GranMilano
L'app per il lavoro
Ichino spiega MyAfolmet, il nuovo strumento di Afol per domanda, offerta e percorsi
La pandemia accelera la transizione, non solo quella ambientale. Nell’area milanese la transizione che preoccupa di più è quella del lavoro, perché quando finirà il blocco dei licenziamenti bisognerà farsi trovare pronti. “Milano sta meglio del resto del paese, dal punto di vista del mercato del lavoro, ma sta peggio rispetto al centro-nord Europa”, spiega Pietro Ichino, giuslavorista, nel cda di Afol metropolitana. “Abbiamo una partecipazione femminile al mercato del lavoro superiore alla media nazionale, si avvicina all’obiettivo di Lisbona del 60 per cento, ma è nettamente inferiore rispetto agli standard europei. Abbiamo un tasso di disoccupazione giovanile inaccettabile, dovuto essenzialmente alla carenza di strumenti di orientamento scolastico e professionale. Abbiamo bisogno di mettere a disposizione di un’intera generazione il primo anello della catena dei servizi del mercato del lavoro che è l’orientamento scolastico professionale, senza il quale il gap tra tasso della disoccupazione giovanile e tasso generale non si risolve”. Precisa: “Dai nostri incontri con Assolombarda, Confcommercio, Confartigianato risulta evidente la difficoltà nella corrispondenza tra domanda e offerta di lavoro”.
Afol, per eliminare 30 mila code all’anno nei centri per l’impiego dell’area milanese si è inventata MyAfolmet, l’app destinata a rivoluzionare il rapporto con i servizi per l'impiego, gestiti per conto della Città Metropolitana. Ha presentato il progetto Maurizio Del Conte, presidente di Afol. “La novità della app – spiega ancora Ichino – consente di digitalizzare tutto l’aspetto burocratico del servizio, permettendo ai cittadini di non fare code, dedicando il personale ai compiti di assistenza, orientamento e accompagnamento al lavoro: tutto ciò che le aziende chiedono”. “Abbiamo un mercato del lavoro oggi fortemente differenziato. Abbiamo dei settori completamente paralizzati, come commercio e turismo, e settori che hanno vissuto uno choc positivo, un incremento di domanda: sanità, informatica, logistica”, spiega il giuslavorista. Ci sono posti di lavoro che risolverebbero un problema sociale ed economico, è il caso di Amazon che sta aprendo in Lombardia tre nuovi magazzini e ha visto crescere fatturato e dipendenti (anche se le organizzazioni sindacali parlano di pesante sfruttamento).
“Per questo – continua Ichino – è importante l’avvio tra Afol, le associazioni imprenditoriali, ma soprattutto le imprese, di una collaborazione in grado di esprimere una domanda di servizi personalizzata. Vanno attivati percorsi specifici”. In particolare nei prossimi mesi sarà necessario che ogni azienda possa trovare l’assistenza necessaria (uno sportello Afol) in grado di risolvere i suoi problemi. L’altra metà del problema riguarda la formazione, “siamo consapevoli che la formazione deve essere mirata alle necessità delle imprese, deve essere monitorata nella sua efficacia e su questo siamo molto indietro anche se il jobs act lo prevedeva”, conclude Ichino. E la formazione sembra essere la madre di tutte le questioni. Basta guardare al settore artigiano: oltre 20 mila imprese sono senza futuro, perché la crisi “delle vocazioni” impedisce ai titolari, senza le giovani generazioni, di pensare al futuro dell’azienda. (da. bo.)