Gran milano
Dopo le sberle, ecco pronta la rissa tra Lega e FI in regione Lombardia
Politica, contenuti, tensioni. Cosa non funziona ai blocchi di partenza del centrodestra, sul dopo Fontana
C’è chi scommette che Attilio Fontana non toccherà una virgola. Altro che rimpasti di giunta e altre voci che, come venticelli, soffiano lungo i trecento metri che separano il consiglio regionale in via Fabio Filzi e la giunta di Palazzo Lombardia. Certo, per le logiche cencelliane (che anche Beppe Sala con la giunta milanese ha dimostrato di conoscere e applicare meritoriamente alla perfezione), qualche casella andrebbe ridefinita. Incastri pericolosi e complicati. Non bisogna solo tener conto della rappresentatività dei gruppi consiliari, ma anche dei territori. Per capirsi: il conto degli assessori è complicato dal fatto che vengano dalla Valtellina o dalla Valcamonica o da Milano e così via. Tutta la Regione va rappresentata, tutti i gruppi vanno rappresentati. E poi ci sarebbe anche il tema della competenza, che non è affatto secondario, in un momento in cui la gente chiede proprio quello: competenza e serietà. Dunque, partendo dalla fine: difficile che Attilio Fontana si metta a fare rimpasti a un anno e mezzo dalla fine della consiliatura, con il rischio di farsi venire un immane mal di testa.
Però le tensioni sotterranee esistono. Da una parte c’è la Lega. Che ha pure preso due schiaffi, a Milano e nella sua Varese, ma dentro il Palazzo ha acquisito due consiglieri pesantissimi, come il presidente del consiglio regionale Alessandro Fermi e il consigliere Mauro Piazza, transfughi da FI. Per la prima volta – sottolinea Forza Italia – la Lega controlla sia la giunta regionale che il consiglio regionale. Gli azzurri ricordano di quando, a parti invertite, era Forza Italia che garantiva le posizioni leghiste anche quando questi erano assai deboli nelle urne. Dunque, i berluscones vorrebbero la presidenza dell’aula. Tuttavia questo aprirebbe un conflitto interno alla maggioranza. Perché il Carroccio può rivendicare, avendo due consiglieri in più, un posto da assessore in più, a scapito proprio di Forza Italia. Ma gli azzurri replicano dicendo che la Lega ha già qualcosa che non le spetta nella compagine di governo: il sottosegretario Alan Rizzi, che è vicinissimo a Salvini pur non essendo mai uscito dagli azzurri. Gli uomini più vicini ad Alan Rizzi sono stati candidati nel Carroccio alle amministrative di Milano.
A proposito di comunali perse malissimo contro Beppe Sala, uno dei dati che arrivano dalle urne è che Forza Italia ha retto molto di più di quanto si pensasse. Invece di una debacle completa, con la sparizione dell’opzione forzista dal consiglio o quasi, FI ha retto il colpo all’interno del marasma generale. E adesso i moderati vanno all’assalto, invocando una linea più draghiana e riformista e meno nazional-popolare e sovranista. Insomma più Giorgetti e meno Salvini, anche in Regione Lombardia, dove tradizionalmente comunque il messaggio è sempre stato di attenzione al ceto medio e produttivo, con battaglie più sulla crescita che sulla sicurezza.
Tra politica e contenuti, tra numeri e accuse incrociate, ce ne è abbastanza per far venire il mal di testa. Anche perché nel frattempo si scaldano i motori per la corsa alla presidenza. Matteo Salvini, in una riunione con i suoi, ha detto che la scelta arriverà presto, e che sarà un uomo o una donna selezionati dalla Lega. C'è chi dice che potrebbe essere un Attilio Fontana bis, anche se l’opzione pare remota, almeno ad oggi. C’è chi la legge come un tentativo di sedare tutti gli animi, come fece Maroni lasciando intendere una ricandidatura ben sapendo che invece avrebbe annunciato di non voler correre per il rinnovo. Ma è ancora presto, sebbene non prestissimo. E questo vale anche e soprattutto a sinistra: mentre la destra ha almeno tre o quattro opzioni valide, i vincitori di Milano hanno da capire come fare a provare davvero, con un nome credibile e con contenuti che vadano oltre la solita solfa sulla sanità pubblica contro quella privata.