, le loro storie.
Longo ha illustrato la copertina del terzo numero del Foglio Review, la rivista mensile del Foglio che trovate da sabato 29 gennaio in edicola assieme al quotidiano.
Gli abbiamo chiesto di raccontarci dell’illustrazione per la Review e delle sue illustrazioni dentro e fuori dal tempo.
Qual è stato il processo creativo che l’ha portata a illustrare la cover del Foglio Review, “Costellazione”?
Il tema da cui sono partito è stato quello della tecnologia interpretata in chiave positiva, come strumento che fornisce possibilità di interazione e di conoscenza enormi. È un tema difficile per me dato che credo di non avere un grande dono della sintesi (less is more non mi appartiene molto) e per questo ci ho messo un po’ a trovare un’idea visiva che potesse restituire il senso di vastità. Ho pensato che questa vastità emerga molto spesso da oggetti piccoli, che tutti possiamo avere in tasca. Il soggetto della cover è quindi una donna che ha uno smart phone da cui si sprigiona un fascio di luce - metafora di accesso ad un mondo infinito – che la mette in contatto con un enorme numero di contenuti, diversissimi tra loro. L’altro elemento per me è importante è che non c’è una gerarchia precisa tra gli oggetti. Come quando ci si affaccia ad internet, possiamo trovare immagini di gatti, una guerra, una scoperta scientifica; tutto ci viene incontro come se fosse allo stesso livello, a volte persino con gerarchie capovolte. Ho cercato quindi da un alto di inserire tanti elementi diversi che siano collegati come in una costellazione, una galassia di informazioni infinte ma anche di mostrarli in una scala gerarchica totalmente arbitraria. Nella mia testa ho sempre pensato a quell’immagine in termini di costellazione.
Che ruolo gioca nelle sue illustrazioni la composizione? E se e come essa è al servizio del contenuto che deve raccontare?
In generale, mi ritengo un illustratore non di “segno” ma di composizione. Quando cioè illustro un tema, ragiono sempre a partire da come posso ottenere una composizione grafica forte, che metta in luce i concetti e i personaggi, che dia loro un peso specifico. Tutto questo sempre subordinandolo all’architettura della pagina, ovvero suddividendo il foglio in zone dove ci siano delle forze minori o maggiori. Quando ho davanti il foglio bianco, lo organizzo in aree all’interno delle quali esistono delle gerarchie. Per me l’innesco del lavoro di illustrazione è l’organizzazione dello spazio, la sua suddivisione. Non i personaggi o le espressioni. L’altro elemento, accanto alla composizione, che mi interessa è il far vivere insieme elementi del passato e del presente.
Quali sono quindi le influenze artistiche più presenti nelle sue illustrazioni? Da cosa si lascia contaminare?
Ci sono tanti elementi diversi. Innanzitutto il mondo degli anni Venti e Trenta in Italia, De Chirico, Sironi e il surrealismo. Accanto a questi mi piace anche l’immagine centrata, di stampo rinascimentale, un modo di fare quindi più antico. Non a caso gli artisti del primo Novecento in Italia guardano per certi aspetti al Rinascimento. Altro elemento che mi interessa molto sono i colori, molto accesi e un po’ pop che mi permettono di attualizzare il passato e di tenere insieme le varie influenze. Mi piace creare una sorpresa nello spettatore, anche tramite la mescolanza delle epoche. Questo non solo mi permette di restituire tutto quello che ho visto nei musei, nei viaggi che ho fatto ma anche di fare in modo che chi vede l’immagine possa fare lo stesso lavoro di rimando, trovare i collegamenti e utilizzarli come modo per spaziare in ciò che ha conosciuto. Nelle immagini insomma cerco di riassumere tutto quello che ho visto e di trasferirlo, come suggestione, agli altri. In qualche modo metto insieme influenze molto eclettiche tra loro ponendole sullo stesso piano.
Ci sono dei temi a cui è particolarmente legato nel suo lavoro di illustratore, che le stanno più a cuore raccontare?
Le poche volte che sono partito da suggestioni personali – e non da temi legati ad una committenza - è successo perché qualcosa mi affascinato dal punto di vista formale piuttosto che concettuale. Fino ad ora, il primo elemento di catalizzazione per me è sempre stato la forma. Mi è capitato ad esempio di reinterpretare con il disegno una casa a Camogli, oppure realizzare dei ritratti da foto viste su Instagram. Immagini fisse che lo spettatore possa osservare e su cui possa soffermarsi. Un insieme composito insomma, come nelle costellazioni.