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Gran Milano

Non c'è solo il Covid nella crisi di Trenord in Lombardia. La regione che fa?

Daniele Bonecchi

A causa di Omicron e dei ritardi strutturali dell'azienda, i pendolari scrivono al presidente Fontana chiedendo la testa dell'assessore ai trasporti lomabardo Claudia Maria terzi

Mentre Atm lamenta una perdita di passeggeri, difficile da recuperare nei prossimi cinque anni, ma sta tenendo botta all’assenza per quarantena di circa 600 dipendenti, anche se ha dovuto tagliare un po’ di servizi, su Trenord lo stesso tipo di problema emergenziale appare più visibile. L’azienda guidata da Marco Piuri è stretta in una tenaglia: da una parte Omicron, che ha causato una diminuzione del personale attivo (abile e arruolato) di oltre il 10 per cento, costringendo a ridurre le corse, e dall’altra gli utenti, extraurbani, sempre più insofferenti per le riduzioni di corse e orari (e ritardi collaterali) cui l’azienda è stata costretta.

 

Così dai pendolari è partita una lettera ultimativa al governatore Attilio Fontana (Trenord è controllata dalla regione), che chiede la testa dell’assessora ai Trasporti Claudia Maria Terzi. Un tentativo, anche, di regolare conti antichi. “Il Trasporto pubblico lombardo e in particolare quello su ferro, di cui la programmazione e funzionamento ricadono nella piena competenza e responsabilità dell’esecutivo regionale – si legge nella missiva dei pendolari – sta conoscendo uno dei suoi periodi più cupi, degradando continuativamente e in maniera ormai non più sostenibile. Anche se la presente pandemia costituisce un ulteriore motivo di peggioramento, non ne costituisce affatto la causa esclusiva e nemmeno la principale. Il Covid c’è per tutti ma nessuna altra azienda, ferro o gomma che sia, è nelle stesse disastrate condizioni di Trenord”. E via col cahier de doléances: “Anno dopo anno, le corse sono state ridotte, passando dalle 2.347 corse giornaliere del 2018 alle attuali (orario in vigore dal 10 gennaio 2022) meno di 1.800… A tale riduzione, vanno sommate le cancellazioni delle corse che, nei giorni scorsi, è arrivata a punte del 25 per cento”.

 

La risposta dell’assessore Terzi non scioglie tutti i dubbi: “Purtroppo le assenze di personale stanno rendendo difficile organizzare tutti i servizi del Tpl. Perché il problema non è solo di Trenord, ma è generalizzato”. Alla radice del problema non c’è ovviamente solo un problema politico (anche se i guai causati dalle lunghe dispute di governance del passato ancora pesano). C’è la ancora poca disponibilità di convogli (i nuovi arrivano, ma con lentezza), i limiti numerici del personale, una rete in ferro tuttora inadeguata. Trenord è partecipata da Fnm e Trenitalia, ha sulle spalle un peso notevole (è la rete regionale tra le più frequentate d’Europa) ma non riesce ad avere la stessa agilità gestionale di Atm, che fa capo al Comune ed è molto più autonoma.  Però i pendolari non sentono ragioni, anche perché il contrasto con la rete urbana è impietoso. Chi conosce le dinamiche del trasporto pubblico spiega: “Le assenze di personale causa Covid sono simili in casa Trenord come in Atm. Ma se salta una corsa della metropolitana si aspetta solo pochi minuti, mentre se Trenord cancella un treno i disagi si moltiplicano”. Inoltre, in una condizione normale il personale Trenord sarebbe appena sufficiente, con le assenze azienda è costretta a sopprimere tra il 12 e il 15 per cento delle corse, mentre mediamente le assenze “programmate” sono del 5 per cento.

 

“La proprietà sapeva benissimo di questo problema – spiega Luca Stanzione, segretario regionale della Filt Cgil – ma invece di intervenire facendo più assunzioni sono rimasti fermi. Abbiamo la necessità di aumentare le riserve di personale. D’altra parte se dobbiamo abituarci a convivere col virus bisognerà attrezzarci per garantire un servizio di trasporto pubblico efficiente. Il messaggio va rivolto a Regione Lombardia, per capire se ha una politica d’indirizzo o meno. In particolare il contratto di servizio con Trenord – che detta le linee anche del personale – lo firma proprio la regione”. La rimodulazione pandemica degli orari potrebbe proseguire ancora. Ma dopo l’emergenza incombe una messa a punto del sistema. 
 

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