(Foto di Ansa) 

Gran Milano

Sostenibilità, ricerca e sperimentazione: al Salone del mobile oltre alla festa c'è di più

Daniele Bonecchi

Valentina Rognoli insegna Design for sustainability and circular materials for design al Politecnico e ci spiega come la transizione ecologica e l'economia circolare stiano trasformando il mondo del design e dell'abitare

Come manna dal cielo (per bar alberghi e ristoranti) sono piovuti sulla città i 700 e più eventi che accompagnano la sessantesima edizione del Salone del Mobile di Milano. Un tempo la costellazione guida era il Fuorisalone, con la creatività dei designer proposta “ad altezza pubblico”, che si accendeva nelle fabbriche dismesse di Lambrate e via Tortona, con appendici a Brera e poco più. Ora il design allo spritz ha invaso la grande Milano, non sempre la qualità ha seguito ma dopo due anni di pandemia rappresenta una iniezione di Pil invidiabile. Non a caso Beppe Sala ha cavalcato la tigre, battezzando il Salone (con altre 12 madrine a tagliare il nastro) e la Milano Design Week. Ma dietro i grandi numeri, la Milano del design da bere inizia a mostrare un po’ la corda, sotto il profilo dell’innovazione (il forfait di Lambrate, di cui Gran Milano ha parlato la settimana scorsa, è un segnale). Ma dietro questo aspetto legato alla comunicazione del design, c’è fortunatamente molto di più, e sono i segnali di una trasformazione profonda: per sostenere la creatività –  che come sanno gli imprenditori non si regge da sola – ci sono ricerca, intelligenza, sperimentazione.


La transizione ecologica e l’economia circolare, innanzitutto: stanno trasformando anche il mondo del design (e dell’abitare). Valentina Rognoli insegna Design for sustainability and circular materials for design al campus della Bovisa del Politecnico, spiega al Foglio. “Il design si occupa da sempre di materiali, e negli ultimi 15-20 anni proprio i nuovi materiali hanno avuto un ruolo determinante”. Non esisterebbe creazione senza ricerca. Il Dipartimento di design del Politecnico di Milano (nato nel 2002) ha dato forma istituzionale a un lungo percorso di sviluppo che ha visto tra i propri allievi e professori figure fondamentali nella costruzione della cultura del progetto, tra cui Andrea Branzi, Achille Castiglioni, Enzo Mari, Vico Magistretti, Ettore Sottsass. Sin dalla sua costituzione, il Dipartimento ha rafforzato le capacità di ricerca e innovazione nei settori tradizionalmente legati al Made in Italy. Si è innestata in questa vocazione la ricerca di materiali nuovi. “Negli ultimi 3-4 anni abbiamo concentrato la nostra attenzione sui materiali per la transizione ecologica”, aggiunge la dottoressa Rognoli.

 

“Materiali da impiegare poi nella produzione. Sono tre le categorie: i materiali derivanti da biomassa, di origine naturale; poi quelli che vengono dai rifiuti, importanti a fronte della progressiva carenza di materie prime; e poi ci sono i biofabbricati, materiali che derivano da organismi viventi, come le alghe, i funghi, i batteri (a cavallo della microbiologia). E naturalmente sono necessarie policy adeguate per la loro trasformazione”. Perché la burocrazia delle procedure è sempre in agguato. “L’economia circolare ha acceso una luce sui materiali, nell’intero ciclo di vita dei prodotti. Nel nostro gruppo di ricerca sviluppiamo materiali che derivano da queste tre realtà, con una forte attenzione ai biofabbricati – una nostra dottoranda in questo momento è a Boston per sviluppare una ricerca ad hoc – e anche l’industria è molto interessata”, precisa Valentina Rognoli. 


Un esempio è la Caimi Brevetti (presente al Salone), da sempre sensibile nei confronti delle tematiche ambientali e dell’ecosostenibilità, che utilizza – dove sia tecnicamente possibile – materiali riciclabili o riutilizzabili. La produzione è composta in prevalenza da oggetti monomaterici, facilmente riciclabili; mentre gli oggetti composti da più materiali sono in larga parte pensati per essere disassemblabili, consentendo di riciclare separatamente i singoli componenti. Il 90 per cento della merce prodotta dall’azienda viene lavorata nel raggio di 30 km dalla sede centrale, dove è situato il centro logistico: questo permette di ridurre sensibilmente la strada percorsa dai mezzi di trasporto, riducendo anche il consumo di carburanti. “Il mondo dell’industria ha molto interesse a utilizzare questi materiali e anche molta fretta. Sono cauti negli investimenti ma con l’arrivo dei fondi del Pnrr all’università (spendibili in simbiosi con l’industria) la situazione si è semplificata”, conclude la docente del Poli. E sebbene l’anima del design raccontata in Fiera (al Salone del Mobile) resti ancora il legno, gli imprenditori si stanno arrendendo ad un materiale plurale, nuovo, che ha un nome suggestivo: sostenibilità.

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