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GranMilano

Quando la moda batte il coprifuoco

Fabiana Giacomotti

Chi ha intuito le tendenze giuste ora vende (quasi) bene. E si mangia le mani: “Potevo rischiare di più”. Il successo dello sportswear e del segmento casa mentre cambia il modo di comprare. 

Federica Tosi, quarantenne romana bennata e caruccia, è una delle designer di moda emergenti, anzi già parecchio emerse, di questi ultimi anni. Non a caso distribuisce i suoi maglioni e le sue gonne semplici e chic la più blasonata showroom indipendente di Milano e d’Italia, la Riccardo Grassi srl, tremila metri quadrati in via Piranesi, e non a caso Chiara Ferragni le ha dedicato di recente un post che ne ha moltiplicato il ritorno mediatico e l’interesse commerciale. Ecco, dice adesso Federica al telefono, tenendo a bada il figlio più piccolo che è scocciatissimo di non poter andare a giocare a calcetto, se avessi prodotto il 20 per cento in più, avrei potuto rifornire di nuovo le boutique che chiedono di nuovo i capi. Ma lei, come centinaia di altri designer, medi o grandi, non ha mandato in produzione con i suoi fornitori quello che sarebbe stato necessario forse non per tutti (la crisi c’è), ma per chi, come lei, ha azzeccato il prodotto giusto per questo momento. Certo, in tarda primavera era ancora difficile procurarsi materie prime e semilavorati in quantità, causa lockdown mondiale: epperò, sospira, se avesse insistito, un po’ di più adesso avrebbe fatturato.

 

Ci crediate o meno, Milano sta vendendo moda come da paradigma: le campagne per la prossima primavera, chiuse in pratica ieri, sono andate relativamente bene, insomma meno tragicamente del previsto, come dice anche Giulio di Sabato, presidente di Assomoda, da un albergo nei pressi dell’aeroporto di Shanghai, dov’è stato messo in quarantena rigorosissima dall’altro ieri fino al prossimo 2 novembre dal governo cinese nonostante il tampone negativo (la fiera Ciie – China International Import Expo – a cui partecipa seguendo decine di imprese italiane, aprirà il 5 novembre, dunque fate due conti sull’impegno di certi imprenditori nazionali in termini umani ed economici). Fuori, la gente continua a comprare, in Cina ma anche in Italia. Di certo non acquista l’abito da sera, ma la tuta di lana morbida o la camicia per ben figurare nelle riunioni su Zoom sì. E anche la giacca, e l’attrezzatura per correre. Questa soprattutto. Una recente analisi di Pambianco evidenziava il recentissimo boom dei titoli dello sportswear. In ottobre hanno registrato un record storico in Borsa sia Puma sia Nike, mentre Adidas ha realizzato una performance vicina ai valori pre-Covid.

 

Funziona benissimo, e non poteva essere altrimenti considerando le ore che ormai trascorriamo in casa, osservandone dunque tutte le magagne e le migliorie possibili, anche il segmento casa: Fulvia Bacchi, direttore generale di Unic, l’associazione delle concerie, dice che l’arredo in pelle sta recuperando velocemente posizioni. Insomma, da una parte il terrorismo sul Covid non ha aiutato a fare le migliori previsioni possibili; dall’altra, chi ha capito che pizzi e chiffon non andranno ancora per un bel po’ mantiene le proprie posizioni. Il mercato della moda dovrebbe chiudere in media con un calo del 30 per cento, davvero meno drammatico di quanto si ipotizzava a marzo.

 

Anche il presidente della Camera dei Buyer, Giacomo Santucci, uomo di molte lauree e moltissime esperienze (era dg di Gucci negli anni di Domenico De Sole e Tom Ford), dice che la produzione media di moda per la stagione in corso almeno in parte avrebbe potuto restare identica a quella dell’epoca pre-Covid. Sta cambiando ancora, ma il Foglio ne aveva già scritto e questa è solo una conferma, il modo di comprare: un po’ online, cercando “non tanto i brand di per sé, ma quelli che rispondono al proprio sistema di valori”, e un po’ anche nel negozio di prossimità che infatti, con il marketing dedicato, sarà una delle grandi tendenze dei prossimi mesi.

 

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