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Gran Milano

Gli sbadigli elettorali, il Pd e i riformismi divergenti. Si parte

Fabio Massa

"Sogniamo l'endorsement di Draghi, proponiamo soluzioni concrete e immediate per la città". Parlano i riformisti milanesi

Una campagna elettorale fiacchina, anzi di più. Breve, nel disinteresse generale, post-vacanziera. Eppure Milano è la capitale del nord, è la locomotiva. Ma, sotto pelle, qualcosa si sta muovendo. Ma bisogna occuparsi di singoli candidati e singole candidature. Nomi e voci, e pure una formazione, quella dei Riformisti, ambiziosa al di là della raccolta delle preferenze (che saranno poche per tutti). Spiega al Foglio Gianfranco Librandi, grande regista del raggruppamento in cui ci sono i renziani, i calendiani, i civici e la società civile: “C’era l’esigenza di fare una lista comune al centro. Il motivo per cui ho dato il mio appoggio e il mio contributo a farla è quello di cercare di stabilizzare la politica. In questo momento la destra sovranista è avanti, e c’è bisogno di un centro molto forte, che possa arrivare fino al 15 per cento”.

 

Ottimista, Librandi. E con un sogno: “Sogno che Draghi ci prenda come suoi dragoni. Allora sì che ci divertiremmo”. Alberto Veronesi, maestro d’orchestra, parla del riformismo nell’arte e nello studio: “Vuol dire dare applicazione all’articolo 34 della Costituzione: ‘I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi’. Questo vuol dire essere riformisti in campo intellettuale, a Milano. Dare a tutti questa opportunità”. Laura Specchio invece è una delle capolista (un trittico rosa) insieme a Lisa Noja e Giulia Pastorello: “Se non riusciamo a leggere i processi che ci attraversano non sappiamo agire e dunque non siamo riformisti. Dobbiamo avere la capacità di essere discontinui. E abbiamo bisogno di innovazione politica”. E il Pd? “Il Pd è un partito molto fermo in questo momento, poco dinamico nel dibattito. E’ un partito grande, con tante correnti di pensiero. Però ha difficoltà nel trovare quella capacità di innovazione”.

Tuttavia anche il Pd ha una componente riformista. Tra gli interpreti, sicuramente, l’assessore uscente Pierfrancesco Maran. “Io ho sempre abbinato il concetto di riformismo al fare. Riformismo senza fare non esiste. Bisogna avere una visione del paese e della città ma poi bisogna metterla a terra in azioni concrete. Ed è là che l’approccio diventa riformista: ha l’obiettivo di andare oltre la teoria”. Maran rifiuta però la teoria del riformismo moderato: “Non ho mai condiviso questa idea: l’introduzione di Area C era dirompente, 10 anni fa. Ma era riformismo. Essere riformista vuol dire andare a cercare soluzioni abitative immediate per chi ha perso la casa in un incendio come quello di via Antonini. Per me è un approccio di vita: quando vedi un problema cerca di capire come renderti utile per risolverlo“.

Filippo Barberis, capogruppo uscente del Pd, sta organizzando un grande evento per il 16 settembre. Si intitolerà “Milano 2026”, e si terrà alle Stelline. Interverranno il ministro Guerini, il sindaco Sala, Irene Tinagli. “L’idea è quella di far portare a ogni ospite un’idea da applicare nei prossimi cinque anni. Perché il riformismo nella storia della nostra città è la grande capacità di coniugare idealità, attenzione al sociale e allo sviluppo, con un enorme pragmatismo e la capacità di attivare il privato per servire l’interesse pubblico. Il modello? Un progetto come WeMi, l’offerta integrata dei servizi dell’amministrazione e del privato sociale che ha come base di appoggio una piattaforma telematica che consente una diffusione territoriale di sportelli”.

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