MATTEO BAZZI / ANSA 

GranMilano

Il risiko Banco Bpm

Mariarosaria Marchesano

Sullo sfondo della partita Mps, l’ad Castagna muove le sue pedine. Fronte Unicredit o Francia?

Tutti pazzi per il risiko bancario e Banco Bpm ne approfitta per fare la prima donna grazie al posizionamento strategico che si è conquistato in questi anni, sotto la guida di Giuseppe Castagna, un tempo direttore generale del Banco di Napoli e con la fama di essere un abile mediatore (“un banchiere avveduto e garbato” lo hanno definito). Oggi la banca milanese presenterà i conti dei primi nove mesi del 2020, l’anno in cui il Covid ha sballato un po’ tutte le previsioni, ma soprattutto c’è molta attesa per le dichiarazioni che Castagna farà nella call con gli analisti prevista nel pomeriggio. Gli occhi sono puntati sulle opportunità di m&a sul tavolo di Bpm, che, secondo indiscrezioni di mercato, comprendono una possibile aggregazione con la francese Credit Agricole.

 

Mentre tutta l’attenzione è concentrata sull’ipotesi Mps-Unicredit – fronte dal quale non si registrano novità se non che l’ex ministro dell’Economia, Piercarlo Padoan, ha preso parte ieri al suo primo cda di Gae Aulenti dopo essersi dimesso dalla Camera – Banco Bpm gioca la carta della centralità lombarda per rendersi appetibile a potenziali partner. Il momento è ideale grazie all’inedita spinta verso le concentrazioni che arriva dalle autorità di mercato. Forse non è un caso che il capo della vigilanza europea, Andrea Enria, abbia citato in un intervento di qualche giorno fa proprio l’esempio della fusione Banco Popolare-Bpm, alla quale la Bce tentò di opporsi con mille richieste, per sottolineare quanto il clima sia cambiato dal 2016. Se le nozze tra banche “sono ben congegnate” si possono e si devono fare, secondo Enria, perché crescere come dimensione è l’arma più efficace per uscire rafforzati dalla crisi generata dal Covid-19. Insomma, un invito più che esplicito a unirsi sul mercato domestico e non solo.

 

Oggi la vigilanza vede con maggior favore rispetto solo a un anno fa anche le operazioni cosiddette “cross border”, cioè tra banche di diversi paesi. A piazza Meda questo cambio di indirizzo non è una novità. Castagna lo ha annusato da tempo e così quando c’è stata l’operazione Intesa-Ubi, che deve aver colto di sorpresa anche lui, che con la banca di Victor Massiah stava da tempo (forse troppo) studiando una possibile aggregazione, non si è perso d’animo e ha detto pubblicamente che la banca milanese resta “il partner ideale per una combinazione di grandi dimensioni”. Parole che hanno fatto pensare subito che qualcosa stia già bollendo in pentola. Ma cosa? Una buona parte degli osservatori di mercato è propensa ad accreditare l’ipotesi di un’unione con Credit Agricole poiché questa risponderebbe all’idea di creare un grande polo italo-francese in una fase in cui le relazioni tra i due paesi si stanno rafforzando sul piano finanziario come dimostra anche l’alleanza Cdp-Euronext per Borsa italiana. Uno scenario che vedrebbe Castagna mantenere un ruolo ai massimi vertici del nuovo gruppo.

 

D’altro canto, Bpm sarebbe anche il partner naturale di Unicredit nell’ottica di riequilibrare i rapporti di forza con Intesa-Ubi, la cui aggregazione ha creato un gigante del credito che in Italia non ha competitor. Se Gae Aulenti e Piazza Meda diventassero tutt’uno sarebbe la risposta più sfidante a Intesa-Ubi e per di più sullo stesso territorio, la Lombardia, dove il settore delle gestioni patrimoniali è quello che assicura margini di profitto alle banche in un momento storico in cui i tassi d’interesse sono molto bassi. In questo risiko all’italiana, però, c’è la variabile politica rappresentata dal futuro di una banca pubblica come Mps, che solo la fusione con un altro operatore del calibro di Unicredit potrebbe salvare dal baratro di 10 miliardi di cause legali. Questa partita, sebbene l’arrivo di Padoan (da ieri siede nel comitato corporate governance di Unicredit) abbia alimentato una serie di illazioni, è in realtà ben lontana dall’essere anche solo impostata considerando il forte scetticismo del ceo, Jean Pierre Mustier, il quale probabilmente a Siena preferirebbe un matrimonio milanese per accrescere la sfera d’influenza dell’istituto nel nord Italia. E, per ora, non c’è nulla che faccia immaginare una disponibilità di Castagna a considerare l’ipotesi di un polo a tre con Unicredit e Mps, anche se questa strada faciliterebbe l’assorbimento della banca senese dentro una grande massa critica.

 

Quello che, talvolta, si dimentica quando si immaginano scenari di salvataggi bancari travestiti da m&a è il peso che ha il mercato come decisore. Qualsiasi tipo di operazione deve passare al vaglio delle assemblee in cui investitori istituzionali privati ne giudicano la convenienza e la sostenibilità. In proposito, il presidente della fondazione Crt Torino, Giovanni Quaglia, che è grande azionista sia di Banco Bpm sia di Unicredit, ha detto in un’intervista che preferirebbe che le banche del paese si focalizzassero più su ipotesi di aggregazione con soggetti italiani che stranieri e ha aggiunto che Unicredit ha mostrato in questo ultimo periodo maggior attenzione per i territori rispetto a quanto non abbia fatto in passato. Forse un incipit, ma non è detto che quest’idea sia condivisa da altri fondi di investimento di Banco Bpm i quali, invece, vedrebbero con favore un’alleanza d’Oltralpe. Si vedrà. L’unica certezza è che, per ora, un treno diretto alta velocità Milano-Siena non esiste e che questo avrà un peso nelle decisioni.

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