Gran Milano
Dateci più gas o non possiamo più vivere. L'allarme delle imprese
Il caro energia per l’economia lombarda è pericoloso quanto il Covid. E minaccia di durare a lungo. Serve il vaccino
L’allarme è molto concreto: il caro energia può far più male alle imprese lombarde della stessa pandemia, anche perché è destinato a durare a lungo. Per far fronte alla crescita esponenziale del costo dell’energia (luce e gas), il governo Draghi ha approvato un pacchetto di circa 3,8 miliardi nella legge di Bilancio (da dividere con le famiglie in difficoltà). Ma le previsioni (di Nomisma) non sono incoraggianti: con gli interventi annunciati l’aumento sarà comunque del 40 per cento per il gas e del 28 per l’energia elettrica. E se il rischio chiusura paventato per alcune aziende del bresciano forse è rientrato, resta il problema di fondo: mantenere i livelli di competitività. Particolarmente critico con l’esecutivo è Marco Bonometti, patron della Officine Meccaniche Rezzanesi e già presidente di Confindustria Lombardia, che spiega al Foglio: “Abbiamo fatto proposte concrete al governo per contenere i costi dell’energia, come quella di attingere alle riserve strategiche nazionali del gas, l’utilizzo delle riserve accantonate dall’Unione europea, ma anche aumentare la trivellazione, perché non è possibile che dall’altra parte dell’Adriatico c’è chi ne preleva il doppio del gas di noi. E poi possono essere utilizzati gli utili delle aziende energivore, per abbattere il differenziale nella bolletta”.
L’imprenditore bresciano chiede interventi concreti, perché fino ad ora “abbiamo visto solo chiacchiere e previsioni a lunga scadenza. Si parla tanto di alleggerire le bollette delle famiglie, giusto, ma nessuno ci spiega come fare a ridurre la bolletta energetica delle imprese. Dopo le vacanze natalizie ci sarà il rischio concreto che alcune aziende ricorrano alla cassa integrazione e la ripresa, tanto annunciata, può essere compromessa”.
Il settore dell’industria è il più penalizzato. Giorni fa a Torbole, in una fonderia a rischio chiusura, si sono dati convegno i vertici di alcuni tra i settori manifatturieri che stanno trainando il pil ma che sono allo stesso tempo anche i maggiori consumatori di energia. C’erano i rappresentanti di Anfia (filiera automobilistica), Assocarta, Confidustria ceramica, Assovetro e Assomet (metalli non ferrosi), oltre ad Assofond. Realtà che danno lavoro a 350 mila persone, il doppio con l’indotto, per 88 miliardi di valore aggiunto e 55 per cento di export. Tra le proposte suggerite al governo: “Maggiore utilizzo della risorsa gas nazionale”. Estrarre più gas ma obbligare i produttori e venderlo in Italia alle imprese che sono impegnate a sostituire il carbone per produrre energia. Idea giusta, ma di lungo periodo e destinata a scontrarsi con i profeti del declino verdeggiante.
Ma non solo l’industria è colpita. “La forza della filiera italiana del tessile-moda sta nella sua qualità e completezza, caratteristiche uniche nel panorama mondiale, alle quali si aggiungono flessibilità e capacità di innovazione. Ma questa frammentazione e la presenza di migliaia di Pmi – in particolare nella parte a monte della filiera, più manifatturiera e legata alle lavorazioni tessili – sono anche la fragilità del sistema, che il caro energia rischia di trasformare in autentica crisi, spiegava al Sole 24 Ore Sergio Tamborini, presidente di Sistema moda Italia. Anche il terziario è in sofferenza. Secondo Confcommercio la crisi dei mercati dell’elettricità e del gas e la corsa dell’inflazione che rischia di superare nella parte iniziale del prossimo anno il 4 per cento comporteranno una maggiore spesa di oltre 11 miliardi per le famiglie e aumenti di elettricità e gas intorno al 40 per cento per le imprese. Occorre una svolta sul versante dell’approvvigionamento e la Lombardia rischia di pagare il prezzo più alto. L’assessore allo Sviluppo economico della Regione, Guido Guidesi (che accarezza l’idea di rilanciare sia l’idrogeno verde che il nucleare di quarta generazione) è categorico: “I costi attuali dell’energia rischiano di trasformarsi a brevissimo in un problema sociale e occupazionale, non capisco come qualcuno non se ne sia reso conto; non serve il ‘faremo’ ma serve il ‘fare’ immediato”.