Gran Milano
Se Fontana si ricandida, i guai a cascata sono tutti a sinistra, con l'incognita Sala
Le regionali del 2023 si intravedono e il governatore è pronto per una nuova corsa, una scelta che placherebbe le tensioni nel centrodestra. I dem vorrebbero puntare sulle primarie e intanto aspettano il sindaco di Milano, che per ora non è convinto
Bisognerebbe rispolverare la distinzione tra speranza e aspettativa, quando si parla di candidature per partite importanti come quella delle regionali lombarde, che ormai sono quasi alle porte. Campagna elettorale appena dopo l’estate, voto nella primavera 2023. Di tempo ce ne è abbastanza per farsele venire a noia, ma è indubbia la loro assoluta rilevanza politica. Non è un segreto che per la prima volta dopo decenni la Lombardia possa essere contesa al centrodestra: ci è voluta una pandemia e le mille difficoltà della sua gestione da parte del governo regionale, ma anche così pare proprio che per il centrosinistra non ci sia nulla di scontato.
Ogni voto dovrà essere preso sul territorio, nelle valli, lontano dalle grandi città. E ogni voto avrà bisogno di un volto, quello di un candidato governatore credibile. E qui, sul volto e dunque sul nome, vengono fuori i dolori del Partito democratico. Dolori antichi, quelli della scelta, che si sommano alle tante incognite riguardanti il perimetro entro il quale tenere l’alleanza. È infatti noto a tutti che in una gara come quella che si profila per Palazzo Lombardia servirà ogni scampolo di consenso: dal Movimento cinque stelle passando per la sinistra radicale, i dem di ogni corrente e infine i centristi di Italia Viva e soprattutto di Azione. Ma è con Carlo Calenda che cominciano i problemi: vorrà stare in una grande coalizione che comprenda sinistra radicale e M5s? Chissà. C’è chi giura che abbia detto ai suoi di prepararsi anche a una corsa solitaria, ma potrebbe essere semplicemente un modo per alzare il livello del confronto con il Pd.
Poi c’è la questione della candidatura. E qui si arriva a una alternativa secca: il Pd scommette sulle primarie, e dunque crede che Beppe Sala non sia disponibile. Oppure si mette in ginocchio dal sindaco di Milano e rimanda la consultazione a dopo l’estate, in attesa che il Beppe possa essere convinto, in una qualche maniera.
Certo, una motivazione politica – e pure bella grossa! – è che se Matteo Salvini dovesse perdere la Lombardia vorrebbe dire che la sua esperienza di leadership del Carroccio è arrivata al capolinea. Insomma: chi sconfigge la Lega in casa sua di fatto segna una vittoria politica storica, superiore forse a quella che fece registrare Giuliano Pisapia al Comune di Milano. Una vittoria che aprirebbe una nuova stagione. Questo è quello che – da più parti – soffiano nell’orecchio di Beppe Sala. Mormorandogli peraltro che le controindicazioni sono assolutamente trascurabili: in caso di sconfitta potrebbe esserci solo una problematica di orgoglio, ma rimarrebbe sindaco della città capoluogo del nord, visibilissimo sulla scena politica nazionale. Per converso a Beppe Sala non piace giocare per perdere.
Certo, il Pd può anche giocare a rischiatutto, arrivando a settembre per aspettare Beppe Sala. Il quale però – nella differenza sostanziale tra aspettativa e speranza, come si diceva all’inizio – potrebbe anche dire di no all’ultimo, lasciando il cerino nelle mani del segretario del Pd (mestiere ingrato) Vinicio Peluffo, che si troverebbe con primarie tra la sindaca di Crema Stefania Bonaldi, il sindaco di Brescia Emilio Del Bono, forse Carlo Cottarelli e sicuramente Fabio Pizzul. Primarie tardive, seguite da una gara potrebbe divenire impossibile.
C’è poi la questione centrodestra. Beppe Sala osserva con attenzione, dal suo balcone affacciato su Piazza Scala e rivolto verso il Pirelli, quel che avviene nel campo avverso. Le ultime da Varese raccontano di un Attilio Fontana in grande forma, che sarebbe pronto a ricandidarsi. Questo placherebbe ogni tipo di intemperanza tra Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega, e tutti gli appetiti. Andrebbe sistemata però la questione Letizia Moratti, alla quale Matteo Salvini aveva fatto intendere che sarebbe stata lei a correre e che, forte del successo della campagna vaccinale e di una riforma della Sanità varata, ha dato più di un segnale di volerci essere. Se davvero ci fosse Fontana, senza dubbio più forte di quanto sostengano le dicerie dei giornali, Sala avrebbe voglia di correre? E che cosa dicono i sondaggi? Per adesso ne girano pochi, e quelli che hanno un po’ di attendibilità stanno ben chiusi in cassaforte da chi li ha commissionati. Pare – stando a rumors – che ce ne sia uno che dà in leggero vantaggio il centrodestra, con un allungo stimabile in 5-6 punti. Niente di incolmabile, ma è pur sempre un sondaggio di una delle parti, da prendere con le pinze.
Fabio Massa