Gran Milano

Smart city, il catalogo (vero) è questo e cambierà Milano in un decennio

Daniele Bonecchi

Assolombarda testa l’impatto dell’intelligenza artificiale su urbanistica, mobilità e big data. Auto sì, autisti no

Gettare l’algoritmo oltre l’ostacolo. Il futuro della città (tutte: Milano è solo, come sempre, l’apripista), schivate tutte le crisi, parla la lingua degli algoritmi e dell’ambiente, ben oltre i luoghi comuni. “L’Osservatorio di Assolombarda confronta, su tutta una serie di temi, cinque metropoli paragonabili a Milano e sono: Stoccarda, Monaco di Baviera, Lione e Barcellona”, spiega al Foglio Gioia Ghezzi, vicepresidente di Assolombarda, presidente di Atm, già ai vertici di Fs. “Abbiamo anche fatto partire Milano Smart City Alliance, con molte imprese che operano a Milano e che cercano di progettare la trasformazione della metropoli in smart city.
 

Anche perché una smart city non nasce da sola, ma va pianificata. Non c’è un modello unico, ognuno deve adattarsi al proprio contesto. Faremo proposte concrete”, prosegue Ghezzi. “Domani, ospitati da Ibm, col Comune di Milano, presenteremo il progetto ‘città a 15 minuti’, che in futuro verrà esteso. Abbiamo molti uffici vuoti, in seguito alla pandemia e allo smart working. Chi, tra i lavoratori, ha un appartamento piccolo, magari con dei bambini o qualche anziano in casa, preferisce non lavorare da casa (anche per i costi di energia elettrica), però apprezza il fatto di essere vicini a casa. Così abbiamo preso degli edifici di Enel e di Tim – che sono parte del progetto – e sono stati proposti ai dipendenti dell’amministrazione comunale che abitano nella zona. A Lambrate c’è un primo esperimento”. Idea interessante quella della città a 15 minuti, che si deve misurare con una realtà metropolitana che “scarica” su Cadorna, da tutta la regione, 7-800 mila tra lavoratori e studenti ogni giorno, per limitarci al servizio di Trenord.
Poi c’è la riqualificazione urbana “smart”. “Ci sono due grandi temi da valutare. A Porta Volta, come in tutti i nuovi edifici è stato più facile, perché si è potuto scegliere un’architettura resiliente. Poi c’è la rigenerazione degli edifici più vecchi, con più di 50 anni, con attenzione particolare ai sistemi di riscaldamento. Ci vogliono policy chiare”. Anche sull’enorme flusso di dati a disposizione delle istituzioni servirà una governance. Per fare una sintesi degli obiettivi: mobilità, riscaldamento e raccolta dei dati rappresentano il 70 per cento del lavoro da fare verso la città smart, spiega la presidente di Atm, che puntualizza: “C’è la parte mobilità, dove Atm fa davvero molto. Atm, è opportuno ricordarlo, utilizza solo energia elettrica, compresi gli autobus di nuova generazione. Ci vuole però (come dice l’assessore Censi) una caduta verticale nell’uso delle auto. Un cambiamento culturale”, conclude.
 

Chi sta lavorando assiduamente per cambiare il sistema mobilità è il Politecnico con Sergio Savaresi, che coordina il progetto PoliMove: “La guida autonoma cambierà radicalmente il modello di mobilità. Oggi abbiamo una quantità enorme di auto private che non vengono utilizzate, con un grande spreco di risorse. Con la guida autonoma di livello 4 o 5 (i più evoluti, fissati dalla Society of Automotive Engineers), progressivamente la mobilità si evolverà al punto che nessuno di noi avrà più bisogno di un’auto privata ma passerà ai veicoli a guida autonoma senza aver più bisogno di parcheggi e assicurazioni. Cambierà il modello di mobilità, molto meno affollato e molto più sicuro. La sicurezza crescerà arrivando a zero rischio, senza più incidenti”. “In questo decennio – prevede Savaresi – raggiungeremo il 20-25 per cento delle auto a trazione elettrica; la seconda ondata, nel decennio successivo, sarà quella dell’auto autonoma e di un utilizzo del tutto diverso. Oggi, dal punto di vista tecnologico, siamo ai limiti del livello 3, con una sorta di auto pilota: io posso stare a bordo, leggere il giornale, ma intervenire quando l’auto è in difficoltà prendendo il volante. I veicoli a livello 5 hanno un’autonomia pressoché totale: come stare seduti in un taxi ma non c’è nessuno al volante. Ci vorranno ancora 10, massimo 20 anni”. I ricercatori e gli studenti del Poli che lavorano al progetto, sono tra i più competenti al mondo, “ma quando si tratta di ottenere risorse finanziarie importanti scappano tutti. Nel Pnrr c’è qualcosa ma si tratta di piccoli interventi, poca cosa rispetto a ciò che servirebbe per alimentare l’industria dei veicoli a guida autonoma”, chiarisce il responsabile del progetto. Se la trazione elettrica ha portato una rivoluzione nel mondo delle auto, la guida autonoma potrebbe cambiare il paradigma industriale, a tutto vantaggio dei colossi digitali, perché al 95 per cento la tecnologia è loro. “Questi veicoli potranno trasportare sia i passeggeri che le merci. Abbiamo fatto un bel progetto per l’ultimo miglio, cioè la consegna dei pacchi in città”, spiega ancora Savaresi: “In prospettiva le persone si muoveranno di meno e le merci di più”. Dunque la Milano del 2035 sarà più smart, con una mobilità pulita. Ma c’è da giurare che nei box si nasconderanno numerosi i crossover. Per garantire agli irriducibili, di tanto in tanto, un colpo d’ala col volante in mano.

Di più su questi argomenti: