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Tutti quelli che fanno la corte a un Beppe Sala che (per ora) non si concede

Fabio Massa

Il sindaco di Milano pensa a un modo per creare qualcosa di nuovo in politica. E ha molti pretendenti 

Da Francesco Laforgia passando per il Movimento cinque stelle per terminare con Carlo Calenda e Matteo Renzi, i litigiosi gemelli, tutti uniti nel progetto dei Riformisti alle ultime elezioni amministrative. Più che il progetto di un partito, quello che attribuiscono a Beppe Sala è un minestrone, peraltro male assortito. I motivi sono politicamente evidenti: a partire dal primo e più chiaro esempio a disposizione, oltre l’incomunicabilità caratteriale e la rivalità politica di Carlo e Matteo, esplosa in modo grottesco a Roma, sulla nomina di Virginia Raggi alla commissione Expo: cioè che l’unica cosa che i Riformisti hanno sempre chiesto è che non ci fossero, in quella alleanza i pentastellati. Una “tensione” che, prima delle elezioni, ha portato a posizioni molto nette e dure. Alla fine avevano vinto Calenda e Renzi, e i cinque stelle non sono entrati  nella partita, scivolando a livello cittadino dal 10 per cento di cinque anni fa all’irrilevanza di oggi, senza neppure un posto in Consiglio comunale. Dunque, più che un progetto-partito attribuibile al sindaco, c’è un mondo che gli gira attorno, con qualche lusinga e qualche interesse.


Facciamo un passo indietro. Chi sono i pretendenti di Beppe Sala, sul modello dei corteggiatori di “Uomini e Donne”? Vediamoli. Primo fra tutti Francesco Laforgia, senatore, già bocconiano, poi segretario del Pd milanese fino al 2013, poi capogruppo di Articolo 1, poi rieletto con Liberi e Uguali, poi fondatore di èViva, un’associazione politica che aderisce alla formazione La Sinistra. Non male, a livello di cambi, per un politico che ha compiuto da poco i 42 anni. Ultimamente è stato visto dalle parti di Palazzo Marino e ad alcuni esponenti del Pd milanese ha parlato del progetto di partito di Beppe Sala, con l’aspirazione di “attirare” fuori dai Dem la parte più a sinistra e radicale sui diritti, anche se pare che non abbia riscosso grandi consensi. Vien da chiedersi se è un progetto politico, suo, oppure un modo per garantirsi il ritorno in Parlamento, ad oggi assai in dubbio. Anche senza stare a domandarsi se la vision di Beppe Sala, il sindaco manager, sia poi proprio così a sinistra, al di là delle opportunità.

Poi ci sono gli esponenti del Movimento cinque stelle. Tra le persone che da sempre dialogano con Sala ci sono sicuramente Dario Violi e Stefano Buffagni, anche se a nessuno dei due si può intestare l’idea di un partito unitario sotto l’egida del sindaco di Milano. L’idea, quell’idea, è più di Beppe Grillo e delle sue frequentazioni marittime, antica amicizia, con l’attuale sindaco. Politicamente potrebbe avere un senso, nella misura in cui Sala ha sempre ammirato il Movimento delle origini nella sua componente ambientalista, ed era stato probabilmente il primo – nel centrosinistra – ad aprire un canale di comunicazione già ai tempi del governo gialloverde. Ma rimane il punto: con il M5s che in Lombardia eleggerà, secondo i più pessimisti, un tre parlamentari, che utilità potrebbe avere un’alleanza con loro, nel presunto disegno “nazionale” di Sala? La politica si fa pure il pallottoliere, e non pare che Grillo abbia pallottole.

Infine, il terzo gruppo di corteggiatori: i Riformisti. Nati per volontà di Gianfranco Librandi, onorevole di Saronno, attualmente militante in Italia Viva ma da sempre punto di riferimento dei moderati milanesi anche nel campo di Azione, sono stati la formazione la cui genesi è stata più complessa, nell’ultima campagna delle amministrative. Smussare animi, limare gli ego, è stato un lavoro assai difficile, che però ha portato risultati elettorali soddisfacenti, con due eletti in consiglio comunale e un assessore. L’area ideologica è però assai più vasta: anche nella Lista Sala in molti si richiamano all’esperienza di +Europa, che a livello nazionale è federata con Azione. Il tema è che in nessuna maniera si possono far convivere i Riformisti con il Movimento 5 Stelle, e probabilmente neppure con le posizioni massimaliste di Laforgia e compagni. Esiste dunque un progetto unitario del sindaco di Milano? Probabilmente no, perché non esiste una base valoriale condivisa. Ma che il sindaco stia pensando a un modo per creare qualcosa di nuovo è assolutamente vero, e non è un tema che si può troppo posticipare: gli strateghi infatti vedrebbero molto bene un primo test nella prossima campagna delle regionali, con un sogno nel cassetto. Convincere proprio Beppe Sala a scendere in campo per sfidare il candidato o la candidata di centrodestra. Per farlo e per provare a contendere la Lombardia ci sarà però proprio bisogno di tutti: un grande minestrone, che in chiave elettorale può anche essere sopportato, ma che come progetto politico ha poche gambe per andare avanti.
 

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