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C'è un altro Sala con “l'ossessione” delle periferie. Ma è dura
Angelo Sala, leghista a capo di Aler, alle prese con le case popolari e il problema sicurezza. “Basta risse, lavoriamo”
C’è un altro Sala con l’ossessione per le periferie e le case popolari. E’ Angelo, presidente di Aler di Milano, leghista scelto a suo tempo da Maroni, vocazione pragmatica. Professionista, poi a lungo ai vertici di Federcasa e presidente di Aler Varese, Como, Monza, Sala è arrivato a Milano con lo spirito di chi vuole costruire ponti (e case) invece di distruggerli. Meglio detto: non gli piace il rodeo politico che da sempre alimenta una inutile (per i cittadini) rivalità tra Aler (le case della Regione) e MM (quelle del Comune di Milano). “Abbiamo gli stessi obiettivi: dare una risposta concreta al bisogno di case – spiega al Foglio – le contrapposizioni non aiutano”. A Beppe Sala che aveva parlato di “gestione fallimentare” di Aler, offre il calumet della pace. Del resto a Palazzo Marino MM ha dovuto spiegare che ogni anno perde 38 milioni causa morosità degli inquilini.
Più che una alleanza, quella dei due gestori delle case popolari sembra l’identico destino di un buco nero senza fine. No? “Il 43 per cento degli inquilini pagano 54 euro mensili, o meglio, dovrebbero pagarli”, ammette il presidente Aler. “Poi c’è la morosità incolpevole, che vale 35 milioni l’anno per Aler. Sono tutti mancati introiti che impediscono la manutenzione ordinaria degli immobili, che – in molti casi – diventano sempre più vecchi e fatiscenti. Facciamo la manutenzione straordinaria, finanziata dalla Regione, ma riguarda interventi di grandi dimensioni”. E’ così che le facciate si scrostano, gli ascensori rotti vengono riparati alle calende, le luci delle scale restano spente.
Poi c’è il buco nero del quartiere di San Siro, il simbolo del degrado a Milano: “Abbiamo a che fare con abusivismo, delinquenza, spaccio: su 5.500 alloggi 900 sono occupati abusivamente. Insomma ci chiedono di gestire gli alloggi, garantire la sicurezza degli inquilini, offrire un sistema di welfare”, si accalora Sala. Qualche giorno fa Aler ha dovuto fornire la scorta armata a un custode appena assunto perché, probabilmente, “disturbando” il lavoro degli spacciatori, è stato aggredito. “La sicurezza non è un problema che possiamo affrontare noi, da soli. Ora stiamo lavorando per offrire assistenza e nuovi servizi ai residenti, proprio a San Siro. Abbiamo coperto già 28 portinerie su 35 nel quartiere, con nuovi portinai. Poi abbiamo deciso di allestire nel cuore del quartiere, in piazza Selinunte, un centro servizi, con una struttura di ascolto contro la violenza domestica (con Telefono Donna), un ambulatorio in collaborazione con Ats Sacco e Fatebenefratelli. Sposteremo nella stessa area anche la nostra sede decentrata, con un manager di comunità a fare da coordinatore, per essere più vicini ai bisogni dei nostri inquilini. Nell’ex mercato comunale nascerà – su iniziativa dell’assessore Maran – una struttura dedicata ai giovani. Infatti abbiamo sottoscritto col Comune il “protocollo San Siro”: un primo tentativo di collaborazione tra istituzioni”.
Parlare di fusione tra Aler e MM non ha senso, spiega: “C’è piena sintonia di obiettivi anche nella gestione, occorre affrontare nello stesso modo le occupazioni abusive e la gestione degli inquilini devono ottenere le stesse risposte. Basta con la competizione tra enti”, conclude il presidente di Aler. Ma il futuro dell’edilizia popolare resta incerto: sarebbe necessaria una riforma, ma non è all’orizzonte. E allora non resta che puntare sulle ristrutturazioni col bonus 110 per cento, ma servirebbe una proroga fino al 2026: “Siamo in grado di mobilitare un miliardo di investimenti“ per le nostre case”, dicono all’Aler, chiedendo aiuto al governo. Mentre però la crisi energetica sta erodendo anche i vantaggi del bonus.