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Gran Milano

Sindacati e altri baluardi della società che resiste a San Siro

Daniele Bonecchi

Il quartiere non se la passa bene. Fortunatamente ci sono numerose associazioni che svolgono un gran lavoro, ma bisogna favorire le attività sportive, musicali, culturali, e si deve contrastare l'abbandono scolastico

Nel quartiere del rapper Kappa_24K la geografia e le aspirazioni dei giovani (molti figli di immigrati, nati in Italia) si scontrano con la realtà. “Bisogna cercare di individuare i problemi più gravi” spiega Massimo Bonini, segretario della Cgil di Milano e tra i primi a organizzare nel quartiere la presenza del sindacato. “C’è la piaga delle occupazioni abusive, i giovani che abbandonano la scuola, non ci sono spazi di aggregazioni. Bisogna contrastare l’abbandono scolastico e poi aiutarli a trovare un lavoro decente: chi arriva da famiglie strutturate una possibilità la trova ma chi viene da situazioni di disagio perde la strada”. Già, il lavoro. Esem Cpt, l’ente bilaterale (sindacati edili e imprese) destinato alla formazione dei lavoratori – in via Newton, ai margini del quartiere di San Siro – ci sta provando. Ha promosso nei giorni scorsi una campagna per far incontrare domanda e offerta di lavoro nel settore dell’edilizia. Almeno 300 i contratti attivati nella zona, anche se convincere questi ragazzi che è meglio arrampicarsi sulle impalcature di un cantiere che drappare è impresa difficile. Katiuscia Calabretta, segretaria del sindacato degli edili (Fillea) ritiene che “le opportunità occupazionali, che già da qualche tempo interessano l’edilizia e che continueranno, sono una occasione anche in questo quartiere. Con le nostre strutture vorremmo offrire opportunità di lavoro ai giovani. La formazione va fatta ma in modo qualificato: siamo interessati a inserire i giovani in un percorso protetto, professionalizzante ma anche sicuro. L’iniziativa che abbiamo promosso qui a San Siro è l’inizio di un percorso. Un tempo, quando i migranti erano dal sud Italia per la ricostruzione, la bilateralità (tra sindacati e imprese) è stata protagonista dell’integrazione sul territorio di questi lavoratori. Ora dobbiamo riprovarci. Nei cantieri vediamo tantissimi migranti, giovanissimi, anche arrivati di recente, disorientati perché non sanno come muoversi nel mercato del lavoro, spesso c’è anche un problema di lingua. Credo che potremmo fare molto per integrarli e questo s’intreccia col degrado di quartieri come questo”.

 

In piazza Segesta, dove il quartiere popolare si allarga verso la sagoma imponente del Meazza, il vecchio circolo sociale degli anni 70 si è trasformato nella Camera del lavoro territoriale. Alessandro Credali, responsabile della struttura, spiega la quantità di servizi messi a disposizione del quartiere. “Come il Caf, le richieste dell’Isee, la preparazione del 730, il reddito di cittadinanza, il patronato che segue i rapporti con l’Inps dalla maternità alla pensione, l’assegno unico e le tutele sindacali. I ragazzi arabi di prima e seconda generazione vengono a chiederci aiuto. Hanno bisogno di un sostegno per cercare un lavoro, oppure hanno problemi sindacali. Spesso quelli che trovano un lavoro vengono trattati davvero male, sia dagli italiani che dai connazionali, in particolare nella ristorazione e nell’edilizia. Quando non ce la fanno più vengono da noi per essere tutelati. Da parte di alcuni c’è grande ingenuità: poca conoscenza delle regole contrattuali, assegni familiari incassati dai datori di lavoro ma non versati al dipendente, tanti piccoli e grandi soprusi”. Nel quartiere sono presenti numerose associazioni, che rappresentano gli inquilini delle case popolari e organizzano anche corsi di lingua italiana per gli immigrati. “Resta la piaga delle occupazioni abusive: 800 alloggi su 5.500 sono nelle mani del racket”, con l’appendice dolorosa dei gruppi criminali. “C’è un’altra piaga – denuncia il segretario della locale Camera del lavoro - un diffuso abbandono scolastico, fin dalle elementari, più grave tra gli immigrati e i rom. Si vedono in piazza Selinunte un sacco di ragazzi e bambini a tutte le ore. Poi l’Aler ha smantellato i custodi sociali e la presenza del terzo settore e molti anziani ne soffrono. Ora l’Aler si è decisa a concedere qualche spazio ma non basta”, conclude Credali.  

 

“Non abbiamo un canale particolarmente attivo coi giovani del quartiere”, spiega Gabriele Cartasegna, direttore del Capac, il Politecnico del commercio che segna il confine – in viale Murillo – tra San Siro e il resto della città. “Però bisognerebbe costruirlo. Noi facciamo tanti corsi anche su singole specializzazioni professionali, anche per lavori di nicchia. Alcuni corsi sono rivolti proprio al primo impiego o ai disoccupati, per consentire loro un accesso rapido al mondo del lavoro. Abbiamo in cantiere anche corsi, collegati all’Agis, per formare professionalità dello spettacolo. Abbiamo corsi che rispondono alle esigenze di chi ha perso il lavoro o è alle prime esperienze.”, spiega. Insiste Bonini: “Si discute tanto dello stadio ma impianti sportivi aperti ai giovani del quartiere zero. Bisogna favorire attività sportive, musicali, culturali per far crescere l’aggregazione. Bisogna crederci e investire, sfruttando l’opportunità dei fondi Pnrr”.

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