Il carro e i buoi
Si parla di assessori (Welfare e Sviluppo) invece che di riforme e programmi. Regione e Comune
Tutto come previsto, niente in ordine. C’è qualcosa di perverso nella politica lombarda e anche in quella meneghina. Una sorta di inversione dei ruoli. Prima e più cogente questione: il famoso e fumoso rimpasto. Così come previsto l’assessore al Welfare Giulio Gallera è stato salvato dai suoi colleghi consiglieri regionali. Una vittoria netta sulla terza mozione di sfiducia presentata nei suoi confronti, con 47 voti contrari. I malpancisti hanno malgrado tutto obbedito a Matteo Salvini, e Gallera rimane al suo posto. Dunque adesso è più forte? Forse, secondo alcuni, sì.
Le ipotesi sono due. La prima è quella della Lega, che prevede il rimpasto prima di Natale. La seconda, quella che Forza Italia va ripetendo a destra e a manca, e che vede l’interprete più convinta in Mariastella Gelmini, vorrebbe il rimpasto alla fine della terza ondata già preannunciata da Gallera, ovvero nella prossima primavera. Poco prima della distribuzione dei vaccini anti Covid, insomma, e sperando di non replicare quel pasticciaccio brutto dei vaccini antinfluenzali.
Nel primo caso, quello che la Lega caldeggia, l’assessore Gallera sarebbe l’agnello sacrificale su cui scaricare buona parte della responsabilità. Difficile che Gallera accetti di buon grado e senza fiatare: un antipasto c’è stato nel passaggio in Aula in cui rigetta le responsabilità sui vaccini antinfluenzali addebitandole ad Aria (che dipende dal collega assessore Caparini, Lega).
Nel secondo caso, invece, il passaggio sarebbe più morbido purché sia onorevole per l’assessore, e magari potrebbe proprio essere questa la soluzione: promettere all’assessore che diverrà onorevole (ma bisognerebbe chiedere a lui). Questi, i desiderata. Ma siamo nel campo dell’inversione. Quando si entra in una fase di rimpasto prima si individuano i temi, poi i nomi, e poi alla fine si apre la discussione, ben sapendo i binari da seguire. Qui invece pare tutto fatto un po’ casualmente. E la domanda, che dovrebbe essere: “Come deve cambiare la Sanità?” continua colpevolmente a essere “come cambiamo l’assessore?”. E, in subordine, chi ci mettiamo? Peccato che – e questa è la riflessione che si fa nelle segrete stanze – se si cerca un gestore della Sanità attuale, è un tecnico quello che bisogna cercare. Non il bravissimo preside della facoltà di Medicina Zuccotti, che pare abbia rinunciato, ma un altro tecnico di eguale bravura e levatura.
Se invece occorre riformare il sistema sanitario, e dunque andare a intervenire sulla legge 23, così come è il caso, con proposte di adeguamento complessive, è un politico di esperienza e che conosca la macchina che bisogna andare a coinvolgere. A meno che la revisione della legge 23 non sia di facciata, e allora va bene più o meno chiunque. In Consiglio regionale questa cosa l’hanno capito benissimo. Così come hanno capito che il potere è in mano loro, e dunque non si avrà rimpasto senza soddisfare i desiderata consiliari. Stesso discorso, se vogliamo ancora più ampio, per lo sviluppo economico. Prima di capire chi deve fare l’assessore bisogna capire quale deve essere il piano economico per la Regione post Covid: ristori? Investimenti? Innovazione? Industria? E poi, chi ci va al posto di Alessandro Mattinzoli, sempre che lui se ne debba andare?
Sul Comune di Milano, se vogliamo, la situazione è analoga anche se coperta mediaticamente dal Covid, perché chi capirebbe oggi candidature e ricandidature, ma il tempo passa veloce. Beppe Sala lancia la proposta “Sam Astuti” di riforma della Sanità lombarda. Vuol dire che uno dei temi della campagna sarà la salute, si azzardano già a dire gli oppositori. Eppure basta vederlo giocare a calcetto una volta per capire che forse Beppe Sala non ha più lo scatto del ragazzino, ma ancora il dribbling sullo stretto lo sa fare. Tirare fuori oggi una bozza sulla Sanità, della quale peraltro il sindaco non ha alcun controllo né dal punto finanziario né dal punto di vista politico, sa appunto di operazione politica. Che è importante, ma a livello pratico lascia il tempo che trova, a meno che il Pd non vinca le elezioni in Lombardia fra due anni e mezzo: solo allora potrebbe applicarla. Un po’ presto per aver riscontri pratici, tempismo perfetto invece per un tiro da fuori un po’ velleitario.
Dunque, la riforma della Sanità targata Pd è un’operazione politica pressoché perfetta: non sarà applicata mai, e quello che verrà recuperato dalla maggioranza se lo intesteranno i Dem, e quello che verrà negato dalla maggioranza fornirà ai Dem propellente per fare opposizione. Tutto secondo manuale, ed è giusto così. Rimane però sempre la sensazione che ci sia qualcosa di fuori posto. In vista delle elezioni amministrative non bisognerebbe proporre un proprio programma di governo? Non bisognerebbe andare a interrogare la gente sul futuro della città? Se davvero Sala riuscirà nell’operazione – difficilissima, ma non impossibile – di far diventare le amministrative un giudizio sul proprio operato e su quello della Regione, allora la sua vittoria sarà cosa certa.