GranMilano
Lente manovre per il Pirellone
Il Pd ragiona sulla conquista della Lombardia. Ma deve capire cosa faranno gli (ex) 5s
Il Partito democratico ama Regione Lombardia come solo uno spasimante respinto per lunghi, lunghissimi anni, fin dalla notte della Prima Repubblica, dai tempi – brevissimi, brevissimi – di Bruno Tabacci e ancor prima da quelli gloriosi di Giuseppe Guzzetti. Entrambi ancora sulla scena oggi, il primo tra bicicletta e ministero, il secondo con la nuova tessera del Pd in tasca. Eppure, come nei frammenti di un discorso amoroso di Barthes, il Pd ha esercitato su Regione una “stretta immobile, nel sonno ma senza dormire”, ma mai l’ha conquistata. Forse, anzi senza forse, perché mezzo addormentato.
La Lombardia, come scrisse anni fa Marco Alfieri, e ancora non è stato smentito, è per la sinistra una “terra ostile”. Ora, però, pare che il Pd si voglia svegliare. Tanto che in un seminario svoltosi venerdì scorso ha indicato una linea comune, a livello regionale, per provare davvero a scalare il Pirellone e Palazzo Lombardia. Ora, o mai più. Dove l’ora decisiva è comunque tra due anni, anche se la segreta voglia sarebbe di andare al voto nel 2022, cosa però che difficilmente Salvini permetterà, cercando l’accoppiata tra politiche e regionali nel 2023. E mica si crederà che M5s e Forza Italia vogliano decedere prima, né a Milano né tantomeno a Roma.
Prima novità della nuova strategia del Pd lombardo: una volta tanto si parla con i numeri in mano, grazie al contributo di un sondaggista in pensione (ma molto attivo) che sta elaborando tonnellate di dati raccolti sui territori. Seconda novità: si punta dritti sulla Sanità, e per una volta senza andare a denigrare il settore privato, visto che poi alla fin fine piace più o meno a tutti i lombardi, e quelli a cui non piace votano in ogni caso già a sinistra. E si tengono d’occhio i vari movimenti. Come quello, assai interessante, di Guido Guidesi, assessore plenipotenziario leghista allo Sviluppo economico, in giro per i territori in cerca di un filo rosso da riprendere in mano sulle attività produttive a trazione centrodestra. Guidesi, leghista assai pragmatico e intelligente, è sotto la lente del centrosinistra per il suo modo felpato ma deciso di esserci. Fin qui, politica dei programmi, che già è segno di vitalità.
Poi c’è il tema degli schieramenti. E qui sulla strada del Pd arriva l’estremo tentativo dei pentastellati più intelligenti (che infatti stanno con Giuseppe Conte) di salvarsi dallo tsunami che si avvicina, giorno per giorno, con l’approssimarsi delle urne. E l’intreccio tra Regione e Comune di Milano si fa interessante, elettoralmente parlando. Raccontano i bene informati che a Milano il Movimento 5 stelle dei meet up e delle Bedori andrà a presentare un proprio candidato alternativo a Beppe Sala. Che però già al primo turno dovrebbe essere sostenuto “privatamente”, e dunque a titolo personale, da Stefano Buffagni, Dario Violi e dunque dai colonnelli del nuovo partito di Conte su Milano e in Lombardia. Piccoli segnali: a Treviglio, nella bergamasca di Violi, addirittura c’è una alleanza organica al primo turno. I “governisti”, capitanati dall’ex viceministro del Mise, prenderanno subito posizione per Sala.
Intanto costruiscono una strategia di alleanza con il Pd sul lungo periodo, con in testa la Regione. Girano i territori, uno per uno, battono le periferie e i centri vaccinali, gli ospedali e gli stakeholder. Danilo Toninelli candidato in Regione? Non diciamo eresie. Ma l’accordo nazionale tra Letta e Conte potrebbe aprire spiragli in mezzo alla tempesta sui grillini, e la strategia è quella di scaricare i meet up e imbarcarsi su un vascello riformista di nuovo conio, che al Nord sia interprete di una voce completamente nuova. Legalità, ma anche produttività. Il che non stona, sotto la Madonnina. Basterà a reggere all’urto della sparizione del consenso elettorale? Basterà aggrapparsi alla popolarità di Conte per operare il più incredibile cambio di Dna politico dai tempi della prima Lega nord di Umberto Bossi? Oggi è difficile dirlo. Di certo, per la prima volta dopo trent’anni, la sinistra innamorata di Regione si è svegliata. Con quale successo, si vedrà.