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E un nuovo Miracolo?
70 anni fa uscì il capolavoro poetico di De Sica e Zavattini. E oggi? Le idee di Biondillo
"Quel film è una delle mie ossessioni”, racconta al Foglio lo scrittore Gianni Biondillo, milanese doc avendo mamma siciliana e padre campano. “Chi è più tipicamente milanese di me?”. Il film in questione è Miracolo a Milano, uscito esattamente 70 anni fa, l’8 febbraio 1951. Un capolavoro del cinema che volava, letteralmente, oltre il Neorealismo. Firmato da Vittorio De Sica e Cesare Zavattini. E girato en plein air nelle periferie di Milano. “In questo momento – continua Biondillo, che proprio oggi ha in uscita per Guanda, Lessico Metropolitano, una sorta di prontuario di “seduzione urbana” – preso da una specie di entusiasmo e di amore nei confronti di questo film sto cercando di organizzare un’antologia da pubblicare entro la fine dell’anno su Miracolo a Milano. Sarà EuroMilano, una grande società immobiliare, a sponsorizzare la pubblicazione, verrà distribuito a chiunque lo voglia in modo gratuito, non si andrà in libreria per acquistarlo. Un omaggio che voglio fare alla città per cui abbiamo coinvolto la Biblioteca Sormani per poterlo scaricare anche come ebook da regalare online. Intorno a Miracolo a Milano c’è una specie di calamita nel nome di questa città. Un film che ha rappresentato in maniera completamente anomala l’immagine di Milano rispetto a quella classica. Ha guardato verso gli ultimi, i diseredati, i barboni. Milano è sempre stata una città che da una parte correva e dall’altra non perdeva di vista chi stava in fondo”.
Una pellicola che fece discutere, non piacque né a destra né a sinistra. “E’ un film molto zavattiniano, molto meno di De Sica. Perché Zavattini conosceva Milano e frequentava la zona di Città Studi. Il campo dei barboni esiste ancora, è in un posto ben preciso lungo via Valvassori Peroni, sullo spaccato ferroviario che divide Città Studi e Lambrate. Portò De Sica per un sopralluogo. Era una fiaba che in un certo senso si apre con un ‘c’era una volta…’ e termina con una magia, una scena che ha influenzato tutta la storia del cinema anche americano. Era stato criticato da destra e da sinistra mentre all’estero tutti questi problemi ideologici non esistevano. E’ stato accolto subito entusiasticamente”. La Milano raccontata in Miracolo a Milano fisicamente e praticamente non esiste più perché è nella natura di questa città la trasformazione, il mutamento, anche di questo parla quel film. Un film che ha fatto bene a Milano facendola entrare nell’immaginario collettivo globale”.
Trova una modernità guardandolo con gli occhi di oggi? “A settembre c’è stata una curiosissima proiezione dove è stato girato grazie all’aiuto della Biblioteca Sormani e della Cineteca di Milano. Ho portato le mie figlie adolescenti e immaginavo un “papà che palle”, invece ne abbiamo discusso per una settimana. Certo che è un film che ha 70 anni, non ha tempi e ritmi contemporanei però il messaggio che lancia è talmente forte e poetico che lo guardi come una fiaba ma reale. Si potrebbe rifare oggi, chissà cosa sarebbe un nuovo Miracolo a Milano, sotto quali ombre di quali grattacieli dovremmo costruire quel campo di barboni. Dopo un anno e mezzo di vera sofferenza abbiamo bisogno di pensare poeticamente alla città. Il mio libro sul film non è di nostalgia ma di speranza, un rimbocchiamoci le maniche come è tipico di Milano. Che non si è mai fermata per davvero anche quando sembrava ferma immobile. Milano non getta la spugna, non è nella sua natura”.