"La vedi laggiù all’angolo? Quella sarà la tua nuova casa”. Dalla finestra di Massimo sembrava un rudere, l’intonaco scrostato e i serramenti marci. Un mese dopo l’ho comprata, il peggiore azzardo della mia vita, ora lo posso dire, l’architetto è stato bravo ma l’ho tirato scemo, sposta quel muro, alza il solaio. Alla fine l’abbiamo sventrata e tra un guaio e l’altro ci son voluti quattro anni di candele accese all’Abbazia del Casoretto davanti al trittico del Liberale, il pittore col più bel nomignolo mai sentito, anche se forse al mio cantiere sarebbe servito un dittatore. Tra un sopralluogo e l’altro ho iniziato a conoscere la zona, sempre in tasca un libro di Franco Loi, il poeta del Casoretto e la sua immagine della donna che camminava su via Porpora colle mani alzate e “camina ’m’ ind i sogna”, alle spalle piazzale Loreto e la guerra e gerarchi presi a calci e sputi da quelli che prima li avevano esaltati.
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