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La difficile sfida di Emmanuel Conte
Il Comune di Milano alla prova del bilancio di previsione 2022. Al nuovo assessore il compito di mediare con Roma per ottenere importanti risorse
Il neo assessore al Bilancio e al Patrimonio del Comune di Milano, Emmanuel Conte, è per origini, formazione e impegno politico un perfetto esempio di integrazione sud-nord. Classe 1979, è nato a Eboli da una famiglia con tradizioni socialiste – è figlio dell’ex ministro craxiano Carmelo Conte e suo fratello Federico è stato eletto deputato nel 2018 con Liberi e Uguali –, e come tanti dal sud è arrivato a Milano per studiare. Si è laureato alla Bocconi e subito dopo ha cominciato una carriera nel gruppo Intesa Sanpaolo.
Ma non è nuovo a Palazzo Marino perché nel 2016 è stato eletto consigliere comunale e per cinque anni è stato presidente della commissione Bilancio e ha familiarizzato con la complessa architettura dei conti comunali. Alle ultime elezioni è stato a capo della lista civica “Beppe Sala sindaco”; poi l’assessorato chiave quando Roberto Tasca ha deciso di lasciare. Sala ha puntato su di lui perché è giovane e competente, ripetono tutti, ma forse c’è un’altra ragione, meno tangibile e oggettiva, una “soft skill” che gli deriva non dalla formazione acquisita ma dall’ambiente in cui è cresciuto. Conte ha dimestichezza naturale con la politica, con i tempi e le liturgie di questo mondo, pur essendo un dirigente bancario.
Caratteristiche che potrebbero rivelarsi utili in una fase in cui l’assessore al Bilancio di una città come Milano ha davanti a sé tante sfide, e in cima a tutte c’è quella di far quadrare i conti: che in questi anni pandemici passa anche da un efficace confronto con il governo che sta funzionando da cassa di compensazione. Proprio in questi giorni, infatti, il banchiere-assessore, che pure avrebbe avuto qualche complicazione familiare con il Covid, è impegnato con il bilancio di previsione del 2022 la cui delibera dovrebbe arrivare in Giunta a fine gennaio e approvata entro il 31 marzo. Un impegno che lo sta portando spesso a Roma visto che anche quest’anno Milano, come tanti altri enti locali, avrà bisogno dell’aiuto dello stato. Nel 2020 e nel 2021 i ristori Covid che il governo ha concesso al comune meneghino sono stati pari, rispettivamente, a 412 milioni e a 280 milioni. A questi si aggiungono le integrazioni sui minori ricavi da trasporto pubblico locale: 66 milioni per 2020 e 181 mln per 2021. Si tratta di contributi extra rispetto agli ordinari trasferimenti regionali sul trasporto locale che sono fermi da anni a 260 milioni, nonostante il Comune chieda di aumentarli.
Ad oggi, non ci sono ragioni razionali per prevedere che le entrate del Comune tornino ai livelli pre-pandemici. I minori flussi derivanti dai trasporti (non solo da Atm ma anche dalla Sea), la necessità di erogare maggiori servizi sanitari e aiuti sociali alle fasce deboli, la richiesta di riduzione della Tari che potrebbe arrivare dai negozianti che vedono fatturati ancora in calo, rappresentano per il Comune una prospettiva concreta. Così per chiudere il bilancio previsionale 2022 mancherebbe all’appello una somma pari ad alcune centinaia di milioni che Conte dovrà cercare di ottenere trattando con gli uffici della vice ministra dell’Economia e delle Finanze, la pentastellata Laura Castelli, che ha le deleghe in materia. Compito che non si presenta facile, se si esamina il quadro complessivo.
Secondo la relazione della Corte dei Conti sulla gestione finanziaria degli enti locali, nel 2020 il decreto rilancio ha istituito un fondo con una dotazione di 3,5 miliardi per i ristori di comuni, regioni e provincie colpiti dall’emergenza Covid che successivamente è stato integrato con altri 1,7 miliardi. Ebbene, prendendo come riferimento i dati pubblicati dal Viminale a fine 2020, c’è stata una netta prevalenza di ristori ai comuni del nord (53 per cento) poiché hanno maggiormente risentito della crisi sanitaria. Alla sola Lombardia sono state assegnate risorse per 880 milioni, segue il Lazio con 413 milioni e il Veneto con 377.
Il quadro della situazione del 2021 è ancora incompleto, ma questi dati possono bastare per comprendere quanto la ripartizione delle risorse possa essere un rompicapo e soggetta a pressioni di forze politiche che potrebbero richiedere una maggiore attenzione al centro-sud. Su questo terreno Conte dovrà misurare le sue capacità di negoziatore sapendo bene che Milano ha chiesto anche 4 miliardi per progetti nell’ambito del Pnr, ma questa è un’altra storia.