La vittoria alle elezioni di primavera per Sala non è mai scontata, in una città dove la sinistra è stata egemone ma in cui il centrodestra nello schema della Seconda Repubblica è stato a lungo vincente nella sua versione riformista
Scontata com’era la ricandidatura a sindaco, il 7 dicembre Beppe Sala ha giocato, con il video ai margini della cerimonia degli Ambrogini d’oro, la carta a effetto della candidatura anche ad arcivescovo di Milano, sulle orme di Sant’Ambrogio, “che è stato uomo delle istituzioni sia laiche che religiose”. Si perdonerà la battuta, del resto offerta su un vassoio d’argento, ma la scelta del giorno e il richiamo insistito, e pertinente, al santo vescovo parlano di qualcosa di più profondo e (politicamente) ragionato che non di un semplice gioco di comunicazione in grado sfruttare l’empatia ambrosiana. Del resto la sera prima l’arcivescovo Mario Delpini, che problemi di elezioni non ne ha, per il suo tradizionale Discorso alla città ha scelto un titolo di responsabilità collettiva, “Tocca a noi, tutti insieme”, sottolineando però che “Milano ha visto momenti assai più drammatici” e che oggi oltre al Covid c’è una “emergenza spirituale” da affrontare, uno “smarrimento del senso dell’insieme che riduce in frantumi la società e l’identità personale”.
Abbonati per continuare a leggere
Sei già abbonato? Accedi Resta informato ovunque ti trovi grazie alla nostra offerta digitale
Le inchieste, gli editoriali, le newsletter. I grandi temi di attualità sui dispositivi che preferisci, approfondimenti quotidiani dall’Italia e dal Mondo
Il foglio web a € 8,00 per un mese Scopri tutte le soluzioni
OPPURE