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Due soldi di speranza, quel che serve al comune per rifare Milano
Il capoluogo lombardo tra pochi mesi dovrà fare i conti con qualche migliaio di esercizi pubblici chiusi, e con un livello di disoccupazione tornato “pre Expo”. Dai 300 ai 250 milioni di mancati introiti per lockdown e smart working. Un volano di ripresa sarà il masterplan per Porta Romana
Come nel vecchio film di Renato Castellani che inaugurò il neorealismo rosa, anche Milano avrebbe bisognoso di “due soldi di speranza”. (Anzi un po’ di più). Come nel neorealismo rosa, perché un conto è guardarsi realisticamente nello specchio del disastro in corso, lo facciamo tutti da un anno, ma poi serve anche un po’ dell’ottimismo che fu il volano della ricostruzione. E mentre la politica cittadina sonnecchia, per i milanesi che andranno a votare in autunno, oltre alle promesse green e al successo vaccinale, conterà molto anche un altro fattore: il fattore “quanti soldini riuscirà a mettere a terra il nuovo sindaco?”.
Milano tra pochi mesi dovrà fare i conti con qualche migliaio di esercizi pubblici chiusi, e con un livello di disoccupazione tornato “pre Expo”. E l’Amministrazione comunale ha, giocoforza, la necessità di non abbassare il livello dei suoi impegni e dei servizi erogati, soprattutto alle fasce più indebolite. Il problema è la cassa. I mancati introiti dovuti a lockdown e smart working (Atm, dividendi Sea, tasse di soggiorno e persino il crollo del multe) valgono 300 milioni, o 250 come spera il sindaco. L’assessore al Bilancio Roberto Tasca (che non rinnoverà l’incarico) in audizione qualche giorno fa ha illustrato politiche virtuose di risparmi e ha escluso sconti su tasse come Imu e Tari, incassando proteste un po’ demagogiche dell’opposizione. Ma quei “duecento milioni di speranza” il comune deve andare a cercarli altrove: cioè dal governo.
Intervenendo qualche giorno fa con l’arcivescovo Delpini a un incontro del Fondo San Giuseppe di aiuto alle famiglie in difficoltà, promosso dalla diocesi ma cui partecipa anche il comune, Beppe Sala ha ammesso apertamente le difficoltà strategiche della Giunta: “Spero che il governa possa darci risposte in fretta per i fondi del Recovery fund… io non ho altre ricette serie oltre a un sapiente utilizzo dei fondi del Recovery plan. Conto tantissimo su quello, perché abbiamo tanti progetti pronti e Milano si candida a poter fare un grande cambiamento dal punto di vista delle infrastrutture, della mobilità, dell’ambiente, e delle case popolari”.
Uno dei volani di ripresa è stato presentato mercoledì scorso, il masterplan per Porta Romana. Ma non potrà essere solo la grande urbanistica a risolvere i problemi. Ci sono le buone pratiche, anche. Col primo trasferimento di parte degli uffici comunali in nuove strutture in periferia (la prima a Corvetto, poi seguirà Bovisa) Palazzo Marino potrà mettere sul mercato la vendita di immobili di pregio in centro per una base d’asta di 50 milioni di euro. E non va dimenticato che Milano è la città italiana che incassa ogni anno di più (700 milioni nel 2019) con la vendita di beni e servizi. Le buone pratiche amministrative aiuteranno a sostenere il bilancio, permettendo il mantenimento degli standard cittadini attuali. Ma per mettere i soldi “della speranza”, è necessario che i contatti tra Milano, il governo e l’Europa (Sala ha recapitato al ministro Daniele Franco “un dossier che riepiloga tutti i progetti”) siano rapidi e senza intoppi.