Dal nodo regione Lombardia alla corsa a sindaco di Beppe Sala, dall'occasione per il Pd al sollievo di Confindustria. E si capisce allora, che l'ex presidente della Bce rappresenti "la miglior selta per salvare l'Italia"
Non è né facile né in discesa la strada appena imboccata da Mario Draghi per formare un governo di rilancio nazionale, ed è ovviamente troppo presto per domandarsi che effetto potrà avere l’auspicata nascita di un esecutivo Draghi, e quali contraccolpi, in Lombardia e a Milano. Dipenderà ovviamente da quali forze lo sosterranno e con quale intensità. Ma qualche linea di fuga si può immaginare, e potrebbe essere positiva. Ad esempio il governo regionale, da molto tempo costretto all’angolo, molto più di quello veneto, dal combinato disposto del controproducente salvinismo da battaglia, da un’opposizione che pesta il tasto unico della propaganda e da un rapporto col governo Conte (e Speranza) a dir poco cattivo. Anche sui dossier economici. Se nella Lega prevalesse la linea di Giancarlo Giorgetti, che da mesi indica la soluzione istituzionale di Draghi, e di Massimo Garavaglia, con un po’ più di attenzione di Roma verso il nord i rapporti potrebbero farsi più distesi. Ne avrebbero da guadagnare tutti.
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