Piazza Giovanni Bausan, nel quartiere Bovisa a Milano (Wikimedia commons)

GranMilano

Tra Dergano e Bovisa, quartieri a km 0 che non perdono identità

Cristina Giudici

Bisogna saperla cercare, dentro i cortili, l’anima di queste zone di Milano

A stare in mezzo ai suoi abitanti che non hanno rinunciato a vivere con i propri simili neanche nei giorni rossi – nei parchi dove gli adolescenti giocano a calcio, nelle strade del centro del quartiere che tutti descrivono da anni come la nuova Isola che avanza – l’impressione è quella di avere davanti un fiume con troppi affluenti, per poter affermare che anche qui sia arrivata la filosofia del quartiere a Km zero. A meno di stare fra piazza Dergano e le strade limitrofe dove la pandemia ha rafforzato la storica vocazione artigianale. Anche se i suoi abitanti vivono a cavallo con il quartiere della Bovisa. Si va in Bovisa per il macellaio, per il campus universitario del Politecnico; e si va a Dergano per gli artigiani equosolidali di via Guerzoni e dintorni. Come Opella, i gioielli di carta e di materiali riciclati realizzati dal 2011 in una ex bottega di frutta e verdura. E poi fabbri, ceramisti, falegnami.

 

Bisogna saperla cercare, dentro i cortili, l’anima comunitaria di questo quartiere che nel 2019 ha partecipato per la prima volta al Fuori Salone e poi è ritornato un po’ nel bozzolo consueto di sé stesso, come tanti quartieri di Milano che hanno puntato sulla propria identità per superare in modo vivace le costrizioni dovute alla pandemia. “Sembrava un luogo dove i vicini stavano alzando la testa per riconoscersi prima che l’emergenza ci distanziasse”, osserva David Poletti che aveva il suo studio di architetto nel centro di Dergano.

 

“Con l’emergenza sanitaria sono nate o si sono rafforzate molte realtà sociali che operano in modo discreto rispetto ad altri quartieri”, spiega Andrea Motta, consigliere Pd del Municipio 9 che si trova nella villa ottocentesca Hanau. Lui ci mostra le case che hanno mantenuto l’aspetto del passato contadino, ma hanno prezzi proibitivi, e le palazzine popolari su via Imbonati che porta verso i confini di Affori, dove si aggregano i peruviani che portano casse di birra al parco sui monopattini. Ma l’anima del quartiere che resta connesso e fa comunità non si trova solo nella parrocchia San Nicola di via Livigno, dove don Mario Garavaglia chiede agli abitanti di regalare i punti dell’Esselunga per aiutare le famiglie in difficoltà.

 

Come ci fa notare Ilaria Bartolozzi, giornalista, “in questo tempo sospeso si è rafforzata la coesione”. Che siano le proteste contro la Dad davanti alle scuole chiuse o iniziative che ruotano intorno ai bimbi e agli abitanti in difficoltà, il WhatsApp delle donne di Dergano (e Bovisa) non si silenzia mai. Al Rob de Matt, locale che aveva già sposato la filosofia dell’inclusione, ora è stato creato il So.De, il social delivery  che attraverso una  piattaforma online permette di ordinare una cena, un libro, una pianta o prodotti a Km zero di librerie indipendenti, ristoranti, botteghe artigianali. E al Nuovo Armenia, la cascina rinata per contrastare il degrado urbano e diventare il cinema del quartiere (chiamata così in omaggio all'Armenia Films, fondata nel 1917, che aveva sede tra Dergano e Bovisa) sono finite le riprese per il documentario su scuola e povertà educativa ai tempi del Covid attraverso testimonianze, sguardi, silenzi, difficoltà di famiglie, educatori, educatrici, insegnanti ma soprattutto di bambini e bambine, ragazzi e ragazze che dietro allo schermo hanno perso un anno di vita.

 

Ora il vanto degli abitanti di Dergano è la piccola libreria-bistrot Mamusca, dove Francesca Rendano gira per i cortili del quartiere (e non solo) a bordo di una bicicletta-biblioteca per raccontare storie comiche ai più piccoli. Come ad esempio il libro illustrato Il venditore di felicità perché la felicità non si può vendere né comprare e si (ri)trova soprattutto ora nelle piccole cose. Come dipingere un sasso che chi trova sul proprio cammino in un giardino può spostare per farlo ritrovare a qualche altro residente e magari strappargli un sorriso. L’iniziativa Un sasso per un sorriso è un altro modo per accorciare le distanze e trovare dei codici espressivi che aiutano a sentirsi prossimi nella distanza. “Sono opere d’arte che danno gioia e buon umore”, scrive su Facebook il fotografo Rocco Puzziferri che si è offerto di fare ritratti al Giardin de Derghen, davanti al ciliegio rifiorito. In questa vasta area urbana integrata nel tessuto cittadino agli inizi del ’900 si lega e ci si collega anche così, attraverso un sasso dipinto e messo in un parco come un messaggio da decifrare. E nella Milano che cambia e si ritira nei quartieri, Dergano può apparire come una promessa.

 

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