GranMilano
Conche dell'acqua
Non solo darsena. Uno studio sui 54 “snodi” della grande rete dei canali lombardi
Il titolo non lascia dubbi. “Le Conche, Per la navigabilità dei Navigli lombardi”, scritto da Riccardo Biscardini e Edo Bricchetti (Biblion edizioni), affronta il tema delle conche dal punto di vista di chi vorrebbe riaprire i Navigli. Il libro ha l’ambizione, anche in modo divulgativo, di guardare al futuro partendo dalla conoscenza del passato attraverso le storie e le tante immagini pubblicate. “E’ un atlante delle conche sia esistenti che non esistenti perché sono state censite tutte, non ne manca nemmeno una: 54 conche della rete dei navigli lombardi e per ogni conca c’è una descrizione sia tecnica che paesaggistica”, spiega al Foglio Biscardini. Dal Lago Maggiore lungo i canali che arrivano Milano la Conca della Miorina sul Ticino, la Conca della Maddalena sul Canale Industriale e fino al Naviglio Grande. Dall’altra parte il naviglio di Paderno, più quello della Martesana collegano il lago di Como a Milano, mentre il naviglio Pavese arriva al Ticino e al Po. Le più importanti a Milano sono la conca dell’Incoronata, vicino ai Bastioni di Porta Nuova, che esiste ancora ma ancorché senz’acqua e la Conca di Viarenna, che se ristrutturata rappresenterebbe l’allargamento del bacino della Darsena. “E’ un libro molto fotografico, più lo guardo e più è dedicato a Milano e alla Lombardia e può diventare strumento per gite turistiche. Perché nessuno le conosce”.
Già, ma che sono le conche? “Milano, città di pianura, ha saputo ergersi a vero e proprio scalo portuale grazie a un fitto reticolato di vie d’acqua artificiali, i navigli, e a una sequenza lineare di opere idrauliche, le conche, che le permisero di allacciarsi ai grandi fiumi lombardi, il Ticino e l’Adda. La storia delle conche e la storia dei navigli lombardi, i canali più antichi d’Europa, sono un concentrato di conoscenze tecniche e cultura materiale maturate in un ampio arco di tempo”. Conoscerne le vicende e constatarne l’esistenza significa, quindi, entrare in contatto con la storia della navigazione in Lombardia e con ciò che la navigazione può ancora rappresentare in futuro. “Significa confrontarsi con un paesaggio lombardo di acqua e di natura di notevole bellezza”.
Chi segue passo passo la possibilità di riaprire i navigli, chiusi a Milano a partire dal 1929, e la riqualificazione dei navigli esistenti in Lombardia, e che ha promosso il libro, è l’Associazione Riaprire i Navigli nata nel 2012. “L’idea di riaprire i navigli è figlia di una mia ricerca fatta all’università quando insegnavo Urbanistica alla facoltà di Architettura del Politecnico. E’ sostanzialmente un progetto di urbanistica. Riaprire i Navigli per cambiare la città. Non è interessante solo l’aspetto idraulico, anche se secondo noi è fondamentale per riaprire la navigabilità dei navigli, ma soprattutto, nella città di Milano, la presenza di questo corso d’acqua obbligherebbe a cambiare in modo radicale perfino il disegno della città e in particolare organizzare diversamente il traffico, aumentare le aree di pedonalizzazione”. A rivelarlo, oltre alla storia, è la sua stessa forma di città ad anelli concentrici, risultato della tracciatura dei diversi fossati che un tempo cingevano le sue mura. “Ma quel tracciato è stato inesorabilmente cancellato a partire dagli anni 30 del XX secolo per un eccessivo e frettoloso furore di modernizzazione urbana”. E si guarda anche oltre i confini. “In Europa il tema della navigabilità dei canali interni è fondamentale, perché loro vedono questa rete italiana come la realizzazione di un grande progetto europeo come avverrebbe a Parigi, Berlino, Londra città che hanno canali”. Ma c’è davvero la possibilità di aprire i navigli? “C’è una volontà popolare certa, il referendum del 2011 vide il 94 per cento dei milanesi dire di sì. Ora sta crescendo una volontà internazionale. Con le conche si dà vita al progetto di riqualificazione dei navigli. Basta cominciare”.