LaPresse - Claudio Furlan 

Granmilano

Intermonte, 30 anni di sfide in finanza e ora la Borsa. Parla Valeri

Mariarosaria Marchesano

Un'intervista per raccontare gli ultimi trent’anni dei mercati italiana, vissuti in prima linea, fino all'imminente quotazione di Intermonte

Gli esami non finiscono mai per Sandro Valeri, il banchiere d’affari con la passione per la chitarra (la sua band, Lokomotion, ha all’attivo oltre trenta dischi e numerosi concerti) che, a 63 anni,  dopo un vita trascorsa a navigare i mari della finanza, ha deciso di sottoporsi a una prova del nove. Dopo aver portato a Piazza Affari decine di società, tra le quali casi di particolare successo sono stati quelli delle società hi-tech eBiscom (l’attuale Fastweb) e Tinexta nel 2014, in cui la crescita di valore di mercato è stata paragonata alle dotcom di Wall Street, Valeri si presenterà presto – forse già in autunno – davanti alla comunità finanziaria per quotare la “sua” Intermonte, fondata nel 1995 a Milano come banca d’affari indipendente, in un’epoca in cui il mercato era dominato dai grandi gruppi. Valeri, personaggio eclettico e schivo (parla il meno possibile con i giornali) ha cominciato giovanissimo: a vent’anni era già sul “floor” della Borsa di Milano per il gruppo Sanpaolo, che poi si sarebbe fuso con l’Imi.


In questo colloquio con il Foglio ripercorre gli ultimi trent’anni della finanza italiana vissuti in prima linea e con un dinamismo fuori dal comune. “All’inizio degli anni Novanta l’Italia aveva visto il primo exploit delle sue borse valori e da poco era stata varata la riforma che aveva fatto perdere agli agenti di cambio il monopolio delle contrattazioni lasciando spazio alla nascita delle società d’intermediazione mobiliare, le cosìddette sim – ricorda Valeri – Noi eravamo un gruppo di manager e operatori finanziari, con un approccio anche un po’ garibaldino se vogliamo, ma con un sogno americano: dar vita nel nostro paese a qualcosa che assomigliasse a una banca d’affari sul modello di quelle anglosassoni ma focalizzata sull’economia italiana e diversificata per tipologia di servizi finanziari. Era un periodo ricco di opportunità ma certo non facile perché l’Italia aveva da poco subito, per effetto dell’uscita dallo Sme, una svalutazione della lira del 30 per cento e c’erano i primi governi tecnici chiamati a fare riforme e a tassare la ricchezza”.

Intermonte apre così il suo primo ufficio a corso Vittorio Emanuele, dove adesso c’è lo store di Zara, che per diversi anni ospiterà le sale operative dove ogni mattina si seguivano le negoziazioni sui titoli che avevano abbandonato le “grida” per trasferirsi su piattaforme tecnologiche. Allora la società si chiamava Intermobiliare Sim ed è diventata Intermonte dopo l’acquisizione di Monte Paschi Sim avvenuta nel 2000. Accanto a Valeri c’erano una ventina di giovani professionisti che in buona parte continuano a costituire lo zoccolo duro dei soci della Intermonte partners di oggi. “Siamo stati tra i primi a portare investitori istituzionali stranieri in Italia e ad aprire un ufficio a New York e a Londra canalizzando i loro capitali nel nostro paese. Di lì in poi è stato un crescendo di interesse e di operazioni dall’estero fino a quando anni di instabilità politica hanno finito con l’allontanare flussi di capitali che poi sono ritornati a fare capolino solo di recente, con il governo Draghi. Posso dire che negli ultimi mesi i nostri professionisti sono stati contattati da investitori internazionali che non sentivano da anni”. Valeri ricorda che i primi 10 anni dell’Italia nell’euro sono stati caratterizzati dallo spread con i bund tedeschi che si aggirava intorno ai 40 punti base. Poi sono arrivate le fiammate del 2011 a 5-600 punti base (governo Berlusconi) e del 2018 a 300 (governo Lega-M5s) in cui i monitor delle compravendite di Borsa sembravano impazziti.

 

“Oscillazioni che hanno evidenziato un rischio Italia sui mercati finanziari: sono stati anni in cui era difficile gestire operazioni con l’estero. E Intermonte fu scelta come advisor nell’opa di ChemChina su Pirelli che, per fortuna, andò bene”. Quello che in molti non comprendono, questa è la ricostruzione di Valeri, è che Borsa italiana – che di recente è passata dal London Stock Exchange al gruppo Euronext – ha dimensioni limitate in confronto con altri mercati finanziari e può crescere soprattutto attraverso l’apporto di investitori esteri per i quali fattori come stabilità politica e prospettive di crescita economica sono fondamentali. “L’effetto congiunto della credibilità di Draghi con l’attuazione del Pnrr sta cominciando a generare un circolo virtuoso che noi vediamo nei numeri e nei dati di ogni giorno. E questo ci incoraggia nella nuova sfida che abbiamo deciso di intraprendere come banca d’affari in una fase in cui l’Italia sta ripartendo dopo la pandemia”. Il gruppo Intermonte conta su un fatturato che si aggira intorno ai 40 milioni annui in costante crescita e con una redditività forte. Ma perché la società vuole quotarsi? “Per noi rappresenta un’ulteriore evoluzione del nostro modello fondato sulle partnership e un’ulteriore prova di indipendenza. Vogliamo rendere la struttura del capitale più flessibile, attrarre nuovi talenti mantenendo il nostro posizionamento tra i leader dei servizi finanziari nel segmento delle piccole e medie imprese. Oggi puntiamo sull’Aim con la prospettiva di arrivare in futuro allo Star di Borsa italiana”.

Di più su questi argomenti: